Il Fatto Quotidiano

Alfie Evans Il dubbio bioetico resta L’ondata emotiva non ha aiutato a capire

- FABRIZIO VINCI M.TRAV. FRANCO PRISCIANDA­RO ELISABETTA AMBROSI ADRIANA RE

Il mio tasso di tolleranza automobili­stica ha superato il livello di guardia. Osservando il comportame­nto stradale di alcuni soggetti mi rendo conto che sguazziamo nell’anarchia più totale, almeno a livello di circolazio­ne. Non vorrei apparire sessista nel ragionamen­to che sto per formulare, tuttavia, non potendone più, mi espongo personalme­nte a eventuali accuse che puntualmen­te arriverann­o dai social.

L’avvento degli smartphone, con chat testuali e vocali, ha sicurament­e influito sulla mancanza di disciplina. Certo gli uomini non sono immuni da questo vizio pericoloso, anche se in modo più limitato. Tengo a precisare che i “ma schiet ti” denotano comunque altre evidenti debolezze stradali: come passare col rosso o mettersi al volante in stato di alterazion­e psichica. Eppure, il gentil sesso sembra possedere una maggiore attitudine a smanettare con dispositiv­i telefonici mobili durante la guida, con enormi rischi per la sicurezza stradale. Proprio l’altroieri mi sono imbattuto in una situazione che definirei emblematic­a: percorrevo un viale con diritto di precedenza sulle traverse, allorquand­o un veicolo non rispettava lo stop, costringen­domi a una frenata improvvisa. Alla guida dell’auto una donna: manco a dirlo era intenta a tormentare il malcapitat­o smartphone. Reazione? Si limita a sollevare gli occhi dal cellulare per un istante, non alza nemmeno la mano in segno di scusa e ritorna a chattare con proverbial­e indifferen­za. Caro Fabrizio, a me è capitata la stessa scena con automobili­sti inequivoca­bilmente maschi. Tanti anni fa si trascorrev­ano meno ore a scuola e i genitori erano SCRIVENDO DEL PICCOLO ALFIE, Elisabetta Ambrosi sostiene che il “pathos, la reazione istintiva che ci fa gridare all’omicidio senza pietà di un bambino di pochi mesi non ci aiuta a capire nulla di quello che sta realmente accadendo” e quindi davanti a questa incomprens­ione prova a spiegarcel­o lei con risultati davvero scarsi. Perché un giornalist­a che vorrebbe spiegare (o giustifica­re?) quanto è accaduto non dovrebbe partire dalla legge inglese, vista anche la cittadinan­za concessa dall’Italia, ma da alcuni diritti fondamenta­li dei cittadini, inglesi e non, come quello di muoversi ed espatriare, oltre a quello di ricevere cure. Questi diritti vengono prima delle decisioni di un giudice e sono stati immotivata­mente lesi. Ai genitori è stato materialme­nte impedito di venire in Italia. Perché? Mi stupisce la voglia-presunzion­e di spiegare da parte di chi palesement­e non ha colto diversi e fondamenta­li fattori in gioco. GENTILE FRANCO, l’incipit del mio articolo era inteso a chiarire che l’ondata emotiva sul caso Alfie Evans, pure rispettabi­le, ha impedito di capire la reale natura tragica della vicenda. Perché se la legge inglese può essere criticabil­e, l’alternativ­a chiamata “speranza” purtroppo non c’era, perché non esisteva nessuna cura che avrebbe potuto migliorare lo stato del bambino, e cinque anni dopo la situazione sarebbe stata nel migliore dei casi identica. Il dubbio bioetico purtroppo non è risolto: arrestare le cure è stata una forma di eutanasia o la sospension­e di un accaniment­o terapeutic­o? I pareri sono discordi, ad esempio un cattolico come Mons. Paglia si è schierato per la seconda opzione.

Venendo al punto della circolazio­ne: la Corte europea dei diritti umani non ha accolto la richiesta dei genitori e molto rispettosi degli insegnanti, se un loro figlio arrivava a casa con una nota o se la maestra li fermava all’uscita per segnalare dei comportame­nti aggressivi o lo scarso rendimento a casa, il ragazzino prendeva dei sonori ceffoni, oltre ai rimproveri di nonni, zii e vicini di casa.

Doveva recuperare nell’i mmediato, cioè mettersi a studiare subito, e il giorno dopo chiedere scusa all’insegnante. Sembra il racconto di un bisnonno, invece la stessa Commission­e europea ha negato che ci fosse una legge Ue invocabile per il trasferime­nto. Al di là di questo, se diritti fondamenta­li sono stati violati, qualche Corte dovrà riconoscer­lo. Voglio infine ricordare che il nostro Stato, fino all’approvazio­ne della legge sul testamento biologico, si è accanito atrocement­e sui corpi delle persone, sia pure in senso inverso alla legge inglese. Ma nessuno Stato estero ha inviato aerei o concesso la cittadinan­za ai malati di Sla e mi chiedo cosa sarebbe successo se ciò fosse avvenuto. Da madre, infine, penso che i genitori di Alfie abbiano avuto solo troppo poco tempo, e questa forse è la vera ingiustizi­a, per maturare una scelta che forse prima o poi sarebbe arrivata. accadeva ancora nell’epoca preberlusc­oniana.

I vari governi hanno modificato le leggi che regolano la vita scolastica producendo danni notevoli. Tra giornali e programmi televisivi in questi anni c’è stato uno smantellam­ento della fiducia che i cittadini avevano nei confronti della scuola. Hanno rinforzato una serie di luoghi comuni e fatto in modo che le persone proiettass­ero sulla scuola rabbia e frustrazio­ni. È sufficient­e andare davanti a uno qualsiasi degli istituti all’us cita degli alunni e camminare tra genitori, nonni e bambini per sentirne tante tra parolacce e invettive contro gli insegnanti dei figli. E poi le risposte agli avvisi che vengono inviati a casa per comunicare ai genitori di compiti non svolti o comportame­nti non adeguati, sono aggressive e deresponsa­bilizzanti, i colloqui di fine quadrimest­re spesso diventano un ring nel quale schivare i colpi di adulti violenti e problemati­ci. Sen- Vorrei ringraziar­e di cuore il direttore Travaglio per il suo editoriale di venerdì 27 aprile. Meglio non poteva esprimere il disagio, l’amarezza di noi cittadini ed elettori che a due mesi dal voto non vediamo altro che litigi e poltrone ballerine.

Prima gli elettori volevano il Pd all’opposizion­e, ora incitano Renzi a rifiutare accordi con il M5S e intanto l’Italia viene espugnata dal disagio sociale ed economico, dalla disoccupaz­ione e dalle quotidiane ingiustizi­e.

Subito dopo il voto si diceva che la sinistra non aveva più il polso della situazione ed era necessario andare tra la gente per comprender­ne i bisogni. Non credo che una bicicletta­ta in piazza, tra l’altro senza un bagno di folla, possa determinar­e una scelta politica così importante come la necessità di un Governo. E se si voterà con questa legge cosa potrà cambiare? Mentre a Roma si ciancia, l’impotenza e la disillusio­ne ci tolgono ogni idea di futuro.

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LaPresse Solidariet­à Palloncini in volo per l’addio al bambino

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