Il Cazzaro Verde
Non so voi, ma io ho una voglia matta di un bell’incarico al Cazzaro Verde, al secolo Matteo Salvini. Sono due mesi che reprimo questa irrefrenabile pulsione, ma ora non ce la faccio più: l’idea di vederlo uscire dal Quirinale col pennacchio e i galloni di premier incaricato sulla felpa è troppo allettante, soprattutto dal punto di vista estetico e scenico. Lo so che, per un incarico pieno, il presidente della Repubblica pretende una maggioranza con numeri certi in Parlamento, altrimenti preferisce sciogliere le Camere e far gestire le nuove elezioni da un governo elettorale di minoranza che si faccia bocciare in Parlamento e resti in carica per gli affari correnti (come il governo Gentiloni, ma non più espressione di un partito che ha appena dimezzato i suoi voti). E questa, intendiamoci, è l’unica via costituzionalmente corretta. Però sperare non costa niente, e io spero che Salvini venga finalmente messo alla prova. La sua fortuna, infatti, è che nessuno l’abbia mai chiamato a un pizzico di responsabilità, nei 28 anni della sua carriera politica (è il leader politicamente più vecchio su piazza, essendosi iscritto alla Lega nel lontano 1990, essendo stato eletto consigliere comunale a Milano nel 1993, e rappresenta il partito più vecchio sul mercato, l’ultimo nato nella Prima Repubblica, classe 1989). È più di un quarto di secolo che il Cazzaro verde spara a salve, senza che nessuno verifichi mai la sua mira. Le rare volte che qualcuno ha provato a inchiodarlo a un dato di fatto, la sua maschera è caduta da sola.
Quando sbarcò dalla Lombardia al Parlamento europeo, nel 2004, l’anti-Casta Salvini si portò il fratello di Bossi come assistente parlamentare (“portaborse”, direbbero i padani duri e puri di una volta, ma con un curriculum di tutto rispetto: terza media e scuola commerciale, negozio di autoricambi a Fagnano Olona, allenatore della squadra di ciclismo della Padania, il che giustificava il modico stipendio di 12.750 euro al mese). Nemico giurato delle raccomandazioni e dei familismi di Roma ladrona, l’intransigente Salvini ebbe l’ex moglie Fabrizia Ieluzzi sistemata al Comune di Milano con contratti a chiamata dalle giunte Albertini e poi Moratti, e poi la sua nuova compagna Giulia Martinelli assunta a chiamata alla Regione Lombardia dalla giunta Maroni a 70 mila euro l’anno. Quando esplode lo scandalo dei rimborsi del Carroccio rubati o buttati dal tesoriere per mantenere la famiglia Bossi, Salvini fa il moralista: “La mia paghetta era 500 lire”. Lui con la Family non c’entra, ci mancherebbe: infatti pochi mesi prima era in ferie col Trota.
Venerdì avevamo letto un sondaggio secondo cui 6 francesi su 10 pensano che Emmanuel Macron non dovrebbe ripresentarsi nel 2022. In un anno, dice un’altra rilevazione, ha perso 20 punti di popolarità e, sostiene una terza, deluso i due terzi degli elettori. Eravamo già preoccupati che quelli di Rothschild dovessero riprenderselo indietro, ma non è così. Un ponderoso editoriale del CorSeraieri ci ha rassicurati: tutto va bene. Sì, il Manchurian candidate transalpino ha vinto un po’ così e in Francia ci sono “preoc- cupanti segnali di rabbia e disagio” (a non dire di “estremismo e populismo”), ma “per la prima volta in questo secolo ( sic), l’anno di Macron si conclude meglio di come era cominciato”. Ma che davvero? Sì, “è una sensazione palpabile”. D’altronde è talmente figo: “È riuscito a spezzare la micidiale spirale della rassegnazione e del piagnisteo”. E come? “Gli ingredienti della formula magica si chiamano fiducia e autostima” usati per “scardinare una società bloccata, prigioniera di corporazioni sindacali e seduta su privilegi di casta. Lo scontro è durissimo, le resistenze diffuse, ma la strada è imboccata”. L’emozione è palpabile: “Decreti a raffica velocizzano la marcia delle riforme. Il presidente ascolta tutti, ma decide da solo”. E dovreste sentire poi come si spiega: i suoi discorsi “traboccano cultura, reminiscenze letterarie...”. Questo per dire che è bello, in un’epoca tanto cinica, che sentimenti così ingenui e irrazionali abbiano spazio sul principale giornale italiano: mettete i fiori nei vostri Macron, almeno finché dura...