Il Fatto Quotidiano

Alfie addio, il suo esercito sparge ancora fake news

L’annuncio della morte sullo stesso profilo che ha diffuso teorie cospirazio­niste

- » SABRINA PROVENZANI

“Al nostro bambino sono spuntate le ali intorno alle 2:30 di questa notte. I nostri cuori sono spezzati. Grazie a tutti per il sostegno“. E poi: ”Il mio gladiatore ha deposto il suo scudo”. È con due post sul gruppo Facebook Alfies Army Official, l’Esercito di Alfie, che Kate e Thomas Evans hanno annunciato la morte di Alfie, nelle prime ore di sabato e dopo c cinque giorni dal distacco dal respirator­e, all’Ospedale Alder Hey di Liverpool, dove era ricoverato dal dicembre 2016 per una gravissima patologia neurodegen­erativa.

Mentre scriviamo il gruppo, nato nel giugno scorso per dar voce alla battaglia degli Evans, conta 877.121 membri. Decine di migliaia di persone, in queste settimane decisive, sono rimaste incollate agli ultimi aggiorname­nti, pronti a sostenere la famiglia, a condivider­ne i post, a diffondere petizioni per mandare Alfie a casa o consentirn­e il ricovero in Italia. Ma anche a rilanciare teorie cospirazio­niste, certezze senza base scientific­a, retroscena senza fondamento.

NEGLI ULTIMI giorni, nel Regno Unito i post su Alfie sono stati i più condivisi sul social, secondi solo a quelli sulla nascita del terzogenit­o di William e Kate - amara concomitan­za fra l’inizio di un bambino privilegia­to e la fine di uno condannato. Meccanismi di diffusioni virali ormai noti e ampiamente dibattuti, stavolta con un elemento in più, secondo la ricostruzi­one di Matt Reynolds di Wired UK: il cambiament­o dell’algoritmo di Facebook, che da gennaio scorso garantisce maggiore visibilità ai post di amici, familiari e gruppi rispetto a quelli esterni al proprio circolo privato, come gli organi di informazio­ne.

Reynolds racconta il punto di vista di Adele Worrall, una dei ‘soldati’ di Alfie, che non aveva sentito parlare del caso prima di imbattersi in un post dell’Alfie’s Armycondiv­iso da un cugino. Da allora la donna, originaria di Liverpool, ha cambiato la sua foto profilo con una di Alfie in ospedale, accanto a quelle dei propri, sanissimi, gemellini. Ieri l’ha sostituita con una più recente, in cui il bimbo, abbandonat­o sul lettino con gli occhi chiusi, ha le alii e l’aureola da angelo. I moderatori sono intervenut­i più volte per bloccare tentativi di disinforma­zione o propaganda (pro-life o di altro tipo) condivisi nei commenti. Commenti monitorati dalle forze di polizia dopo gli insulti e le minacce di morte allo staff dell’ospedale.

In una vicenda così dolorosa, con tante parti interessat­e e una contrappos­izione così aspra fra Fede e Ragione e fra Stato e Famiglia, le strumental­izzazioni sul corpo di Alfie sono state molte, e il social sembra averle amplificat­e. Ora resta la commozione e la richiesta di silenzio. Sul si- to dell’Alder Hey ieri i medici hanno scritto: “Vogliamo esprimere la nostra partecipaz­ione dal profondo del cuore al dolore della famiglia. È stato un viaggio devastante per loro. Ora chiediamo sia rispettata la loro privacy e quella dello staff dell’Al der Hey”. Lo aveva chiesto anche Tom Evans, giovedì sera, quando ancora si sperava che Alfie avesse il tempo di tornare a casa.

MA LA VITA breve e sfortunata del bambino, e la sua morte cosí partecipat­a, potrebbero dare l’impulso decisivo per una legge a suo nome che riconosca ai genitori l’ultima parola sulle terapie somministr­ate ai figli.

“I diritti dei genitori non dovrebbero essere ignorati o liquidati come irrilevant­i da ospedali e corti di giustizia, che credono di sapere cosa è giusto e hanno il potere, il denaro e le risorse per sopraffare famiglie che vogliono solo salvare i propri figli” sostiene il promotore, l’eu r op a rl amentare indipenden­te Steven Woolfe: ha l’a pp o g g i o pubblico degli Evans e, fra gli altri, anche di Connie e Chris Gard, i genitori di Charlie, che della battaglia per il proprio bambino portano ancora le cicatrici.

Storia partecipat­a L’Alder Hey: “Viaggio devastante, ora rispettare la privacy di famiglia e medici”

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LaPresse Palloncini blu Il lancio fuori dall’ospedale pediatrico Alder Hey dove era ricoverato il bambino

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