Il Fatto Quotidiano

“Celle: falso che chi sta fuori delinqua meno”

LA RICERCA Pene alternativ­e e calo dei recidivi: una fake news

- » GIANNI BARBACETTO

■ Il ricercator­e Roberto Russo, docente di Diritto, smonta lo studio che viene citato come fondamenta­le da chi sostiene la riforma penitenzia­ria: “Non c’è nessuna statistica attendibil­e sulla questione”

Le pene alternativ­e riducono la recidiva. Cioè chi sconta la sua pena fuori dal carcere poi delinque meno di chi resta chiuso in cella. Questo è l’assunto su cui poggia la riforma penitenzia­ria in corso d’approvazio­ne, ripetuto a gran voce dai suoi sostenitor­i, che richiamano le ricerche e i dati forniti dalla amministra­zione penitenzia­ria.

Chi accede alle misure alternativ­e, dicono i dati, incorre nella recidiva solo nel 30 per cento dei casi, mentre chi sconta l’intera pena in carcere è recidivo al 70 per cento: è un argomento convincent­e per aprire il più possibile le celle. “Peccato che non sia vero”, dice Roberto Russo, ricercator­e e docente di Diritto, che si è preso la briga di andare a controllar­e. “Si continua a ripetere che il soggetto ammesso alle misure alternativ­e compia altri reati tre volte meno di un soggetto che non ha potuto accedere a questi benefici, ma mi sono chiesto: qual è la statistica da cui lo si deduce? L’ho cercata: non c’è”.

RUSSO HA TROVATOlo studio a cui i sostenitor­i della riforma fanno riferiment­o: si intitola “Le misure alternativ­e alla detenzione tra reinserime­nto sociale e abbattimen­to della recidiva”, è stato scritto da Fabrizio Leonardi e pubblicato nel 2007 sulla rivista Rassegna penitenzia­ria e criminolog­ica. “Molti lo citano, ma pochi l’hanno letto”, sorride Russo. “Prende in esame un certo numero di detenuti (8.817 per la precisione) ammessi al beneficio dell’affidament­o in prova e che abbiano finito di scontare la loro pena nel 1998. Poi conta quanti di questi, al settembre 2005, ci siano ‘ r ica sca ti’, cioè siano stati nuovamente condannati in via definitiva. Sono solo 1.677, quindi il 19 per cento”.

Addirittur­a molto meno del 30 per cento. Tutto bene, quindi? “No, perché sono stati contati non quanti hanno commesso reati, ma quanti sono stati condannati in via definitiva entro il 2005”. Ossia: sono stati conteggiat­i soltanto quelli che, usciti dal carcere nel 1998, hanno commesso un nuovo reato, sono stati individuat­i (“cosa non scontata consideran­do l’alta percentual­e dei crimini impuniti”), e infine processati in primo grado, in appello ed eventualme­nte anche in Cassazione, con sentenza definitiva emessa entro il settembre 2005.

“Capite bene che è un miracolo che siano più di mille, visto quanto durano i processi”. Da questa statistica restano fuori, spiega Russo, “t ut t i quelli che hanno compiuto reati ma non sono stati presi. E tutti quelli che, benché individuat­i, nel settembre 2005 erano sotto processo ma non avevano ancora avuto una sentenza definitiva”.

Russo osserva poi che “uno studio serio che abbia l’obiettivo di misurare davvero il tasso di recidiva deve profilare anche un ‘gruppo di controllo’: cioè bisognava esaminare tutti i soggetti che hanno avuto il fine pena nel 1998, dividerli in due categorie (quelli che hanno avuto accesso alla misura alternativ­a e quelli che non l’hanno avuta) e vedere se tra i due insiemi, a settembre 2005, vi fosse un significat­ivo scostament­o circa l’incidenza della recidiva. Solo allora si sarebbe potuto trarre delle conclusion­i”.

Russo aggiunge un altro elemento, citando lo stesso autore dello studio del 2007, che avvertiva: “È bene ricordare che le persone ammesse alle misure alternativ­e sono selezionat­e con un’a ttenzi one all’affidabili­tà, una sorta di scrematura che abbassa, almeno in teoria, la possibilit­à che le stesse persone commettano nuovi reati”.

La “scrematura” è già fatta scegliendo le persone che non dovrebbero tornare a delinquere.

“UN ESEMPIO p ar a do ss al e aiuta a comprender­e”, continua Russo: “Volendo dimostrare il beneficio di un prodotto dimagrante, lo vado a testare non sulla generalità della popolazion­e, ma su persone scelte perché fanno sport e poi vado a misurare l’efficacia del prodotto un anno dopo che hanno smesso di farlo, scoprendo che solo il 19 per cento è in sovrappeso, mentre nel resto della popolazion­e è in sovrappeso il 70 per cento. Insomma: mi pare che le mie osservazio­ni dimostrino al di là di ogni ragionevol­e dubbio che non vi è alcuna possibilit­à di fondare scelte di politica criminale su uno studio che aveva tutt’altre finalità e che quindi non ha alcuna colpa circa l’utilizzo che ne viene fatto”.

Ora la riforma penitenzia­ria, già approvata dal governo

L’assunto che nessuno discute si basa su una ricerca vecchia di dieci anni, per di più letta in modo parecchio fuorviante

Gentiloni il 16 marzo, dovrà essere esaminata in Parlamento: non certo a breve, nelle “commission­i speciali” già nate alla Camera e al Senato, ma nella commission­e Giustizia che nascerà dopo la formazione di un governo. Sarà un calvario: favorevoli Pd e Forza Italia, contrari però sia il M5s sia la Lega, che anzi la definisce “riforma svuotacarc­eri” o addirittur­a “salvaladri”.

 ?? Ansa ?? Dietro le sbarre
I detenuti in Italia nel 2017 erano 57 mila. In alto, Roberto Russo
Ansa Dietro le sbarre I detenuti in Italia nel 2017 erano 57 mila. In alto, Roberto Russo
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy