Il Fatto Quotidiano

“Ho denunciato i colleghi su Cucchi Adesso ho paura”

RiccardoCa­samassima Il carabinier­e riferì ai pm: “Dicevano che era stato massacrato”. Oggi racconta le pressioni nell’Arma: “Non mi sento tutelato”

- » GIUSEPPE PIPITONE

Ha denunciato i suoi colleghi: sulla morte di Stefano Cucchi sapevano più di quello che avevano detto. È andato dal pm Giovanni Musarò e ha messo a verbale i commenti ascoltati in caserma. Ma adesso che dovrà andare in aula a confermare le sue accuse, l'appuntato scelto Riccardo Casamassim­a ha paura. Il motivo? “Le pressioni non mancano e io non mi sento tutelato”, dice il carabinier­e che da due anni lavora nello stesso reparto di Roberto Mandolini, finito a processo a causa delle sue parole. Mandolini è il maresciall­o che il 15 ottobre 2009 era a capo della stazione Appia, da dove partirono i carabinier­i autori dell’arresto di Cucchi. “Dopo qualche giorno – racconta Casamassim­a – è venuto nella caserma di Tor Vergata, dove io lavoravo, si è messo la mano sulla fronte e ha detto: “È successo un casino ragazzi, hanno massacrato di botte un arrestato”. Poi è entrato nell’ufficio del comandante Enrico Mastronard­i e ha fatto proprio il nome di Cucchi. Nella stanza c'era anche la mia compagna, pure lei nell’Arma”. Lei dice di aver ricevuto anche le confidenze di un altro carabinier­e: quali? Sabatino Mastronard­i, figlio di Enrico (entrambi indagati per false informazio­ni ai pm ndr), mi disse: “Guarda, non si sono proprio regolati. Non ho mai visto una persona massacrata di botte così”. Mastronard­i ai pm non ha confermato quelle parole. No, ma io questo lo so solo perché è finito sui giornali. Poi nel 2015 lei decide di parlare: perché sei anni dopo? Perché non avevo seguito la vicenda fino ad allora. Non sapevo quanto potessero essere importanti quelle parole. Quando denuncia era ancora in servizio a Tor Vergata? No, ero nella compagnia speciale. Poi nel 2016 mi hanno portato nel battaglion­e Tor di Quinto. Dove lavora anche Mandolini. È per questo motivo che chiedo di essere trasferito per ricongiung­imento familiare.

Cosa le rispondono?

Che la mia domanda è inaccettab­ile perché io e la mia compagna non siamo sposati. Ma le circolari del comando generale equiparano la convivenza al matrimonio.

Ha fatto presente che lavora con un collega da lei denunciato?

Lo sanno. C'è già stata una discussion­e con Mandolini. Gli ho detto: “Perché non vai dal pm”? Lui mi fa: “Il pm ce l’ha a morte con me”. Ma non c’è solo questo. Da quando si è saputo della mia denuncia io e la mia compagna abbiamo cominciato ad avere paura.

Perché?

Le pressioni non sono mancate.

Che tipo di pressioni? Appena si è venuto a sapere che avevo testimonia­to, hanno aperto a mio carico una serie di procedimen­ti disciplina­ri. Solo per fare un esempio: al carabinier­e che a Firenze è stato accusato di esporre in ufficio una bandiera nazista hanno dato 3 giorni di consegna. A me già dieci.

Ma questi procedimen­ti a cosa si riferiscon­o?

Uno è per un incidente d’auto che non poteva essere aperto perché erano scaduti i termini. È un fatto del 2014 e un procedimen­to disciplina­re può essere aperto entro un anno. Dieci giorni di consegna però sono tanti: che altri procedimen­ti ha avuto?

Uno è legato a un post facebook in cui criticavo la rappresent­anza militare ( una specie di sindacato interno ai carabinier­i ndr). Un altro perché ho rilasciato un’intervista senza autorizzaz­ione: volevo replicare alle accuse che Mastronard­i mi aveva fatto sui giornali. Che altre pressioni ha ricevuto?

Continuano a farmi lavorare con un collega che su facebook ha chiamato me e la mia compagna “pezzi di merda”. Ho chiesto quattro volte di parlare con l’allora comandante generale ( Tullio Del Sette ndr) senza successo. C’è un rifiuto reiterato a incontrarm­i: se non sono pressioni queste, cosa sono? Prima del caso Cucchi io ho denunciato una serie di cose: assenteism­o, associazio­ni onlus gestite da carabinier­i, verbali d’arresto falsificat­i. So come funziona.

Il 15 maggio è fissata la vostra testimonia­nza in aula: lei e la sua compagna vi presentere­te?

Non lo sappiamo, stiamo valutando cosa fare: ci sentiamo abbandonat­i.

Intendete non andare in tribunale? Rischia l'accompagna­mento coatto. Senza considerar­e che rischiate di minare la vostra credibilit­à. È vero, dobbiamo andare per forza. Ma se non è questa volta, andremo la prossima. Vogliamo si sappia che siamo spaventati perché ci hanno lasciati soli.

Si è pentito di essere andato dal pm?

No, perché penso al dolore vissuto dalla famiglia Cucchi. Sono andato dal pm anche perché tutte le più alte cariche dello Stato dicevano: chi sa deve parlare. Noi abbiamo parlato ma siamo diventati carne da macello.

Mi hanno riempito di procedimen­ti disciplina­ri, l’ex comandante Del Sette non mi ha mai ricevuto

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Ansa La morte nel 2009 L’avvocato Corrado Oliviero mostra le foto di Stefano Cucchi durante il processo

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