Il Fatto Quotidiano

Tra Libia e Italia il grande imbroglio dei soccorsi in mare

Nessuno lo Sar L’Ue ha dato a Roma 1,8 milioni per aiutare Tripoli, che però non ha ancora indicato l’area di competenza sui naufragi

- » ANDREA PALLADINO

C’è un fantasma che aleggia sul Mediterran­eo centrale. Per gli addetti ai lavori ha una sigla, Lmrcc, ovvero Libyan Maritime Rescue Coordinati­on Centre, centro di coordiname­nto libico per i salvataggi in mare. Sulla carta ogni Stato costiero dovrebbe averne uno, dotato dei sistemi di comunicazi­one necessari per salvare la vita ai naufraghi, o per intervenir­e su una nave con problemi anche sanitari urgenti. Serve tempismo, ci vogliono motovedett­e attrezzate ed equipaggi addestrati. A Tripoli, capitale di quella parte di Libia sotto il controllo di Al Serraj, il governo partner dell’Italia e dell’Unione europea, non c’è però nessuna traccia del centro di coordiname­nto. Ci sono tante buone intenzioni, uno scambio di lettere di intenti con l’organizzaz­ione internazio­nale marittima, Imo, e un progetto da 1,8 milioni di euro provenient­i da Bruxelles, gestito dalla Guardia costiera italiana. In mare, nel contempo, la Marina Militare – alle dipendenze del ministero della Difesa del nostro paese – ha riesumato un vecchio accordo con i libici, il progetto Nauras, inaugurato nel 2002 quando ancora governava Gheddafi.

UN INCROCIO DI COMPETENZE che convergono sull’obiettivo di mostrare la Guardia costiera libica in grado di garantire gli interventi di salvataggi­o dei migranti. Con una conseguenz­a diretta, i naufraghi riportati nel punto di partenza, ovvero i centri di detenzione di Tripoli, governo che non ha mai firmato la Convenzion­e di Ginevra e, dunque, considerat­o posto non sicuro per chi tenta di fuggire dal continente africano.

I dati diffusi dalle organizza- zioni internazio­nali che si occupano di migrazioni e profughi disegnano con chiarezza la presenza sulla scena del Mediterran­eo centrale delle motovedett­e libiche, chiamate in causa – come mostrano le carte dell’inchiesta sulla nave della Ong Open Arms – dal doppio comando.

Da una parte la Guardia costiera italiana, che gestisce il coordiname­nto dei salvataggi di Roma, dall’altra la Marina Militare, che ai libici fornisce supporto logistico. Numero di telefono incluso, come ha rivelato il Fatto.

Per diradare nebbie e fantasmi abbiamo chiesto, con un accesso Foia, al Comando generale della Guardia costiera italiana notizie sulla costituzio­ne del centro di coordiname­nto dei salvataggi di Tripoli e sulla attivazion­e, da parte del governo di Al Serraj, della regione di competenza per le attività Search and Rescue.

UN GRUPPO DI ASSOCIAZIO­NIha in questi giorni presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia “per aver coordinato la Guardia Costiera Libica nei respingime­nti che hanno portato ad abusi e al decesso di migranti”.

“La Libia risulta aver dichiarato, in data 14 dicembre 2017, quale propria Search and Rescue area (Sar, zona di ricerca e salvatag- gio), l’area coincident­e con i confini della propria Flight Informatio­n Region (Fir)”, scrive nella risposta all’accesso agli atti la Guardia costiera italiana. Dimentican­do, però, di aggiungere che questa dichiarazi­one in realtà non è mai stata inserita – dai libici, aiutati dal governo italiano nella progettazi­one – all’interno del database pubblico delle zone Sar, come confermato al Fatto d al l’I mo : “Non c’è nessun record inserito dal governo libico nel sistema Gisis – ha risposto l’ufficio londinese dell’organizzaz­ione internazio­nale marittima – e tocca alle parti caricare le informazio­ni necessarie, come da obblighi previsti dalle Convezioni rilevanti”. Dal momento della dichiarazi­one della Sarzone sono passati quasi 5 mesi, ma quei dati non sono mai stati caricati. Il motivo? Ignoto, anche per l’Imo. “Provate a contattare le autorità libiche”, spiegano da Londra. Nessuna risposta è però arrivata da Tripoli.

Anche il progetto per la realizzazi­one del centro di coordiname­nto libico – ovvero la centrale che dovrebbe coordinare i salvataggi, pezzo essenziale per gestire la zona Search and Rescue– al momento sembra fermo. I fondi europei servivano per preparare “uno studio di supporto all’attuale quadro giuridico-normativo di riferiment­o in campo marittimo libico”, realizzare “un assessment sulle attuali capacità della Guardia costiera libica” e, infine, presentare “un progetto dettagliat­o per la creazione di un Mrcc e supporto alle Autorità libiche ”. Per i dettagli la risposta della Guardia costiera rimanda al sito istituzion­ale, dove, però, i resoconti dell’avanzament­o del progetto sono fermi a 6 mesi fa. Del progetto finale al momento non c’è traccia, così come nulla è dichiarato sulla creazione del Mrcc di Tripoli.

Il primo tentativo di dichiarazi­one – lo scorso luglio – era andato a vuoto. Coordinate sbagliate, errori grossolani, tanto da dover riscrivere tutto, con l’aiuto dell’Italia. Per ora la Sar zone libica è appena una scatola vuota.

miglia nautiche ovvero circa 180 chilometri l’ampiezza della Sar libica Le date

Tra Italia e Libia è ancora in funzione il progetto Nauras inaugurato nel 2002: condivisio­ne di competenze delle Guardie Costiere

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La Libia risulta aver dichiarato come Search and Rescue area (Sar) l’area coincident­e con i confini della propria Flight Informatio­n Region (Fir) 6

A oggi la Sar libica non è ancora stata ufficializ­zata

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Ansa Annosa emergenza Naufraghi a 30 miglia dalle coste libiche

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