L’ITALIA, UNA REPUBBLICA FONDATA SU GIANNI LETTA
L’Italia è una Repubblica fondata su Gianni Letta. Se avremo un governo, lo dobbiamo a lui. Nei palazzi di Roma, stando ai retroscena, non si muove foglia che Gianni Letta non voglia. Presidente di una Repubblica parallela (quella venerea e baldanzosa del Tinto dal Signore), Sua Eminenza Grigia disegna scenari, ammette alleanze, disfa accordi, suggerisce tattiche e strategie. Con cosmetica presenza, emette il suo potere ultravioletto su ogni ganglio delle Istituzioni, ancora tenute sotto schiaffo dal Decaduto, guidato da Letta come Nicola II dal monaco mistico Rasputin. Pallore nobiliare, un figlio Giampaolo condotto nei salotti come sua emanazione platonica, è ritratto mentre zompetta da Montecitorio a Madama e poi da Giustiniani a Grazioli, dove si reca dentro auto protette da vetri oscurati e silenziosissime che sembrano camminare sulle pattine invece che sulle buche di Roma; non per riferire, ma per effondere, non per raccomandare ma per emulsionare, non per esporre ma per definire. Un movimento impercettibile di un suo sopracciglio ad ala di gabbiano decreta un’opposizione radicale, che con un tocco alla cravatta diventa cauta apertura, che con una sbottonata alla giacca diventa astensione benevola. E governo sia. Un po’ la Sophia Loren della premistica romana, non c’è premio autorevole che non venga chiamato a consegnare. L’altroieri, alla cerimonia del premio Guido Carli a Montecitorio, ha promulgato: “Sono giorni difficili”. E sere fa, a un convegno su Andreotti, ha rivelato: “Siamo al degrado delle istituzioni”, senza manco un ex premier ai servizi sociali. Poi ha fatto gli auguri al Paese, avviso eloquente per Di Maio e Salvini. Pare tratti direttamente con Luca Lotti, l’aspirante Gianni Letta di Renzi. Il quale, con la mancanza d’eleganza che lo contraddistingue (eh, questi giovanotti della provincia), è dovuto passare per il rito plebeo delle elezioni (benché truffaldine) e nominare ministri gli amici del cuore per contare qualcosa.