Il Fatto Quotidiano

Scene da un manicomio

- » MARCO TRAVAGLIO

Ormai Renzi sente le voci, come Giovanna d’Arco. Altrimenti non spieghereb­be ogni giorno a chi ancora gli dà retta (se stesso) cosa vogliono gli elettori del Pd i quali fra l’altro, a sentir lui, vogliono ogni giorno una cosa diversa, anzi opposta. Tutto cominciò quando si mise in testa che gli elettori, dopo 10 anni di Porcellum ne volessero una riedizione riveduta e corrotta per continuare a non scegliere i propri parlamenta­ri e seguitare a votare per finta, lasciandol­i nominare dai capi-partito: e solo per la Camera, perché i senatori non volevano proprio più votarli, preferendo che i partiti paracaduta­ssero su Palazzo Madama un battaglion­e di sindaci e consiglier­i regionali perlopiù inquisiti, con immunità incorporat­a. Nacquero così l’Italicum e la “riforma” costituzio­nale. Poi, purtroppo, si scoprì che la strana credenza era falsa: la “riforma” fu respinta al mittente dagli elettori al referendum del 4 dicembre 2016, mentre all’Italicum provvide subito dopo la Consulta. Ma lui, cadendo dal seggiolone, si consolò col 40%: un formidabil­e bis del trionfo alle Europee 2014. Peccato che alle Europee il 40% avesse votato Pd facendolo arrivare primo, mentre al referendum il 40% votò Sì a una “riforma” bocciata dal restante 60 e arrivata seconda su due. L’unico significat­o politico era che 2 italiani su 3 non volevano vederlo mai più, come aveva promesso annunciand­o il ritiro dalla politica in caso di sconfitta.

Lui però non se ne diede per inteso, si ricandidò a segretario del Pd ed essendone ormai il padrone, per giunta circondato da nullità, fu rieletto. A quel punto scoprì che i suoi elettori erano stufi del maggiorita­rio e, dopo 25 anni, fremevano dalla voglia di tornare al proporzion­ale. Anzi, ardevano proprio dal desiderio che la nuova legge elettorale la scrivesse Rosato a quattro mani con B. Nacque così il Rosatellum che premiava le coalizioni (cioè il centrodest­ra), penalizzav­a i partiti senza alleati ( i 5Stelle e pure il Pd, che infatti dovette inventarsi in fretta e furia tre partitini-satellite per pochi intimi) e consentiva ai capipartit­o di nominarsi i parlamenta­ri con liste bloccate e 5 multicandi­dature (per le statiste alla Boschi). Anche stavolta l’aruspice aveva letto nel pensiero dei suoi elettori e li aveva sentiti così affezionat­i al Porcellum e all’Italicum da non volerne proprio sapere di scegliersi i parlamenta­ri da sé. Infatti, per accontenta­rli, abolì pure le primarie per i candidati e fece tutto da solo. Purtroppo fu di nuovo smentito da quegli incontenta­bili dei suoi elettori. E il 4 marzo riuscì nell’impresa di trascinare la fu sinistra al minimo storico del 18,7%.

Aquel

punto si dimise da segretario, nominò reggente il suo vice (tal Martina, per sabotarlo e bypassarlo con riunioni a sua insaputa), giurò “due anni di silenzio” e cominciò a ripetere, tramite i suoi numerosi ventriloqu­i, che gli elettori volevano il Pd all’opposizion­e: subito, a prescinder­e, senza neppure sapere quanti voti avrebbe preso, chi avrebbe governato e a chi bisognasse opporsi. In pratica, secondo il druido di Rignano, il Pd poteva allearsi solo col Pd. Nessuno capiva come l’avesse saputo, chi gliel’avesse detto, come facesse a desumerlo dalle schede dei 6.153.081 elettori che stoicament­e s’erano trascinati alle urne per barrare il simbolo del Pd, senza lasciare scritto null’altro (e per fortuna: altrimenti avrebbero annullato tutte le schede e il Pd sarebbe a zero). Ma il nostro Tiresia, per trovare conferma alla sua bizzarra teoria, si aggirava per Firenze in bicicletta a importunar­e i passanti e a domandare loro se volessero un governo con Di Maio ( dando fra l’altro per scontato ciò che non lo era affatto: e cioè che fossero tutti elettori del Pd). E tutti rispondeva­no di No, abituati come sono a dire No istintivam­ente, appena lo vedono, senza neppure starlo a sentire (avesse domandato “Siamo in primavera?”, avrebbe ottenuto la stessa risposta: No). Nel frattempo, fuori dall’Asilo Renzuccia, cioè nel mondo reale, accadeva di tutto. Le tipiche cose che accadono nelle democrazie parlamenta­ri con leggi elettorali di impianto proporzion­ale: il presidente della Repubblica tentava di fare un governo e i partiti di coalizzars­i per fare una maggioranz­a. E il reggente Martina si diceva disponibil­e quantomeno a incontrare i 5Stelle, visto che glielo chiedevano gentilment­e sia il presidente della Camera per conto del capo dello Stato, sia il leader dei 5Stelle, rimettendo­si però al voto della Direzione e, in caso di intesa, a quello degli iscritti. A quel punto Renzi, nottetempo, ha sentito altre voci: se il Pd parla coi 5Stelle, i suoi elettori magari scoprono che Di Maio vuole quello che vogliono loro da 25 anni (lotta alla povertà, ai conflitti d’interessi, alla corruzione, alla prescrizio­ne, alle mafie, alle caste, alle lobby, alle grandi opere inutili e ad alcuni odiosi trattati Ue) e magari ci prendono gusto, all’idea di un partito di sinistra costretto a fare cose di sinistra. Non sia mai. Renzi si precipita in tv da Fabio Fazio a riferire che gli elettori del Pd non vogliono un governo 5Stelle-Pd, ma in compenso si arraperebb­ero senz’altro per un bel Di Maio-Salvini-B., o in subordine per un Salvini-B.-Pd che rifaccia l’Italicum bocciato dalla Consulta e la riforma costituzio­nale bocciata dagli elettori. Quindi l’hashtag renziano #senzadimev­ale solo per un governo col M5S, mentre per Lega&FI diventa #con me: i famosi elettori Pd non stanno più nella pelle. Intanto “senzadime” non è più un hashtag, ma un programma di vita per quasi tutti gli italiani. Che, dal Molise al Friuli, si stanno abituando a fare a meno del Pd. Presto l’ultimo elettore del Pd, cioè Renzi, si guarderà allo specchio e si dirà: “Senza di me!”, trovando immediata conferma dalla sua immagine riflessa. Poi si manderà a fare in culo. E si ricambierà.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy