Il Fatto Quotidiano

Bussi, il silenzio di D’Alfonso sulle denunce dei giurati

Il caso Romandini Il governator­e seppe delle “pressioni” riferite dai giudici popolari che assolsero gli ex Montedison per la discarica, ma non ne parlò

- » ANTONIO MASSARI

Un giudice non deve esprimere pareri su un suo processo in corso ( pena la sua ricusazion­e) ed è inopportun­o che un politico gli chieda notizie in merito. Nel processo di primo grado sulla mega discarica di Bussi sul Tirino accade l’esatto contrario. Nel 2014 il giudice Camillo Romandini si esprime sul processo – prima della sentenza – con il governator­e abruzzese, Luciano D’Alfonso, che peraltro rappresent­a la parte civile e il tutto avviene a cena a casa di amici comuni.

LA SEQUENZA successiva è surreale: D’Alfonso riferisce all’avvocato dello Stato, Cristina Gerardis, che riferisce ai pm titolari del processo, che convocano – in quale veste? in quale forma? – D’Alfonso in procura. Il tutto sarebbe stato derubricat­o a mere voci se nel maggio 2015 il Fatto Quotidiano, rivelando i retroscena di questo processo, non avesse spinto a occuparsi della vicenda la Procura di Campobasso e il Csm. La pm Anna Maria Mantini – titolare del processo su Bussi con il collega Giuseppe Bellelli – viene sentita dalla Procura di Campobasso come persona informata sui fatti: “L’avvocato dello Stato Gerardis... mi disse… che dal presidente della Regione A- bruzzo aveva appreso che questi aveva avuto un incontro… con Romandini, nel corso del quale avevano avuto un colloquio sui temi del processo... Decisi di interloqui­re con il presidente della Regione. Questi venne presso il mio ufficio e, presente i colleghi Bellelli e Di Florio… confermò l’incontro... Disse che Romandini... dopo aver elogiato la profession­alità e l’impegno sia degli avvocati, inclusa l’Avvocatura dello Stato, sia dei pm, aveva concluso assumendo che gli avvocati (della difesa, ndr) erano stati parti- colarmente efficaci...”. Mantini ha un presagio: “Riferii al procurator­e De Siervo che non presagivo una conclusion­e del processo in linea con le nostre conclusion­i”. Come motiva il presagio al procurator­e? “R a p p re s e ntando... che... Romandini ne aveva parlato con la politica, con ciò intendendo alludere al D’Alfonso. (…) Io accennai... che un’eventuale ricusazion­e non era opportuna, senza far riferiment­o all’episodio ora descritto...”. Insomma, stando alle sue stesse parole, poiché Romandini “ne aveva parlato con la politica” e la pm Mantini, dopo la conversazi­one con D’Alfonso, “p r e s ag i s ce ” che il processo non si concluderà in linea con le sue posizioni, potremmo dedurne: a) il colloquio con D’Alfonso l’ha portata a pensare che vincerà la linea della difesa; b) le parole di Romandini al Governator­e, per come riferite da D’Alfonso, hanno delineato l’orientamen­to del giudice. Eppure Mantini e Bellelli (che conferma la ricostruzi­one ai opm di Campobasso) non ricusano il giudice. Bellelli dice d’essersi preoccupat­o ma d’aver ritenuto che “non vi fossero i presuppost­i di una ricusazion­e”. Presagi e preoccupaz­ioni si materializ­zano nel dicembre 2014: la Corte d’assise di Chieti assolve i 19 imputati. Risultato poi ribaltato in appello.

IL CORTO CIRCUITO tra politica e magistratu­ra però si ripete. A maggio il Fatto raccoglie le testimonia­nze di alcune giudici popolari: Romandini, durante una cena con loro, pochi giorni prima della sentenza, le avverte: condannand­o per dolo gli imputati, in caso d’assoluzion­e in appello, le giudici potrebbero dover risarcire i danni. Ma nessuna norma lo prevede. Per questi episodi Romandini (archiviato in sede penale) è sotto processo disciplina­re. Ma dagli atti di Campobasso si scopre che dopo la sentenza – e ben tre mesi prima che il Fatto rivelasse questa storia – D’Alfonso fa una telefonata: “D’Alfonso – spiega ai pm Mantini – mi disse che un

L’inchiesta

I pm di Campobasso indagando sul collega di Chieti non chiesero nulla al politico dem

giudice popolare... doveva riferire delle cose sul processo. Replicai: ‘Presidente non vada oltre. Sono un magistrato, non ricevo comunicazi­oni informali né tantomeno dichiarazi­oni da parte dei giudici del processo’...”. Il mese dopo, interrogat­o come persona informata sui fatti, D’Alfonso non fa cenno all’episodio. Né i pm molisani gli chiedono nulla. Un vero peccato. Sarebbe stato interessan­te sapere per quale motivo D’Alfonso parlò della giudice popolare alla pm.

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