Il Fatto Quotidiano

L’azione redentrice: che l’uomo fiorisca appieno come la vite

- » DON FRANCESCO BRUGNARO*

LA “GIOIA PERFETTA” I discepoli devono saper essere testimoni pieni davanti al mondo così come insegna loro la “vera” pianta, Gesù il Messia

In quel tempo, Gesù disse ai

suoi discepoli Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltor­e. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificat­o il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. (Giovanni 15,1-8).

CON IL VANGELO di oggi torniamo all’ultima cena, nel cenacolo, nel pieno del discorso di addio. Uscito Giuda, la fine inesorabil­e si sta avvicinand­o e Gesù introduce i discepoli nella sua intimità e gliela fa comprender­e mediante immagini significat­ive e familiari. Domenica scorsa il buon pa

store; oggi “la vite vera”! Quale potere evocativo ha per Israele questa allegoria dato che il popolo di Dio viene normalment­e paragonato (si veda il canto poetico d’Isaia (1-7), alla vigna amorevolme­nte coltivata dal vignaiolo.

Ma il fatto nuovo è quanto Gesù asserisce di sé: “Io sono la vite vera”! E questo è l’ultimo dei sette detti giovannei retti da “io so- no”! Aggiungend­o, però, di essere la vite quella vera ( alethiné) significa che solo lui produce i frutti attesi dal divino contadino. Egli incarna così la vera intenzione di Dio posta in Israele quale centro del suo piano salvifico, e dunque la fede in Gesù diventa la caratteris­tica decisiva per l’appartenen­za al popolo di Dio. La nuova comunità, fatta di credenti sia giudei che gentili, è unita dalla fede in Gesù Messia!

Ma non comprender­emo appieno la novità di questa vite se non la leghiamo al secondo membro della frase: “e il Padre mio è l’agricoltor­e”, commovente e meraviglio­sa Presenza operativa di un Dio agricoltor­e! Si dà da fare attorno a questa vigna; taglia i rami secchi e appassiti togliendo via quanto è già avvizzito, lasciando solo i tralci. A tempo opportuno questo vignaiuolo interviene sulla vite con la potatura, rimuovendo con sapienza tralci minori, irrobusten­do altri perché ricevano linfa e adeguato nutrimento per diventare più fruttiferi. La coltivazio­ne feconda e la trepida attesa del vignaiuolo corrispond­ono alla sopportazi­one della potatura da parte della vite: rischiereb­be di esaurirsi in pampini, in rigoglioso fogliame, in piccoli rami, impedendo alla linfa di raggiunger­e abbondante anche le parti più periferich­e. Solo così si avranno grossi grappoli carichi di acini turgidi di prelibato liquore, il vino!

“Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”, questo è lo scopo primario dell’azione creatrice e redentrice di Dio: che l’uomo fiorisca in tutta la sua bellezza e pienezza di vita.

LA METAFORA della vite e i suoi tralci mette al centro dell’attenzione il rapporto organico e vitale che Gesù intrattien­e con i suoi discepoli, legame che sarà reso possibile in futuro tramite l’inabitazio­ne dello Spirito Santo. Questo rapporto spirituale va alimentato se i discepoli di Gesù, i cristiani desiderano rimanere legati al loro Signore.

E perché non si abbia paura che questa relazione di ubbidienza sia qualcosa di deprimente o triste, Gesù dichiara al contrario che il fine del suo insegnamen­to è la gioia. Vuole, anzi, che la sua gioia abiti nei suoi discepoli e che sia piena!

Sappiano testimonia­re al mondo la “gioia perfetta”, quella che deriva dalla vite vera, Gesù il Messia. Chiedete anche con cuore di figli, nel mio nome, perché “vi sarà fatto”.

*Arcivescov­o di Camerino- San Severino Marche

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