Dalla Prima
Nel 1996 però le vinse l’Ulivo e un gruppo di intellettuali (Cimiotta, Galante Garrone, Sylos Labini, Camilleri, Flores d’Arcais, Fo, Rame, Hack, Spinelli) si appellarono al centrosinistra perché facesse rispettare la legge all’unico che l’aveva violata in 40 anni. Ma non ci fu verso. Anche il centrosinistra preferì calpestarla con quel ridicolo escamotage e inciuciare, in cambio di generose ospitate sulle reti Mediaset e di lauti favori editoriali dalla Mondadori (scippate nel ’90 da B. a De Benedetti con la famosa sentenza comprata) e chissà cos’altro. Pazienza se insigni giuristi come il presidente emerito della Consulta Ettore Gallo spiegava: “Ciò che conta è la concreta effettiva presenza dell’interesse privato e personale nei rapporti con lo Stato”, non gli incarichi ricoperti o meno in un gruppo televisivo.
E tutto questo, intendiamoci, non c’entrava ancora nulla con il conflitto d’interessi, che è molto più vasto dell’ineleggibilità per i concessionari dello Stato: una legge seria sul conflitto d’interessi dovrebbe impedire l’elezione del titolare di qualunque attività privata in contrasto con il bene comune, onde evitare che l’eletto si ritrovi mai dinanzi all’imbarazzante scelta fra i suoi interessi e quelli della collettività. Proprio quel che è accaduto per 25 anni: prima con il governo B. che varava il decreto salva-Rete 4 e la legge Gasparri per neutralizzare due sentenze della Consulta che correggevano con un limite antitrust la vergogna della legge Mammì (Mediaset doveva scendere da tre reti a due in chiaro e la terza spedirla sul satellite). E, per prenderci pure in giro, ogni tanto usciva dal Consiglio dei ministri mentre i suoi complici, dentro, eseguivano i suoi ordini. Del resto, per la legge-burla sul conflitto d’interessi, firmata nel 2002 da quello zuzzurellone di Franco Frattini, era tutto regolare: il “mero proprietario” non è mai in conflitto d’interessi. Il mero usciere, invece, eccome. Nel 2015 Renzi&Boschi promisero solennemente di modificare la Frattini per punire severamente i conflitti d’interessi. Poi preferirono evitare, altrimenti la Boschi ci sarebbe cascata dentro con tutti e due i piedi, con le sue processioni tra Bankitalia, Unicredit e Consob per raccomandare l’Etruria vicepresieduta dal babbino suo. Intanto il Giglio Magico beneficiava dei conflitti d’interessi propri e altrui. Sempre omaggiato dalle reti Mediaset, che appoggiavano il Sì al referendum costituzionale anche quando il padrone B. si era convertito al No. Averne, di Renzi, a Palazzo Chigi, specie con i barbari alle porte. Ora che i barbari hanno vinto e hanno rotto le uova nel paniere renzusconiano, iniziano addirittura le epurazioni dei volti più noti del Biscione, sol perché sospettati di aver tirato la volata ai “populisti”: via Belpietro, Del Debbio e Giordano. Resiste Sallusti, che per salvare il posto deve fare ogni giorno lo slalom con la lingua per seguire le piroette e i tripli salti mortali carpiati del padrone: una vita d’inferno. Se anche il governo M5S-Pd durasse un solo giorno per fare la legge sul conflitto d’interessi, sarebbe già meglio di quelli dell’ultimo ventennio.