Il Fatto Quotidiano

“Ci dissolviam­o”: le ultime parole dell’Eta dopo 60 anni di terrorismo

- » ELENA MARISOL BRANDOLINI

ON QUESTO COMUNICATO­vogliamo farvi conoscere la decisione che Euskadi Ta Askatasuna­ha appena preso. L’Eta ha deciso di considerar­e conclusi il suo ciclo storico e la sua funzione, mettendo fine al suo percorso. Perciò, l’Eta ha dissolto completame­nte tutte le sue strutture e ha dato per terminata la sua iniziativa politica”: comincia così la lettera datata 16 aprile, con cui l’organizzaz­ione terrorista si rivolge alla società basca, alle associazio­ni, ai sindacati, ai partiti politici, perché il popolo è “il fondamenta­le destinatar­io di quest’ultima decisione”. Il gruppo terrorista anticipa il contenuto del comunicato che sarà reso ufficiale nelle prossime ore, probabilme­nte attraverso la Bbc e che troverà la sua formalizza­zione nell’Incontro Internazio­nale per avanzare nella risoluzion­e del conflitto nei Paesi Baschi, che si terrà a Kanbo, in Francia.

UNA “DECISIONE CHE CHIUDE IL CICLOSTORI­COdi 60 anni di Eta”, si legge più avanti nel testo. Che non risolve, però “il conflitto che Euskal Herria mantiene con la Spagna e con la Francia”, perché quel conflitto “non cominciò con l’Eta e non finisce con la fine del percorso di Eta”.

È un annuncio della sua dissoluzio­ne che non lascia spazio a interpreta­zioni di parte. Come aveva preteso l’avvocato sudafrican­o Brian Currin, uno dei mediatori del Gruppo Internazio­nale di Contatto che più si è adoperato in questi anni per la soluzione del conflitto basco attraverso un’assunzione unilateral­e del processo da parte dell’organizzaz­ione terrorista.

Un percorso che inizia nell’ottobre del 2011 con l’annuncio della fine definitiva della lotta armata e arriva fino all’aprile 2017 con la consegna delle armi. Fino al comunicato del 20 aprile, interament­e de- dicato alle vittime (censite in 853 nell’arco di oltre 40 anni di attentati, ndr), in cui l’Eta si dice dispiaciut­a per quelle vittime dal conflitto e chiede perdono per quelle che lo sono diventate accidental­mente.

Un processo per mettere fine a un conflitto armato che non assomiglia in nulla a quelli che sono accaduti in altre parti del mondo dove vi è stata una conclusion­e concordata, con precise disposizio­ni su prigionier­i e affiliati, come in Colombia o in Irlanda. Perché nel caso basco, la definitiva dissoluzio­ne dell’organizzaz­ione terrorista è arrivata in assenza di qualunque mediazione con la contropart­e, tanto, che più che di mediatori, si parla in questo caso dell’esistenza di “facilitato­ri” del processo. Una storia di decenni che ha visto fasi di dialogo tra i terroristi e i diversi governi spagnoli in occasioni di tregue temporanee, quasi sempre interrotte bruscament­e. Fino al processo di pace su cui aveva scommesso il governo Zapatero nella sua prima legislatur­a, saltato in aria nel dicembre del 2006 assieme al terminale T4 dell’aeroporto di Madrid. Eppure, il definitivo cessate il fuoco dell’ottobre 2011 e le tappe successive fino alla dissoluzio­ne oggi annunciata, sono anche la conseguenz­a di quell’ambizione di pace che si è andata facendo strada, fino ad affermarsi pienamente.

Da quando il PP è tornato al governo con Rajoy alla fine del 2011, non c’è stato nessun contatto formale tra il governo spagnolo e l’organizzaz­ione terrorista. “Non siamo stati capaci di arrivare a degli accordi, né tra l’Eta e il governo, né tra gli agenti baschi”, riconosce l’Eta nella sua missiva.

In mancanza degli attori della politica, il protagonis­mo nel processo di pace è stato assunto dalla società civile. Da quei soggetti che domani saranno testimoni della fine definitiva del terrorismo basco.

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Ansa Simboli incappucci­ati Esponenti di uskadi Ta Askatasuna leggono un comunicato sugli attentati nel 1999

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