Inflazione e delusione l’Argentina ha paura di un nuovo crac
Il governo Macri ha promesso lotta a povertà e corruzione: le riforme sono arenate
L’Argentina pare ripiombare nel caos economico e sociale del 2001, con la Banca centrale costretta finora ad aumentare i tassi d’interesse del 40% da inizio anno, ma secondo il governo di Buenos Aires la situazione è ben diversa da quella del crac finanziario del 2001. Però intanto riecco la fuga di capitali, dopo l’impennata del cambio col dollaro, arrivato a superare i 24 pesos per poi scendere a 22,30 dopo l’immissione sul mercato di un massiccio quantitativo di valuta statunitense.
La situazione, che i mercati internazionali definiscono rischiosa per l’Argentina, rivela le difficoltà nelle quali si trova il governo Macri, che sta attraversando la sua peggiore crisi dal 2015, anno della sua elezione. Ciò che preoccupa è l’impatto su un tessuto sociale già lacerato da una politica di rincari energetici che questa manovra ha accentuato e che mette a nudo il principale difetto del governo: la mancanza di una comunicazione in grado di spiegare le decisioni che si aggiunge al sostanziale fallimento della politica di gradualismo delle riforme di uno Stato ereditato in condizioni economiche disastrose.
Fin dall’in sed ia me nt o, Macri ha promesso diminu- zione della povertà, più sicurezza e la lotta a narcotraffico e corruzione. Anche attraverso l’instaurazione di un vero Stato di diritto: cosa che però non è stata raggiunta proprio a causa della gradualità nella riforma di un sistema che invece necessità di misure di cambiamento drastiche. Perciò a esempio la Giustizia manca di un decreto che velocizzi i processi, in modo da poter anche da reinizio alla promessa operazione“Mani Pulite” sulla gigantesca corruzione non solo del sistema politico ma pure di quello sindacale. Sul fronte economico, dopo un inizio costellato di successi ( Tango bond, cambio del dollaro e inflazione controllata, soluzione di gestioni fallimentari di Aerolineas Argentinas e Banco Nacion, con i responsabili di questi risultati inspiegabilmente allontanati) e l’inizio di grandi opere necessarie ma mai realizzate negli ultimi 15 anni (anche se pagate interamente dallo Stato, causa della gigantesca corruzione) le cose hanno cominciato a mettersi male a partire dagli iperbolici aumenti delle fatture energetiche.
SE DURANTEi governi kirchneristi, attraverso gigantesche sovvenzioni statali, nella sola Buenos Aires le bollette di luce e gas costavano in media meno di una tazzina di caffè, gli aumenti iniziali anche del 500%, poi ulteriorment e i nc r em e nt at i dal ministro dell’Energia Aranguren, ex dirigente Shell, uniti a una politica fiscale altrettanto onerosa, hanno colpito soprattutto quella classe media e le piccole e medie imprese, settori che hanno costituito il bacino dell’elettorato macrista. E sono la causa dell’aumento dei prezzi al consumo con conseguente spirale infla- zionistica che, sebbene lontana dal 40% del 2016 è attualmente al 24% (ben superiore al 15% promessa).
Nonostante i tassi di disoccupazione e di povertà siano diminuiti, anche se di poco, la mancanza di riforme ha di fatto allontanato quella “pioggia di investimenti stranieri” p r om e ss a ma mai realizzatasi nei fatti. Crisi non paragonabile al tragico 2001, e pure a un peronismo che possa far saltare il governo come già acca- duto sia ai tempi di Alfonsin (1987) che De La Rua nell’anno di quel default. Secondo molti osservatori l’Argentina, come accaduto in altri Paesi latinoamericani, deve puntare su piani di sviluppo, con relativi sacrifici, con la più alta condivisione possibile sia politica che sindacale e imprenditoriale. Il governo deve riuscire a rimediare al più presto agli errori sconfiggendo il suo principale nemico: se stesso.
Conto salato
Per molti il brusco risveglio con le tariffe dell’energia alle stelle dopo anni di prezzi calmierati