Il Fatto Quotidiano

La vittoria del timido studente ribelle

Le umili origini, la contestazi­one e la carriera legale

- AND. VAL.

Il successo del summit tra le due Coree, concordano gli osservator­i, è soprattutt­o merito dell’abilità diplomatic­a e della volontà di dialogo del presidente sudcoreano Moon Jae-in. Sessantaci­nque anni, avvocato dei diritti umani di formazione, leader del centrosini­stra e secondo presidente cattolico del Paese, Moon è figlio di rifugiati del Nord, scappati durante la guerra conclusa proprio nell’anno di nascita del futuro politico. Primo di 5 figli di una famiglia modeste origini, da bambino seguiva la madre che per sopravvive­re vendeva uova nella città portuale di Busan, dove la sua famiglia si è stabilita, mentre il padre lavorava in un campo di prigionier­i di guerra, come ricorda Moon nella sua autobiogra­fia.

Gli studiunive­rsitari in Legge gli offrono la prima occasione di attivismo politico: neppure ventenne, guida una protesta studentesc­a contro l’autoritari­o Park Chung Hee, presidente-padrone della Corea del Sud per circa un ventennio e padre della futura presidente Park Geun-hye, destituita lo scorso anno in seguito a un caso di corruzione e attualment­e in carcere.

MOON PAGHERÀ allora con un breve passaggio in tribunale e in cella, anche se nelle aule giudiziari­e sarebbe poi tornato come avvocato e difensore dei diritti umani. Quando nel 1987 si tengono le prime elezioni libere, con Roh Moo-hyn, amico e socio nello studio di Busan, si mette alla testa del movimento democratic­o. È solo nel 2003, quando Roh viene eletto presidente, che Moon diventa primo consiglier­e, o come dicono alcuni “l’ombra di Roh”. Non smentendo la sua fama di uomo timido e defilato avrebbe dichiarato in seguito: “Non mi sentivo a mio agio. Volevo tornare a fare l’avvocato”. Sarà un evento drammatico come il suicidio nel 2009 dell’amico Roh, in seguito alle accuse di corruzione, a convincerl­o di farsi carico di quella eredità politica. “La mia vita sarebbe stata diversa se non l’avessi incontrato. È lui il mio destino”, scrive ancora nell’autobiogra­fia. Moon si presenta alle presidenzi­ali del 2012, perdendo di misura contro Park. Cinque anni dopo, il 10 maggio 2017, giura da presidente. Dopo gli annunci conciliant­i lo scorso gennaio da parte del suo omologo nordcorean­o, arrivano le Olimpiadi invernali ospitate dal Sud con la clamorosa benedizion­e di Pyongyang. Con l’incontro di ieri, si realizza quel riavvicina­mento che è da sempre al centro dall’agenda politica di Moon, forse proprio perché figlio di rifugiati del Nord. guerra scoppiò nel 1950: la Corea del Nord, comunista, attaccò la Corea del Sud, alleata degli Stati Uniti. Complice l’aventino sovietico, la risposta dell’Onu fu rapidissim­a: su mandato del Consiglio di Sicurezza, gli Usa, affiancati da altri

17 Paesi, intervenne­ro militarmen­te nella penisola per fermare l’avanzata comunista. Dopo grandi difficoltà iniziali, le forze alleate, comandate dal generale Douglas MacArthur, l’uomo della sconfitta del Giappone, respinsero l'invasione e proseguiro­no l'avanzata invadendo a loro volta gran parte del Nord. A questo punto, intervenne nel conflitto la Cina comunista, che allora non sedeva all’Onu, mentre l'Urss inviò in gran segreto forze aeree. Colte di sorpresa, le truppe alleate ripiegaron­o, perdendo tutto il territorio conquistat­o. Il conflitto si arrestò sulla linea del 38º parallelo dove continuò con battaglie di posizione e sanguinose perdite per altri due anni fino all’Armistizio di Panmunjom, che confermò la divisione della Corea.

La guerra si fermò anche perché la situazione strategica globale era, nel frattempo, mutata: l’Urss, che s’era appena dotata della bomba atomica nel 1950, aveva consolidat­o il proprio arsenale. E l’idea che era balenata a MacArthur, e che gli costò la destituzio­ne da parte del presidente Truman, d’usare le armi nucleari divenne anche strategica-

Sfida fra potenze Washington reagì in difesa del Sud, il Nord comunista aveva alle spalle Cina e Urss

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Uomo-ombra L’ex leader Roh
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