“L’accordo coi petrolieri azzoppa i processi”
L’intesa dei sismologi prevede che le parti non possano usare in tribunale studi su dati raccolti in mare
L’accordo
di cui vi abbiamo già parlato nei giorni scorsi è di quelli virtuosi: l’Ingv, l’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia, potrà sistemare i suoi sismografi e le proprie stazioni di rilevamento sulle piattaforme petrolifere per monitorare sismicamente il mare. Tutto grazie a una convenzione con Assomineraria e il ministero dello Sviluppo economico: l’ente potrà sfruttare elettricità e ponte radio delle piattaforme per trasmettere i dati raccolti alla rete nazionale già esistente a terra. Ma a che prezzo? Il costo è un compromesso che, per evitare che l’accordo sia controproducente per le aziende petrolifere, rischia di azzoppare futuri processi, soprattutto amministrativi e penali, sulla controversa questione della sismicità indotta e della individuazione delle responsabi- lità (in sintesi, dimostrare che un terremoto sia stato causato dalle operazioni per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi). In pratica, le parti non potranno portare in tribunale studi o elaborazioni dei dati presi sulle piattaforme.
L’INTESA riguarda un’innovazione scientifica che pone l’Italia all’avanguardia nel mondo, parallela a una sperimen- tazione che è in corso in Giappone: “Con il mare - aveva spiegato il presidente Carlo Doglioni - l’Ingv accrescerà le conoscenze sulla struttura della crosta e del mantello terrestre, oltre a poter studiare con maggior dettaglio la sismicità nazionale”. Nell’o ttica dell’efficienza e soprattutto della mancanza di fondi per la ricerca, la soluzione migliore per il monitoraggio del mare è sfruttare l’infrastruttura già presente: le piattaforme petrolifere. Il problema è che all’articolo 8.2 dell’accordo tra Ministero, Ingv e Assomineraria si legge: “Le parti si impegnano a non utilizzare i risultati derivanti da studi, ricerche, consulenze, ecc. quali perizie di parte in vertenze di carattere legale...”. Il rischio è che, a una prima interpretazione, perizie, elaborazioni, rapporti dell’Ingv su quei dati non possano essere utilizzati in tribunale qualora lo Stato sia parte lesa. Oppure qualora in un procedimento di un privato il giudice dovesse chiedere all’Ingv una sua perizia.
SECONDO l’Ingv, invece, il fatto che i dati saranno tutti pubblici (come previsto esplicitamente dall’intesa) li rende “disponibili sia al singolo cittadino che a qualsiasi giudice”. Inoltre, secondo l’interpretazione dell’Ingv, l’ente potrà ef- fettuare perizie (anch giurate) su quei dati. L’unico vincolo potrebbe essere legato a elaborazioni che abbiano al loro interno eventuali dati di proprietà delle piattaforme e quindi delle aziende stesse.
Ma il testo, a meno che non sarà chiarito con sotto-intese successive, ora sembra dire il contrario. Dal ministero dello Sviluppo economico ribadiscono infatti che ciò che non potrà essere utilizzato in eventuali vertenze è “l’elaborazione dei dati raccolti che sarà eventualmente prodotta sotto forma di studi, ricerche o consulenze; i dati in quanto tali saranno invece resi pubblici”.
Ancora una volta, intervengono i comitati a difesa dell’ambiente: “Nei prossimi giorni scriveremo all’Ingv perché faccia sì che l’accordo sia ritirato per le forti criticità – spiega Augusto De Sanctis, attivistà del Forum H2O – e lo chiederemo anche al Mise”.
La replica
Le informazioni “pure” saranno comunque pubbliche. Per l’Ingv non c’è veto sulle sue perizie
SPECIFICANO di essere favorevoli ai monitoraggi e che la ricerca è un punto fermo. “Chiediamo solo che sia terza, soprattutto quando il monitoraggio viene posto come obbligo per le compagnie. Va cercata una forma di terzietà assoluta, che sia lo Stato a finanziarla totalmente. Sulle attività di un ente come l’Ingv non ci deve essere neanche l’ombra del sospetto”.