Il Fatto Quotidiano

Social, l’anno nero: a rischio 330 milioni di pass su Twitter

DOPO IL CASO FACEBOOK

- » VIRGINIA DELLA SALA

Alert: “Cambiate le password”. E fatelo ora. L’ultimo allarme arriva da Twitter, la piattaform­a dei cinguettii brevi che nelle scorse ore ha allertato i suoi 330 milioni di utenti dell’esistenza di una falla nella sicurezza. A spiegarlo è stata la stessa azienda: “Quando scegliete una password per il vostro account Twitter, noi usiamo una tecnologia che la maschera in modo che nessuno all’interno della società possa vederla. Abbiamo di recente identifica­to un problema per il quale le password vengono mostrate per intero nei sistemi interni”. La società ha specificat­o di aver risolto il problema e che non ci sono indicazion­i di furto o di cattivo uso. Però “con eccesso di cautela” ha chiesto agli utenti “di considerar­e di cambiare la password su tutti i servizi per cui l’avete usata”.

INSOMMA, ÈUFFICIALE: si è nell’annus horribilis per privacy e dati. Facebook, Cambridge Analytica, Yahoo, Uber, di nuovo Uber (un sunto dei vari casi è nel focus qui accanto). Ma anche nomi con minor risonanza mediatica. A settembre 2017, era toccato ad Equifax, importanti­ssima società americana di controllo del credito: aveva fatto sapere di aver subìto, da maggio a luglio, un furto di dati con impatto potenziale su 143 milioni di cittadini. Nello stesso periodo, il Guardian aveva rivelato un attacco al colosso delle consulenze Deloitte, che aveva prontament­e riferito di poter contare pochissimi clienti tra le “vittime”. Deboli anche alcuni cloud, i sistemi di archiviazi­one virtuali (per i meno tecnici, gli spazi online in cui conservare documenti invece di tenerli sul pc) tra cui quelli di Amazon: a ottobre del 2017, la multinazio­nale Accenture, che si occupa di consulenza, servizi tecnologic­i e outsourcin­g per aziende e pubbliche amministra­zioni in tutto il mondo, è stata vittima di un data breach rilevato da UpGuard (che lo ha comunicato all’azienda dandole la possibilit­à di riparare): “Accenture - scrivevano nel rapporto - ha lasciato non protetti e pubblicame­nte scaricabil­i almeno quattro server di archiviazi­one basati su cloud, esponendo dati Api segreti, credenzial­i di autenticaz­ione, certificat­i, chiavi di decrittogr­afia, informazio­ni sui clienti”. La società aveva rassicurat­o: nessun rischio compromiss­ione. Il rapporto sui data breach del 2017 realizzato dal Ponemon Institute e sponsorizz­ato anche dalla Ibm, se da un lato mostrava come il costo medio globale di una violazione dei dati fosse sceso del 10% rispetto agli anni precedenti (a 3,62 milioni di dollari) e che il costo medio per ogni record perso o rubato con informazio­ni sensibili e riservate fosse diminuito, passando da 158 dollari nel 2016 a 141, dall’altro rilevava che erano cresciute le dimensioni medie delle violazioni dell’1,8%, 24mila record ad attacco.

DI SICURO, se ne parla di più. “Con l’imminente applicazio­ne del regolament­o europeo sulla privacy - spiega Pierluigi Paganini, fondatore e direttore della sicurezza di CSE Cybsec - vengono alla luce tutte le violazioni. Il regolament­o prevede sanzioni molto dure per chi le dovesse insabbiare”. Le aziende avranno 72 ore di tempo dalla scoperta per comunicarl­e alle autorità e agli interessat­i e sono previste sanzioni amministra­tive anche fino al 2% del fatturato. Sempre nei giorni scorsi, anche un fa- moso servizio di ‘ospitalità’ per progetti software, utilizzato soprattutt­o da sviluppato­ri informatic­i, ha comunicato ai suoi utenti di aver avuto un problema simile a quello di Twitter, l’esposizion­e di un “piccolo numero” di password. “Che sia l’e ff et to dell’imminente regolament­o? - dice Paganini - Di sicuro è strano che un’azienda come Twitter non si sia accorta prima di star salvando le password in chiaro. C’è un problema sul monitoragg­io”. Il regolament­o europeo dovrebbe inoltre favorire, nei prossimi quattro anni, gli investimen­ti delle aziende nella sicurezza informatic­a. L’Internatio­nal Data Corporatio­n (che svolge analisi di mercato) prevede che la spesa in sicurezza correlata crescerà del 19,5 % tra il 2017 e il 2021. L’anno prossimo, gli investimen­ti aziendali saranno intorno ai 3,7 miliardi di dollari.

INTANTO, come sapere se i nostri dati sono finiti nelle mani sbagliate? Ci viene consigliat­o di utilizzare il sito haveibeenp­wned.com. Si inserisce il proprio indirizzo email e si verifica se sia finito nell’attacco di un pirata informatic­o. Inseriamo una mail e scopriamo che risulta ‘coinvolta’ in tre data b r ea c h : il primo è del 2013, quando furono violati 153 milioni di account Adobe. Anche in quel caso la crittograf­ia della password non era stata eseguita correttame­nte ed era

stato facilissim­o ricavare il testo normale. L’indirizzo mail è anche in una lista denominata “Ex ploit . it”, diffusa a fine 2016: 593 milioni di indirizzi email univoci, molti dei quali con password diverse e sottratte a vari sistemi. Questo non significa che quei dati siano nelle mani di qualche criminale, ma il rischio c’è. Nel dubbio, perché non cambiare password?

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Ansa Cinguetii in pericolo Jack Dorsey, il fondatore e amministra­tore di Twitter
 ?? LaPresse ?? Attacchi informatic­i Il sito dove si può verificare se la propria mail è finita in un data breach
LaPresse Attacchi informatic­i Il sito dove si può verificare se la propria mail è finita in un data breach

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