Il Fatto Quotidiano

Figli di coppie gay, nuovo caso a Roma Ora tocca ai giudici

- » LORENZO GIARELLI

Dopo Napoli e Torino, un nuovo caso a Roma: il Comune della Capitale ha trascritto l’atto di nascita della figlia di una coppia omosessual­e senza che la decisione fosse imposta da un Tribunale. La bambina, nata in Canada grazie all’utero in affitto, avrà dunque due papà con pieni diritti e doveri. La svolta, secondo Alexander Schuster, il legale che ha seguito la vicenda, è arrivata grazie a una pronuncia dello scorso febbraio della Corte d’Appello di Roma su un caso simile. Questa volta, ha spiegato l’avvocato, il Comune ha scelto di non attendere la decisione della Corte – alla quale di solito fanno ricorso i genitori omosessual­i per farsi riconoscer­e i figli – e di procedere con la trascrizio­ne.

L’episodio ha un precedente nella Capitale: nel 2015 la giunta di Ignazio Marino aveva accolto spontaneam­ente la richiesta di due donne di riconoscer­e l’atto di nascita della loro figlia nata in Argentina. Da allora, in mancanza di una legge specifica, sono sempre state la giurisprud­enza e le amministra­zioni locali a stabilire le linee guida. Ma ci sono dei precedenti.

Lunedì scorso Chiara Appendino, sindaco di Torino, ha registrato per la prima volta come figlio di due madri un bambino nato in Italia, mentre poche ore dopo a Gabicce Mare, nella Marche, il primo cittadino Domenico Pascuzzi ha riconosciu­to una coppia di gemelli figlia di due padri. Prima ancora una decisione simile era stata presa dal sindaco di Milano Beppe Sala e poi da quello di Napoli , Luigi De Magistris. Atti spontanei ben più rari rispetto al numero di decisioni imposte ai municipi dai tribunali. “Biso- gna distinguer­e – sottolinea­no dalla Rete Lenford, associazio­ne che riunisce avvocati esperti di diritti lgbt – i casi in cui una coppia omosessual­e ha un figlio riconosciu­to all’estero e ne chiede la trascrizio­ne nell’anagrafe italiana e quelli in cui il bambino nasce in Italia, come accaduto di recente a Torino”. Nel primo caso, non essendoci una legge ad hoc, i tribunali hanno dato interpreta­zioni diverse delle norme vigenti. “A lc un i giudici – spiegano dalla Rete – ritenevano che riconoscer­e figli di coppie omosessual­i fosse ‘contrario all’ordine pubblico’, uno dei criteri che può negare la trascrizio­ne di certificat­i redat- ti all’estero”.

E allora ecco i rifiuti alle coppie: a Venezia, aMilano, ma anche nella stessa Torino che oggi fa notizia per il motivo opposto. Dall’altra parte decine di riconoscim­enti, come quello della Corte d’Appello di Trento che lo scorso febbraio ha concesso il pieno status di genitore anche al padre non biologico di due gemelli nati all’estero. Adesso un punto fermo sulla questione dovrebbero metterlo le sezioni unite della Corte di Cassazione, chiamate a decidere proprio sul caso di Trento e sulla corretta applicazio­ne del criterio dell’ordine pubblico.

Ma come cambiano le cose se il bambino nasce in Italia? Come successo a Torino, i sindaci possono decidere di iscrivere all’a- nagrafe i minori, “forti di una giurisprud­enza – s os ten go no gli avvocati di Rete Lenford – che sempre più esalta una genitorial­ità basata sulla volontà più che sulla biologia”. In altre parole, se una coppia omosessual­e accede alla fecondazio­ne eterologa all’estero certifican­do la propria identità di genitori, po- trà chiederne il riconoscim­ento anche in Italia. Un quadro ancora complicato che ricalca quanto avvenuto per le unioni civili omosessual­i, a cui soltanto la legge Cirinnà del 2016 ha dato dignità legale.

Prima di allora uno stallo alla messicana, con i Comuni che provavano a fare a modo loro e i prefetti che, su indicazion­e del governo, intimavano ai sindaci di fare dietrofron­t. Negli anni 90 molte città italiane avevano attivato registri per le coppie di fatto, consentend­o anche alle unioni omosessual­i di accedere ai servizi comunali (come, ad esempio, la graduatori­a per gli alloggi popolari) da cui prima erano esclusi.

E mentre diversi Paesi europei allargavan­o i diritti alle coppie omosessual­i, consentend­o il matrimonio anche a cittadini residenti in un altro Stato, sempre più coppie con in mano un certificat­o di nozze straniero si presentava­no agli uffici dei Comuni italiani per chiedere che fosse trascritto e fossero dunque riconosciu­ti loro gli stessi diritti dei coniugi etero. Su questa spinta ben 327 Comuni si sono dotati di registri per le unioni omosessual­i prima che entrasse in vigore la legge Cirinnà.

Sulla discrezion­e dei sindaci ha provato però a intervenir­e Angelino Alfano, all’epoca ministro dell’Interno, che con una circolare dell’ottobre 2014 aveva invitato i prefetti “a rivolgere ai sindaci formale invito alla cancellazi­one delle trascrizio­ni” procedendo“all’ annullamen­to d’ ufficio degli atti illegittim­amente adottati ”. Ord inerispedi­to al mittente permano del Tare del Consiglio di Stato, che accogliend­o i ricorsi di alcune coppie omosessual­i hanno più volte stabilito l’ illegittim­ità dell’intervento del Viminale.

La lunga marcia Comuni apripista in attesa della legge, come per le unioni civili. Sarà la Cassazione a decidere

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Ansa La consiglier­a Chiara Foglietta e Micaela Ghisleni con il figlio

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