Segretario e candidato premier: la carta Gentiloni smuove il Pd (Renzi permettendo)
Il “federatore” I non renziani preparano l’affondo all’assemblea di fine mese
“Il governo presieduto dall’onorevole Gentiloni, che ringrazio per il lavoro che ha svolto e sta svolgendo in questa situazione anomala, ha esaurito la sua funzione e non può essere ulteriormente prorogato in quanto espresso da una maggioranza parlamentare che non c'è più”. Durante quello che è in tutto e per tutto un atto di accusa contro i veti incrociati dei partiti, Sergio Mattarella dedica un pensiero non solo rispettoso, ma anche premuroso, a Paolo Gentiloni. “Ce lo ha restituito per impegnarsi nel Pd e fare la campagna elettorale”, commenta a caldo un big dem. E infatti, nell’ottica di una due giorni che ha visto il presidente del Consiglio andare da Fabio Fazio ad affermare che “dire di no a Mattarella è dire di no all’Italia” la scelta del presidente è anche un modo per preservarlo, Gentiloni. Negli ultimi giorni sta crescendo il pressing sul premier per convincerlo a essere lui il frontman della campagna elettorale, il candidato premier (anche se il Rosatellum non ne prevede l’indicazione), il “f ed e- ratore” della coalizione che comunque andrà costruita, stavolta a partire da Liberi e Uguali. E Renzi? Sembra destinato ad essere sempre più marginalizzato, a meno di colpi di coda.
Le giornate sono convulse per tutti, per il Pd sono doppiamente caotiche. Il partito è ormai diviso a metà tra renziani e anti renziani, con un ex segretario, che fa il leader ombra e il Reggente, Mau- rizio Martina non legittimato dagli organismi dirigenti del Pd. Così, al Nazareno si susseguono le riunioni. In mattinata, c’è un vero gabinetto di guerra: Franceschini, Orlando, Cuperlo, Fassino e Antoci in rappresentanza di Michele Emiliano. Presenti anche Ettore Rosato, i capigruppo Graziano Delrio e Andrea Marcucci, Lorenzo Guerini, Andrea Romano, Matteo Orfini e i ministri Marco Minniti e Carlo Calenda. L’ex premier è a Firenze.
Prima di tutto c’è un’ Assemblea da fare. Dovrà essere convocata a stretto giro di posta: data cerchiata sul ca- lendario, il 26 maggio. Se il voto sarà a luglio, eleggerà un segretario, ma non indirà il congresso. Se si dovesse votare a settembre, i renziani spingeranno per le primarie a luglio.
In Assemblea, la scelta della minoranza, ma anche dei big anti renziani e di molti ancora ufficialmente vicini a Renzi (un’area che va da Orlando a Zingaretti, da Franceschini a Richetti) ricadrà su Gentiloni. Sempre che lui accetti: Renzi non si esprime: non gli è piaciuto il fatto che, da Fazio, Gentiloni abbia criticato il suo stop al dialogo con i Cinque Stelle. Un candidato
L’incognita liste Chi deciderà le candidature? L’ipotesi di un “terzetto” o il rinnovo degli uscenti
non ce l’ha, ma su Gentiloni non vuole convergere. A queste condizioni, però, il premier non è disponibile: se non può esercitare una vera leadership, il tema non si pone.
La prima reazione al discorso di Mattarella arriva da Martina: “Il Pd non farà mancare il suo sostegno all’iniziava preannunciata ora dal pre- sidente”. L’aveva detto anche all’uscita dalle consultazioni. Renzi stavolta non vuole essere da meno e fa filtrare “apprezzamento”.
Il Pd è il partito che più rischia di essere penalizzato dalle elezioni. E poi c’è un tema: chi fa le liste? Girano varie ipotesi: c’è chi parla di un triumvirato. Ma Renzi fa dif- fondere il suo progetto: soprattutto in caso di voto a luglio, non ci sarebbe tempo di fare liste completamente nuove, quindi andrebbe confermato almeno l’ 80% dei parlamentari. Evidentemente un modo per cercare di mantenere a oltranza la presa sui gruppi parlamentari. Ennesima battaglia all’orizzonte. Anche perché ormai nel Pd la convinzione è che comunque non si può andare avanti così, che sarebbe molto meglio andare verso una scissione ulteriore. Peccato che – per ora – nessuno si senta in grado di intraprendere l’operazione. Per Renzi con il voto subito non ci sono i tempi. Senza contare che il timore è che non ci sarebbero i voti.