Bussi, il silenzio di D’Alfonso sulle denunce dei giurati
Il caso Romandini Il governatore seppe delle “pressioni” riferite dai giudici popolari che assolsero gli ex Montedison per la discarica, ma non ne parlò
Un giudice non deve esprimere pareri su un suo processo in corso ( pena la sua ricusazione) ed è inopportuno che un politico gli chieda notizie in merito. Nel processo di primo grado sulla mega discarica di Bussi sul Tirino accade l’esatto contrario. Nel 2014 il giudice Camillo Romandini si esprime sul processo – prima della sentenza – con il governatore abruzzese, Luciano D’Alfonso, che peraltro rappresenta la parte civile e il tutto avviene a cena a casa di amici comuni.
LA SEQUENZA successiva è surreale: D’Alfonso riferisce all’avvocato dello Stato, Cristina Gerardis, che riferisce ai pm titolari del processo, che convocano – in quale veste? in quale forma? – D’Alfonso in procura. Il tutto sarebbe stato derubricato a mere voci se nel maggio 2015 il Fatto Quotidiano, rivelando i retroscena di questo processo, non avesse spinto a occuparsi della vicenda la Procura di Campobasso e il Csm. La pm Anna Maria Mantini – titolare del processo su Bussi con il collega Giuseppe Bellelli – viene sentita dalla Procura di Campobasso come persona informata sui fatti: “L’avvocato dello Stato Gerardis... mi disse… che dal presidente della Regione A- bruzzo aveva appreso che questi aveva avuto un incontro… con Romandini, nel corso del quale avevano avuto un colloquio sui temi del processo... Decisi di interloquire con il presidente della Regione. Questi venne presso il mio ufficio e, presente i colleghi Bellelli e Di Florio… confermò l’incontro... Disse che Romandini... dopo aver elogiato la professionalità e l’impegno sia degli avvocati, inclusa l’Avvocatura dello Stato, sia dei pm, aveva concluso assumendo che gli avvocati (della difesa, ndr) erano stati parti- colarmente efficaci...”. Mantini ha un presagio: “Riferii al procuratore De Siervo che non presagivo una conclusione del processo in linea con le nostre conclusioni”. Come motiva il presagio al procuratore? “R a p p re s e ntando... che... Romandini ne aveva parlato con la politica, con ciò intendendo alludere al D’Alfonso. (…) Io accennai... che un’eventuale ricusazione non era opportuna, senza far riferimento all’episodio ora descritto...”. Insomma, stando alle sue stesse parole, poiché Romandini “ne aveva parlato con la politica” e la pm Mantini, dopo la conversazione con D’Alfonso, “p r e s ag i s ce ” che il processo non si concluderà in linea con le sue posizioni, potremmo dedurne: a) il colloquio con D’Alfonso l’ha portata a pensare che vincerà la linea della difesa; b) le parole di Romandini al Governatore, per come riferite da D’Alfonso, hanno delineato l’orientamento del giudice. Eppure Mantini e Bellelli (che conferma la ricostruzione ai opm di Campobasso) non ricusano il giudice. Bellelli dice d’essersi preoccupato ma d’aver ritenuto che “non vi fossero i presupposti di una ricusazione”. Presagi e preoccupazioni si materializzano nel dicembre 2014: la Corte d’assise di Chieti assolve i 19 imputati. Risultato poi ribaltato in appello.
IL CORTO CIRCUITO tra politica e magistratura però si ripete. A maggio il Fatto raccoglie le testimonianze di alcune giudici popolari: Romandini, durante una cena con loro, pochi giorni prima della sentenza, le avverte: condannando per dolo gli imputati, in caso d’assoluzione in appello, le giudici potrebbero dover risarcire i danni. Ma nessuna norma lo prevede. Per questi episodi Romandini (archiviato in sede penale) è sotto processo disciplinare. Ma dagli atti di Campobasso si scopre che dopo la sentenza – e ben tre mesi prima che il Fatto rivelasse questa storia – D’Alfonso fa una telefonata: “D’Alfonso – spiega ai pm Mantini – mi disse che un
L’inchiesta
I pm di Campobasso indagando sul collega di Chieti non chiesero nulla al politico dem
giudice popolare... doveva riferire delle cose sul processo. Replicai: ‘Presidente non vada oltre. Sono un magistrato, non ricevo comunicazioni informali né tantomeno dichiarazioni da parte dei giudici del processo’...”. Il mese dopo, interrogato come persona informata sui fatti, D’Alfonso non fa cenno all’episodio. Né i pm molisani gli chiedono nulla. Un vero peccato. Sarebbe stato interessante sapere per quale motivo D’Alfonso parlò della giudice popolare alla pm.