MEDIASET PER B. VAL BENE QUESTA MESSA CANTATA
“Qualsiasi cosa sia stata detta allora per spiegare e giustificare l’anomalia italiana chiamata Silvio Berlusconi, il suo controllo dittatoriale sui mezzi d’informazione italiani rappresentava una reale e funesta minaccia per la democrazia”
(da “L’ombra del potere” di David Lane – Laterza, 2005 – pag. 351)
Fin dai tempi della fatidica “discesa in campo”, ed è passato ormai un quarto di secolo, sappiamo tutti che Silvio Berlusconi fa politica principalmente per difendere le proprie aziende e i propri affari. È da qui che deriva il suo macroscopico conflitto d’interessi, generato dal doppio ruolo di imprenditore e leader di Forza Italia, ex parlamentare ed ex presidente del Consiglio. Un conflitto tanto più grave e insanabile perché Mediaset, o meglio la finanziaria che la controlla, è titolare di una concessione pubblica televisiva rilasciata dallo Stato, in forza della quale la concentrazione del Biscione raccoglie pubblicità e fattura oltre 3 miliardi e mezzo di euro all’anno, a danno di tutti gli altri media.
Non c’è poi molto da meravigliarsi se alla fine l’ex Cavaliere accetta di dare via libera a un accordo fra il suo maggior alleato Matteo Salvini e il suo maggior nemico Luigi Di Maio. E pazienza se il giovane Alessandro Di Battista, autore di libri per “Mondazzoli”, ha definito recentemente Berlusconi “il male assoluto”. Forza Italia non voterà la fiducia, non farà parte del futuro governo e anzi si riserva di metterlo in crisi se e quando lo riterrà opportuno. Mediaset val bene una messa cantata.
NASCERÀ con questa pesante ipoteca, se effettivamente nascerà, il governo dei dioscuri che sulla carta ha un margine di una trentina di voti a Montecitorio e di una mezza dozzina a Palazzo Madama. Naturalmente, c’è da prevedere che verrà accantonata o disinnescata quella legge sul conflitto d’interessi che era un caposaldo del programma elettorale dei Cinquestelle. E la maggioranza giallo-verde, come ha già fatto per le nomine alla Camera e al Senato, con ogni probabilità occuperà “manu militari” la Rai per evitare che possa interferire troppo con gli affari di Berlusconi.
È vero che in questo momento l’Italia ha ben altri problemi e altre preoccupazioni da affrontare: la crisi economica e sociale, il lavoro che manca, il debito pubblico, il degrado del Sud e via discorrendo. Ma si possono risolvere tutti questi nodi al di fuori di un contesto democratico dell’informazione? Si può trattare di occupazione, reddito di cittadinanza o d’inclusione, tasse, pensioni, sanità, scuola e quant’altro, violando il pluralismo e la libera concorrenza?
Vedremo che cosa saranno capaci di fare Salvini e Di Maio nell’interesse generale del Paese, se il loro “contratto” sarà approvato dalla votazione online annunciata da Casaleggio. E se faranno bene, non potremo che compiacerci. Ma se dovessero anteporre gli interessi aziendali, personali e familiari di Sua Emittenza a tutto il resto, dovremmo concludere tristemente che la “rivoluzione” è peggio della “restaurazione” e, anzi, può diventare un tradimento delle aspettative e delle esigenze degli elettori.
Al di là delle acrobazie di Berlusconi, sta di fatto che Salvini è suo alleato e alle ultime Politiche ha raccolto i voti in coalizione con Forza Italia: per la proprietà transitiva, quindi, chi si allea ora con la Lega si allea anche con il Caimano, per quanto possa rimanere in agguato. È lui che tiene in mano le sorti dei dioscuri. Se l’ipotetico accordo tra Renzi è Berlusconi era un “inciucio”, lo è anche quello tra Di Maio e Salvini: dal “governo Renzusconi”, si rischia così di passare al “governo Grillusconi”.