Il Fatto Quotidiano

Benzina e tronchesi: la vendetta del Canaro che diventò un lupo

La trappola 30 anni fa alla Magliana la vendetta di un perdente che lavava cani sul suo aguzzino. 7 ore di sevizie, una lucida allucinazi­one

- » PINO CORRIAS

C’era una volta – in fondo a un bosco di cemento chiamato la Magliana, borgata di vite in scatola, sotto al cielo vuoto di Roma, nell’anno 1988 – un uomo piccolo, silenzioso e mite che per vivere lavava i cani, ogni tanto si faceva coraggio con un po’ di cocaina e provava ad arginare la sua vita che di giorno in giorno andava in pezzi. Si chiamava Pietro De Negri, 32 anni, detto il Canaro. Era un perdente predestina­to, una pulce d’uomo che al massimo poteva combattere con le pulci dei cani. O così sembrava.

Poi c’era un lupo d’uomo. Alto, grosso, cattivo. Si chiamava Giancarlo Ricci, ex pugile fallito,

27 anni, detto Gianca’, un metro e novanta, cento chili di muscoli. Nella vita era la metà di tutto: un mezzo ladro, un mezzo spacciator­e, un mezzo disgraziat­o di periferia. Ma aveva la forza di due uomini e la prepotenza di quattro. Girava per bar su grosse moto. Svoltava il fine mese con piccoli furti, qualche estorsione, imbrogli da quattro soldi. Sceglieva le sue vittime a colpo d’occhio e per questo si sentiva un dritto. Ma i dritti di borgata finiscono sempre storti, questa è la regola. Specialmen­te se entrano di traverso nella storia sbagliata. E quella del Canaro era sbagliatis­sima, solida come una gabbia per cani e con il finale capovolto, nel quale non sono i lupi che schiaccian­o le pulci, ma a sorpresa, accade il contrario.

Quella che si compirà, dietro alla vetrina sporca di via della Magliana 253, un giovedì 18 febbraio 1988, è una storia che ha i denti della trappola. La crudeltà del ferro. Il fuoco della vendetta e della benzina. Durerà sette ore. Metterà in scena un martello per sfondare la te- sta del prigionier­o, il tronchese per amputargli le dita, le forbici per tagliargli le labbra e i genitali. E mentre il sangue della vittima colerà sul pavimento insieme con tutto il dolore del mondo, una musica a tutto volume farà danzare il cuore nero del carnefice. La musica della filodiffus­ione.

DA GRAN TEMPO l’ex pugile tormentava il Canaro. Lo umiliava in pubblico e lo picchiava in privato, gli diceva: non sei nessuno, devi ubbidire. Un anno prima lo aveva convinto a suon di pugni a lasciargli le chiavi del negozio, per svaligiare in santa pace quello di fianco, un magazzino di vestiti, bottino da cento milioni, in realtà neanche un terzo dal ricettator­e. Gli sbirri, visto il buco nel muro, erano andati a prendere il Canaro che faceva il finto tonto, diceva che non era così stupido da rubare al vicino. Davvero? E poi aveva un alibi. Come no, sarebbe? Era andato dalla madre della moglie a Frosinone. Ma guarda un po’ che fortuna, gli avevano detto i poliziotti in coro. Fortuna? Qualcuno mi ha distrutto il negozio e voi la chiamate fortuna. Qualcuno chi? Dacci un nome.

Ma il Canaro quel nome non lo dice per troppa paura, o troppo senso dell’onore. Lui non è una spia. E quindi si becca dieci mesi secchi di galera. La galera è brutta, ma quando esce è pure peggio. La moglie lo butta fuori di casa, sei un fallito, gli dice. Lui piange, proprio come fa la figlia che ha sette anni, gli vuol bene, e la cagnetta che gli lecca le mani per consolarlo. Prova a recuperare i soldi del colpo e del silenzio, ne ha diritto. Ma Gianca’ gli ride in faccia, i soldi li ha spesi tutti e visto che insiste lo picchia a sangue, d’ora in avanti verrà a prendersi 100 mila lire a settimana e intanto gli ruba l’autoradio. Così il Canaro si ritrova con un materasso buttato nel retro del negozio, i lividi, i debiti, a respirare la puzza di ogni giorno e a coltivare la rabbia di notte, con l’unica compagna che gli è rimasta accanto, la sua cagnetta. Al buio sogna di far del male al suo persecutor­e. Al buio lo insulta a voce alta. Ma quando viene il giorno, e quando Gianca’ spalanca la porta del negozio, come fosse roba sua, il coraggio gli scappa dalle mani. L’ultima volta la cagnetta si è messa ad abbaiare al posto suo. Gianca’ l’ha presa a calci, lui ha chiuso gli occhi, ha gridato, l’ha difesa. L’ex pugile ha picchiato tutti e due, li ha minacciati e se n’è andato senza neanche accorgersi che quello era il penultimo errore della sua vita.

LA TRAPPOLA Pietro se l’è immaginata di notte, dettaglio per dettaglio. Alla mattina ha comprato una tanica di benzina e un vaporizzat­ore. Ha preparato gli attrezzi. Poi ha chiamato Gianca’, e quando l’ha incontrato al bar ha fatto la faccia umile delle grandi occasioni: domani verrà un siciliano in negozio, uno che porta la roba ai cavalli di strada e ritira gli incassi. Ha una borsa piena di cocaina e di soldi. Gli ha detto: io lo porto nel retro, tu lo stendi, e stavolta dividiamo. Gianca’, che è metà di quasi tutto, ci casca

Il pizzo, i calci, l’umiliazion­e Pietro De Negri era piccolo e mite, Giancarlo Ricci grosso e violento Nella gabbia i ruoli si invertono

 ??  ?? A Cannes Dogman, da domani al cinema
A Cannes Dogman, da domani al cinema
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy