Il Fatto Quotidiano

Il Giro con la stella di David: tutti pazzi per Elia il profeta

Seconda tappa Da Haifa a Tel Aviv vince Viviani: Dumoulin cede la maglia rosa a Dennis. Spese ingenti ma anche ritorno d’immagine

- » LEONARDO COEN

Nel giorno dello shabbath , Israele scopre il ciclismo: due milioni di spettatori lungo i 167 chilometri della seconda tappa da Haifa a Tel Aviv. Un miracolo, spirituali­tà e trascenden­za del Giro in Terrasanta. Il messia di ieri ha il nome di un grande profeta, Elia. Quello di Viviani, campione olimpico di omnium (specialità della pista), che ha vinto con una volata poderosa: “Non è scontato che quando il Giro va all’estero ci sia così tanta gente sulle sue strade. Alla premiazion­e la folla era una marea che si perdeva a vista d’occhio: mi ha commosso, da corridore sono orgoglioso che il ciclismo sia così popolare anche dove è agli inizi, è un ricordo che io e gli altri del gruppo ci porteremo nel cuor per sempre”. Viviani si rammarica di non aver potuto visitare Gerusalemm­e come meritava, ma è rimasto contagiato dall’entusiasmo degli israeliani.

ANCHE SE è uno sfizio costato ben 120 milioni di shekel (27 milioni e mezzo di euro, ossia 67.996 euro per ognuno dei 405,7 chilometri previsti in Terrasanta). Soldi a fondo perduto? Mica tanto. Trenta milioni li hanno stanziati i ministeri del Turismo e dei Trasporti. Poiché ci sono state difficoltà all’inizio nella ricerca degli sponsor - prevaleva una certa diffidenza - è stato il miliardari­o canadese di origini ebraiche Sylvan Adams a finanziare la maggior parte delle spese. Due anni fa, con la moglie Margaret, ha compiuto la suaaliyah, cioè la “salita”, l’im mi gr az io ne in Israele. Medaglia d’oro di ciclismo amatoriale alle Maccabiadi, magnate dell’immobiliar­e, ha abbinato la passione della bicicletta all’aspirazion­e politica (ed economica) di promuovere l’i mmagine di Israele grazie allo sport, con l’a ppoggio determinan­te delle autorità. Una scommessa vinta, dicono oggi da Netanyahu in giù. Ma non è l’opinione dei palestines­i, che hanno considerat­o “uno schiaffo alle leggi internazio­nali” il grande via a Gerusalemm­e, un modo per “promuovere la coloniale narrazione israeliana sulla Città Santa e i Territori occupati”, come ha dichiarato polemicame­nte il vicegovern­atore palestines­e Abdallah Siam. Mentre Dumoulin vinceva la crono d’esordio - l’ultimo a partire è stato il più veloce ad arrivare, in fondo una metafora quasi biblica - pochi chilometri più a est, un centinaio di ciclisti pedalavano da Ramallah, la capitale cisgiordan­a, sino al checkpoint di Qalandia, a nord di Gerusalemm­e, dove hanno dispiegato la bandiera palestines­e. Un gesto simbolico. Ignorato dai media, schierati a “coprire” l’eccezional­e evento del Giro sullo sfondo della Città Vecchia.

TRADOTTO in pecunia, un business geniale. La copertura mediatica riporterà infatti nelle casse del Comtec Group, la società di produzione del “Big Start Israel”, dai 12 ai 15 milioni di dollari (la valuta dei network televisivi) in diritti TV. Sono arrivati per il Giro in Israele più di 10 mila turisti che hanno prodotto un movimento di almeno 50 milioni di shekel (11,5 milioni di euro). Parecchi milioni lì genererà il merchandis­ing, legato in particolar­e alla squadra Israel Cycling Academy i cui colori sono quelli nazionali. Le spese per portare il Giro sono state ingenti, gli ingaggi dei campioni hanno pesato. Ma il ritorno d’immagine compenserà l’eventuale buco.

Quanto alla corsa, Dumoulin ha perso volutament­e la maglia rosa al traguardo di Cesarea, dando il via libera a Rohan Dennis, secondo della crono di Gerusalemm­e, e marcando stretto invece il belga Victor Campenaert­s. La Bmc di Dennis sarà un forte alleato.

Pareri diversi

I palestines­i giudicano la gara uno “schiaffo alle leggi internazio­nali”. Netanyahu esulta

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