Tra Libia e Italia il grande imbroglio dei soccorsi in mare
Nessuno lo Sar L’Ue ha dato a Roma 1,8 milioni per aiutare Tripoli, che però non ha ancora indicato l’area di competenza sui naufragi
C’è un fantasma che aleggia sul Mediterraneo centrale. Per gli addetti ai lavori ha una sigla, Lmrcc, ovvero Libyan Maritime Rescue Coordination Centre, centro di coordinamento libico per i salvataggi in mare. Sulla carta ogni Stato costiero dovrebbe averne uno, dotato dei sistemi di comunicazione necessari per salvare la vita ai naufraghi, o per intervenire su una nave con problemi anche sanitari urgenti. Serve tempismo, ci vogliono motovedette attrezzate ed equipaggi addestrati. A Tripoli, capitale di quella parte di Libia sotto il controllo di Al Serraj, il governo partner dell’Italia e dell’Unione europea, non c’è però nessuna traccia del centro di coordinamento. Ci sono tante buone intenzioni, uno scambio di lettere di intenti con l’organizzazione internazionale marittima, Imo, e un progetto da 1,8 milioni di euro provenienti da Bruxelles, gestito dalla Guardia costiera italiana. In mare, nel contempo, la Marina Militare – alle dipendenze del ministero della Difesa del nostro paese – ha riesumato un vecchio accordo con i libici, il progetto Nauras, inaugurato nel 2002 quando ancora governava Gheddafi.
UN INCROCIO DI COMPETENZE che convergono sull’obiettivo di mostrare la Guardia costiera libica in grado di garantire gli interventi di salvataggio dei migranti. Con una conseguenza diretta, i naufraghi riportati nel punto di partenza, ovvero i centri di detenzione di Tripoli, governo che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra e, dunque, considerato posto non sicuro per chi tenta di fuggire dal continente africano.
I dati diffusi dalle organizza- zioni internazionali che si occupano di migrazioni e profughi disegnano con chiarezza la presenza sulla scena del Mediterraneo centrale delle motovedette libiche, chiamate in causa – come mostrano le carte dell’inchiesta sulla nave della Ong Open Arms – dal doppio comando.
Da una parte la Guardia costiera italiana, che gestisce il coordinamento dei salvataggi di Roma, dall’altra la Marina Militare, che ai libici fornisce supporto logistico. Numero di telefono incluso, come ha rivelato il Fatto.
Per diradare nebbie e fantasmi abbiamo chiesto, con un accesso Foia, al Comando generale della Guardia costiera italiana notizie sulla costituzione del centro di coordinamento dei salvataggi di Tripoli e sulla attivazione, da parte del governo di Al Serraj, della regione di competenza per le attività Search and Rescue.
UN GRUPPO DI ASSOCIAZIONIha in questi giorni presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia “per aver coordinato la Guardia Costiera Libica nei respingimenti che hanno portato ad abusi e al decesso di migranti”.
“La Libia risulta aver dichiarato, in data 14 dicembre 2017, quale propria Search and Rescue area (Sar, zona di ricerca e salvatag- gio), l’area coincidente con i confini della propria Flight Information Region (Fir)”, scrive nella risposta all’accesso agli atti la Guardia costiera italiana. Dimenticando, però, di aggiungere che questa dichiarazione in realtà non è mai stata inserita – dai libici, aiutati dal governo italiano nella progettazione – all’interno del database pubblico delle zone Sar, come confermato al Fatto d al l’I mo : “Non c’è nessun record inserito dal governo libico nel sistema Gisis – ha risposto l’ufficio londinese dell’organizzazione internazionale marittima – e tocca alle parti caricare le informazioni necessarie, come da obblighi previsti dalle Convezioni rilevanti”. Dal momento della dichiarazione della Sarzone sono passati quasi 5 mesi, ma quei dati non sono mai stati caricati. Il motivo? Ignoto, anche per l’Imo. “Provate a contattare le autorità libiche”, spiegano da Londra. Nessuna risposta è però arrivata da Tripoli.
Anche il progetto per la realizzazione del centro di coordinamento libico – ovvero la centrale che dovrebbe coordinare i salvataggi, pezzo essenziale per gestire la zona Search and Rescue– al momento sembra fermo. I fondi europei servivano per preparare “uno studio di supporto all’attuale quadro giuridico-normativo di riferimento in campo marittimo libico”, realizzare “un assessment sulle attuali capacità della Guardia costiera libica” e, infine, presentare “un progetto dettagliato per la creazione di un Mrcc e supporto alle Autorità libiche ”. Per i dettagli la risposta della Guardia costiera rimanda al sito istituzionale, dove, però, i resoconti dell’avanzamento del progetto sono fermi a 6 mesi fa. Del progetto finale al momento non c’è traccia, così come nulla è dichiarato sulla creazione del Mrcc di Tripoli.
Il primo tentativo di dichiarazione – lo scorso luglio – era andato a vuoto. Coordinate sbagliate, errori grossolani, tanto da dover riscrivere tutto, con l’aiuto dell’Italia. Per ora la Sar zone libica è appena una scatola vuota.
miglia nautiche ovvero circa 180 chilometri l’ampiezza della Sar libica Le date
Tra Italia e Libia è ancora in funzione il progetto Nauras inaugurato nel 2002: condivisione di competenze delle Guardie Costiere
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La Libia risulta aver dichiarato come Search and Rescue area (Sar) l’area coincidente con i confini della propria Flight Information Region (Fir) 6
A oggi la Sar libica non è ancora stata ufficializzata