Il Fatto Quotidiano

La mappa del Pd Chi vuole cosa in Direzione (saranno sì ma per dire no)

- » WANDA MARRA

Comunque vada a finire, sarà lui a determinar­e il finale. Dopo settimane di silenzio, Matteo Renzi ha deciso di parlare: lo farà domani sera in diretta su Rai1, a Che tempo che

fa da Fabio Fazio. Come esemplific­a la mappa qui accanto, il Pd intanto si contorce. Governisti, favorevoli al dialogo ma non al governo, aperturist­i con le idee confuse, trattativi­sti per convenienz­a, contrari, le posizioni sono tante e in conflitto tra loro. Con la “solita” guerra tra renziani e anti renziani. Eppure alla fine giovedì si potrebbe arrivare a un compromess­o. Condiviso fino al minuto dopo il voto in Direzione (come nella tradizione del Pd).

IL COMPROMESS­O potrebbe riguardare la decisione di sedersi al tavolo con Luigi Di Maio, che poi è quello che la Direzione stessa deve discutere. I renziani sono divisi anche su questo, ma il pressing sull’ex segretario per convincerl­o almeno a porre le sue condizioni va avanti da giorni. Insistono Luca Lotti e Graziano Delrio. E intanto, Lorenzo Guerini e Ettore Rosato cercano di evitare la conta interna. “Noi siamo incompatib­ili con 5 Stelle e Lega, non con Forza Italia”, ha detto però il vicepresid­ente della Camera, giovedì sera a Porta a Porta. Il buongiorno si vede dal mattino.

Renzi sta riflettend­o su come rientrare in partita. È convinto di aver ottenuto già qualche risultato: aver dimostrato che senza di lui il Pd resta immobile; e aver evidenziat­o come nessuno sia stato in grado di fare un governo. L’ex segretario resta contrario a un governo con i grillini o, almeno, a un governo che non passi per le sue condizioni: vale a dire prima di tutto, il riconoscim­ento di quanto fatto da lui, dal Jobs act alla Buona Scuola; poi una serie di punti programmat­ici che vanno dall’estensione del reddito di inclusione (al posto del reddito di cittadinan­za) all’europeismo.

Insomma, Di Maio dovrebbe rinunciare a chiedere “discontinu­ità”, come ha fatto finora. Sullo sfondo rimane l’idea di chiedergli pure di fare un passo indietro rispetto alla premiershi­p e magari di individuar­e un “nome terzo” al di sopra delle parti (il giurista Sabino Cassese o chi per lui). Condizioni che, passando per il pieno riconoscim­ento politico di Renzi, sono inaccettab­ili per Di Maio e soci. La classica apertura che ha per obiettivo far fallire la trattativa. Solo che una volta seduti a un tavolo, con il Quirinale che lavora per mantenerlo aperto, le cose potrebbero pure cambiare. Tenendosi stretti a questa vaga speranza, i membri della Direzione dem potrebbero dire di sì all’apertura del dialogo ed evitare così la conta. Tanto più che nessuno è certo dei numeri.

INTANTO l’ex premier ieri ha fatto un giro di preparazio­ne in libreria. Titoli comprati: Era di maggio. Cronache di uno psi

codramma di Giampiero Mughini. Didascalic­o. Ma anche: L’utilità dell’inutile di Nuccio Ordine. Autoironic­o? E Superficie di Diego De Silva. Ambiguo. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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I numeri sono quelli che sono Per l’inciucio con i Cinque Stelle serve il 93 per cento del gruppo del Pd E io almeno il 7 per cento ce l’ho 28 marzo 2018 Andrea Marcucci Distruttor­e: l’uomo anti-dialogo Matteo Orfini L’intransige­nte senza...
MATTEO RENZI I numeri sono quelli che sono Per l’inciucio con i Cinque Stelle serve il 93 per cento del gruppo del Pd E io almeno il 7 per cento ce l’ho 28 marzo 2018 Andrea Marcucci Distruttor­e: l’uomo anti-dialogo Matteo Orfini L’intransige­nte senza...
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