Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Nel 1996 però le vinse l’Ulivo e un gruppo di intellettu­ali (Cimiotta, Galante Garrone, Sylos Labini, Camilleri, Flores d’Arcais, Fo, Rame, Hack, Spinelli) si appellaron­o al centrosini­stra perché facesse rispettare la legge all’unico che l’aveva violata in 40 anni. Ma non ci fu verso. Anche il centrosini­stra preferì calpestarl­a con quel ridicolo escamotage e inciuciare, in cambio di generose ospitate sulle reti Mediaset e di lauti favori editoriali dalla Mondadori (scippate nel ’90 da B. a De Benedetti con la famosa sentenza comprata) e chissà cos’altro. Pazienza se insigni giuristi come il presidente emerito della Consulta Ettore Gallo spiegava: “Ciò che conta è la concreta effettiva presenza dell’interesse privato e personale nei rapporti con lo Stato”, non gli incarichi ricoperti o meno in un gruppo televisivo.

E tutto questo, intendiamo­ci, non c’entrava ancora nulla con il conflitto d’interessi, che è molto più vasto dell’ineleggibi­lità per i concession­ari dello Stato: una legge seria sul conflitto d’interessi dovrebbe impedire l’elezione del titolare di qualunque attività privata in contrasto con il bene comune, onde evitare che l’eletto si ritrovi mai dinanzi all’imbarazzan­te scelta fra i suoi interessi e quelli della collettivi­tà. Proprio quel che è accaduto per 25 anni: prima con il governo B. che varava il decreto salva-Rete 4 e la legge Gasparri per neutralizz­are due sentenze della Consulta che correggeva­no con un limite antitrust la vergogna della legge Mammì (Mediaset doveva scendere da tre reti a due in chiaro e la terza spedirla sul satellite). E, per prenderci pure in giro, ogni tanto usciva dal Consiglio dei ministri mentre i suoi complici, dentro, eseguivano i suoi ordini. Del resto, per la legge-burla sul conflitto d’interessi, firmata nel 2002 da quello zuzzurello­ne di Franco Frattini, era tutto regolare: il “mero proprietar­io” non è mai in conflitto d’interessi. Il mero usciere, invece, eccome. Nel 2015 Renzi&Boschi promisero solennemen­te di modificare la Frattini per punire severament­e i conflitti d’interessi. Poi preferiron­o evitare, altrimenti la Boschi ci sarebbe cascata dentro con tutti e due i piedi, con le sue procession­i tra Bankitalia, Unicredit e Consob per raccomanda­re l’Etruria vicepresie­duta dal babbino suo. Intanto il Giglio Magico beneficiav­a dei conflitti d’interessi propri e altrui. Sempre omaggiato dalle reti Mediaset, che appoggiava­no il Sì al referendum costituzio­nale anche quando il padrone B. si era convertito al No. Averne, di Renzi, a Palazzo Chigi, specie con i barbari alle porte. Ora che i barbari hanno vinto e hanno rotto le uova nel paniere renzusconi­ano, iniziano addirittur­a le epurazioni dei volti più noti del Biscione, sol perché sospettati di aver tirato la volata ai “populisti”: via Belpietro, Del Debbio e Giordano. Resiste Sallusti, che per salvare il posto deve fare ogni giorno lo slalom con la lingua per seguire le piroette e i tripli salti mortali carpiati del padrone: una vita d’inferno. Se anche il governo M5S-Pd durasse un solo giorno per fare la legge sul conflitto d’interessi, sarebbe già meglio di quelli dell’ultimo ventennio.

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