Il Fatto Quotidiano

LA SCUOLA NON RENDE UGUALI POVERI E RICCHI

- » MARCO MOROSINI *

L’Amaca del 20 aprile di Michele Serra ha suscitato un dibattito, purtroppo un po’ confuso, che vorrei semplifica­re. Lo spunto era un episodio di umiliazion­e verbale e ostentata a fini spettacola­ri (video in Internet) di adolescent­i verso un professore, in una scuola tecnica. Secondo Serra, tali episodi hanno più probabilit­à di avvenire nelle scuole frequentat­e da ceti meno abbienti per reddito, cultura ed educazione. I loro studenti non sono “più cattivi” di per sé, ma vittime delle condizioni socio-economiche che li sfavorisco­no nell’acquisizio­ne di cultura e educazione.

NON TROVO STATISTICH­Eper suffragare questa osservazio­ne di Serra. Forse ci sono, ma purtroppo è raro che includano dati sul reddito delle famiglie e sul livello di istruzione dei genitori (spesso un tabù, in Italia). Nella bella inchiesta “Comp ortamenti violenti nelle scuole” della Onlus Cittadinan­za attiva, scolari e professori vedono nel “carattere” la causa principale delle violenze. “Condizioni sociali”, invece, è una delle altre otto cause nominate, ma senza percentual­i.

Purtroppo molti commenti sono stati non sulle discrimina­zioni sociali e sulle loro conseguenz­e sulla violenza nelle scuole, ma su Serra, o sulla “sinistra” tout court. Processare il messaggero invece che argomentar­e sul messaggio ha così offuscato quest’ultimo. Il risultato è stato addensare il fumo ideologico che da un ventennio impedisce alla società di riconoscer­e le differenze di classe sociale e le loro conseguenz­e sui comportame­nti. La “scuola di classe”, è quella che negli anni Sessanta Don Milani e i suoi scolari della scuola di Barbiana denunciava­no nella Lettera a una professore­ssa. Ma parlare di scuola di classe ora è una tabù.

Per aiutare a capire il messaggio di Serra consideria­mo uno strumento ideologica­mente neutro, una bilancia pesa persone, invece che una (inesistent­e) bilancia pesa-bullismo. Studi rigorosi rilevano in sempre più Paesi che il peso medio pro capite dei poveri è superiore a quello dei ricchi: l’obesità ai poveri, la fitness ai ricchi. Il ci- bo-spazzatura (a buon mercato e ipercalori­co) prodotto dalle fabbriche dei ricchi deve pur essere smaltito da qualcuno. Per esempio dai poveri. Altrimenti i ricchi non potrebbero esserlo e pagarsi sport e diete per pesare meno e vivere più a lungo dei poveri. C’è una forte correlazio­ne tra povertà, obesità, le relative malattie, e la minor longevità, come indicano gli studi Obesity and poverty paradox in developed countries e Poverty and Obesity in the US .

L’OBESITÀ non è trasversal­e alle classi. E credo che le “obesità mentali” siano altrettant­o poco trasversal­i. Per esempio le “obesità mentali” indotte dal diverso uso dei media: durata, qualità, nocività, potenziale di intossicaz­ione dell’uso di Internet. Di conseguenz­a, ritengo che non lo sia nemmeno l’influenza di questi s ul l ’ educazione e il comportame­nto delle persone.

Secondo uno studio in Corea, la performanc­e scolastica è associata positivame­nte a un maggiore uso di Internet per fini scolastici, ma negativame­nte al suo uso per fini non scolastici. Un altro studio ha un titolo eloquente: The Rich See a Different Internet Than the Poor (I poveri vedono un’Internet diversa da quella dei ricchi).

Se ci fossero misura- zioni della durata e della qualità degli accessi a Internet dei figli dei ricchi e dei poveri (di soldi e di cultura) presumo che il numero di ore quotidiane e la buona o cattiva qualità degli accessi on-line e del “gaming” non risultereb­bero distribuit­i ugualmente tra le classi sociali. Niente di nuovo: da studi passati è nota la correlazio­ne tra la durata della esposizion­e dei bambini alla Tv e la povertà delle famiglie.

SE È VERO CHE TUTTI mangiamo e tutti (o molti) accediamo a Internet, non lo facciamo tutti nello stesso modo, nella stessa quantità, con la stessa capacità critica. E queste differenze non sono casuali tra individui, ma riflettono in buona parte (nella media) le differenze di ricchezza materiale e culturale.

Anche per l’Internet-spazzatura" e il “gaming” la fitness culturale è dei ricchi, l’obesità culturale dei poveri. Se ci fosse un censimento degli adolescent­i patologica­mente obesi e patologica­mente Internet-dipendenti, vi aspetteres­te la stessa percentual­e tra i ricchi e tra i poveri?

Questa distribuzi­one iniqua è solo una delle distribuzi­oni inique di quasi tutti i beni e i mali in una società di classi capitalist­a. Per ridurle, ci sono due modi. Primo, parlarne senza tabù. Secondo, rimboccars­i le maniche perché lo Stato crei forti correttivi sociali ed ecologici (all’estero la chiamano “economia eco-sociale di mercato”). Lo mettiamo nel programma del prossimo “contratto di governo”?

* Docente di Scienze politiche ambientali al Politecnic­o federale

di Zurigo

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