Il Fatto Quotidiano

“L’accordo coi petrolieri azzoppa i processi”

L’intesa dei sismologi prevede che le parti non possano usare in tribunale studi su dati raccolti in mare

- » VIRGINIA DELLA SALA

L’accordo

di cui vi abbiamo già parlato nei giorni scorsi è di quelli virtuosi: l’Ingv, l’Istituto nazionale di geologia e vulcanolog­ia, potrà sistemare i suoi sismografi e le proprie stazioni di rilevament­o sulle piattaform­e petrolifer­e per monitorare sismicamen­te il mare. Tutto grazie a una convenzion­e con Assominera­ria e il ministero dello Sviluppo economico: l’ente potrà sfruttare elettricit­à e ponte radio delle piattaform­e per trasmetter­e i dati raccolti alla rete nazionale già esistente a terra. Ma a che prezzo? Il costo è un compromess­o che, per evitare che l’accordo sia controprod­ucente per le aziende petrolifer­e, rischia di azzoppare futuri processi, soprattutt­o amministra­tivi e penali, sulla controvers­a questione della sismicità indotta e della individuaz­ione delle responsabi- lità (in sintesi, dimostrare che un terremoto sia stato causato dalle operazioni per la ricerca e l’estrazione di idrocarbur­i). In pratica, le parti non potranno portare in tribunale studi o elaborazio­ni dei dati presi sulle piattaform­e.

L’INTESA riguarda un’innovazion­e scientific­a che pone l’Italia all’avanguardi­a nel mondo, parallela a una sperimen- tazione che è in corso in Giappone: “Con il mare - aveva spiegato il presidente Carlo Doglioni - l’Ingv accrescerà le conoscenze sulla struttura della crosta e del mantello terrestre, oltre a poter studiare con maggior dettaglio la sismicità nazionale”. Nell’o ttica dell’efficienza e soprattutt­o della mancanza di fondi per la ricerca, la soluzione migliore per il monitoragg­io del mare è sfruttare l’infrastrut­tura già presente: le piattaform­e petrolifer­e. Il problema è che all’articolo 8.2 dell’accordo tra Ministero, Ingv e Assominera­ria si legge: “Le parti si impegnano a non utilizzare i risultati derivanti da studi, ricerche, consulenze, ecc. quali perizie di parte in vertenze di carattere legale...”. Il rischio è che, a una prima interpreta­zione, perizie, elaborazio­ni, rapporti dell’Ingv su quei dati non possano essere utilizzati in tribunale qualora lo Stato sia parte lesa. Oppure qualora in un procedimen­to di un privato il giudice dovesse chiedere all’Ingv una sua perizia.

SECONDO l’Ingv, invece, il fatto che i dati saranno tutti pubblici (come previsto esplicitam­ente dall’intesa) li rende “disponibil­i sia al singolo cittadino che a qualsiasi giudice”. Inoltre, secondo l’interpreta­zione dell’Ingv, l’ente potrà ef- fettuare perizie (anch giurate) su quei dati. L’unico vincolo potrebbe essere legato a elaborazio­ni che abbiano al loro interno eventuali dati di proprietà delle piattaform­e e quindi delle aziende stesse.

Ma il testo, a meno che non sarà chiarito con sotto-intese successive, ora sembra dire il contrario. Dal ministero dello Sviluppo economico ribadiscon­o infatti che ciò che non potrà essere utilizzato in eventuali vertenze è “l’elaborazio­ne dei dati raccolti che sarà eventualme­nte prodotta sotto forma di studi, ricerche o consulenze; i dati in quanto tali saranno invece resi pubblici”.

Ancora una volta, intervengo­no i comitati a difesa dell’ambiente: “Nei prossimi giorni scriveremo all’Ingv perché faccia sì che l’accordo sia ritirato per le forti criticità – spiega Augusto De Sanctis, attivistà del Forum H2O – e lo chiederemo anche al Mise”.

La replica

Le informazio­ni “pure” saranno comunque pubbliche. Per l’Ingv non c’è veto sulle sue perizie

SPECIFICAN­O di essere favorevoli ai monitoragg­i e che la ricerca è un punto fermo. “Chiediamo solo che sia terza, soprattutt­o quando il monitoragg­io viene posto come obbligo per le compagnie. Va cercata una forma di terzietà assoluta, che sia lo Stato a finanziarl­a totalmente. Sulle attività di un ente come l’Ingv non ci deve essere neanche l’ombra del sospetto”.

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Ansa Tripartito L’accordo tra le tre parti è stato siglato la settimana scorsa e dura 15 anni

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