Il Fatto Quotidiano

25 APRILE E PRIMO MAGGIO SONO LE FESTE ORFANE DELLA REPUBBLICA

- » FURIO COLOMBO

Ci muoviamo a tentoni, in una nebbia fitta di memorie sbagliate. E quando urtiamo chi, come noi, ha sbagliato strada, siamo pronti alla polemica ma non a rivedere il percorso. Quasi ogni notizia è notizia di un errore che si scontra con un errore opposto e simmetrico. Lungo il percorso, entrambi si rafforzano. Errori di ricordi, eventi, valori, cose in cui crede, cose da negare si moltiplica­no e si negano a vicenda.

UN ESEMPIO: nelle stesse settimane la Polonia vota una legge che vieta (con pene adeguate) di parlare della Shoah. Il Parlamento della terra di Oswiecim (Auschwitz) nega che vi sia mai stata una partecipaz­ione polacca al tentato sterminio del popolo ebraico o una collaboraz­ione con i tedeschi, occupanti e operatori dei campi. Intanto il governo austriaco diventa nazista, il governo ungherese riconferma la propria fede di estrema destra (Orban presidente sostenuto da una maggioranz­a neo fascista) e l’Italia manda personaggi, auguri e saluti di tutta la destra, compresa quella che finge di essere democratic­a e vuole governare. È il tributo a un leader che, nel silenzio dell’Europa, ha raso al suolo ogni istituzion­e democratic­a, d al l ’ i n d ip e nd e nz a della magistratu­ra alla libertà di stampa.

Come ci ha ripetuto invano il passato, i fascisti non vengono mai soli. Ad esempio, la comunità ebraica di Berlino ha appena dichiarato di sconsiglia­re, specialmen­te ai più giovani, di indossare la “kippà” (il copricapo rituale ebraico). Lo dice a Repubblica il presidente della Comunità berlinese Schuster aggiungend­o questa riflession­e: “La Germania ha fatto i conti con il proprio passato come nessun altro, ma ha dipinto troppo gli ebrei come vittime e troppo poco come parte integrante della società tedesca da secoli”. La frase finisce per essere simmetrica alle motivazion­i della legge polacca. Per ragioni opposte, s’intende, e nonostante la motivazion­e nobile, il messaggio inviato a un insegnante che debba parlare di Shoah ai suoi allievi, e magari organizzar­e un viaggio di visita ai campi, è lo stesso: diminuire l’insistenza sulla persecuzio­ne e i suoi metodi. Per i polacchi la spiegazion­e è triste e semplice: tornare al fascismo. Il presidente della comunità di Berlino Schuster dice una cosa giusta, ma mostra invece di non vedere l’emergenza di una Europa che non ha nulla da obiettare ad alcuni importanti Paesi membri della Unione per il loro dichiarato e pubblico antisemiti­smo ( Polonia, Austria, Ungheria ma anche Repubblica Ceca, Slovacchia), mentre si diffondono, elezione dopo elezione, i successi dei partiti populisti identitari, xenofobi e, tradiziona­lmente, difensori dell’esclusivo predominio cristiano.

In Italia tanti avranno notato che due feste a cui si aggancia il senso della nostra storia contempora­nea sono rimaste orfane, in mano a cittadini disorienta­ti e a celebranti senza fede.

Parlo del 25 aprile, festa della Liberazion­e italiana. E del 1 maggio, festa del Lavoro. La prima era stata sconsacrat­a con piglio bolscevico da Berlusconi e dichiarata “c om u ni s ta ” da l leader insediato a Palazzo Grazioli come primo ministro. La seconda ha portato un grande imbarazzo perché è difficile celebrare il lavoro che non c’è. Nessuno se ne sta occupando. Non ci so- no progetti per crearlo. E, se necessario, diventa rivoluzion­ario proporre direttamen­te modeste somme di danaro che lo Stato verserà a chi non lavora, piuttosto che imbarcarsi tra le fantasie del come creare nuovi posti in nuovi luoghi detti “la crescita”.

TUTTO CIÒ RACCONTAdi un Paese sperduto negli ultimi posti di una Unione a cui vengono inviate continuame­nte percentual­i da osservare, somme da pagare e debiti da ridurre. Non sappiamo celebrare il 25 aprile, anche perché costringer­ebbe a ricordare che metà dei leader italiani, e metà dei nuovi governi europei negano tutto ciò che il 25 aprile celebra. Non sappiamo celebrare il 1 maggio, salvo un bel concerto di gente giovane che, almeno, è giovane, perché chi siamo noi (guardate i nomi di chi governa e di chi vuole governare) per contrastar­e il vento violento del neo capitalism­o che punta sradicare il lavoro come forza politica? E, dopo anni di comportame­nto umano verso i migranti, quando Giusi Nicolini era il sindaco di Lampedusa e la Marina italiana era l’operazione “Mare Nostrum”, alcuni politici italiani (Salvini, Minniti, Meloni) hanno pensato bene di unire le forze contro i rifugiati, tanto per lasciare, in un’epoca confusa e nebbiosa, una loro impronta di civiltà. E così hanno insediato i lager in Libia. Un giorno i ragazzi delle scuole saranno portati a visitare ciò che ne resta per conoscere il passato e non ripeterlo. Oppure diremo, alla polacca, che in quegli anni, annegavano solo gli imprudenti.

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