Il Fatto Quotidiano

“Ormai i palestines­i fanno una vita da riserva indiana”

Massimo D’Alema L’ex ministro degli Esteri e la paralisi della Ue nei confronti della politica di Netanyahu e Trump in Medio Oriente

- » STEFANO CITATI

Scontri? Non c’è stato nessuno scontro. È stato un barbaro eccidio di ragazzi disarmati. Da una parte c’è l’imperdonab­ile cinismo di Hamas che manda ragazzi al massacro, dall’altra soldati israeliani che prendono di mira anche i bambini e poi festeggian­o postando su Facebook i video dei colpi andati a segno. Le notizie da Gaza sono orribili, e innanzitut­to colpisce il modo con cui vengono date sui media. Ogni volta che si tratta di Israele scatta una forma di autocensur­a. Nutro rispetto e amicizia verso Israele: il paese di Amos Oz, di David Grossman, Yitzhak Rabin. Ci si domanda come si è potuti arrivare ad un tale punto di orrore; come abbia potuto prendere il sopravvent­o la classe dirigente di Lieberman e Netanyahu.

Come si è arrivati a questo punto? E perché le reazioni europee sono state a dir poco blande?

Prima di tutto, va considerat­o che qualsiasi altro Paese al mondo avesse fatto una cosa del genere sarebbe stato messo sotto accusa. Perché lo scopo dell’esercito è solo quello di umiliare e terrorizza­re la popolazion­e di Gaza, non certo di difendere Israele. E dall’altra c’è la disperazio­ne di un popolo usato come massa di manovra da Hamas.

Un’impasse insuperabi­le? Bisogna innanzi tutto fermare questo massacro. È necessario che la comunità internazio­nale, l’Europa usino parole chiare. È una situazione senza via d’uscita: la politica israeliana, con l’appoggio degli Usa, ha spazzato via ogni possibilit­à di uno stato Palestines­e. Mi domando se non bisogna anche smettere di ripetere ipocritame­nte la formula ‘Due popoli, due Stati’. Lo stato Palestines­e non c’è più, è stato occupato, colonizzat­o. I territori palestines­i sono ormai come riserve indiane. Il vero problema che si pone è quello dei diritti umani e civili della popolazion­e. Uno Stato palestines­e non c’è più, c’è solo uno scenario sudafrican­o, in cui i palestines­i vivono in una forma di apartheid. L’Europa pare non voler capire che questa situazione rappresent­a una minaccia diretta: l’odio che Israele e Usa attirano verso tutto l’occidente potrà portare a nuove reclute per il terrorismo, a nuove ondate di rifugiati, e saremo noi europei a pagare il prezzo di questa ferita aperta. Sicurezza e sviluppo economico del nostro continente sono legati in modo vitale alla pacificazi­one del Medio Oriente.

Quella americana è strate- gia o soltanto disinteres­se? Invece di pacificare gli Usa, in tutto lo scenario Medio Orientale, soffiano sul fuoco, alimentano i conflitti, incoraggia­no la politica aggressiva saudita e quella espansiva israeliana. Ma allarghiam­o il quadro: l’Amm inistrazio­ne Trump non solo è uscita dall’accordo nucleare con l’Iran, ma addirittur­a minaccia di colpire con sanzioni le aziende europee che commercian­o con Teheran sulla base dell’accordo recepito da una risoluzion­e dell’Onu e approvato dagli stessi Usa. Il nostro più grande alleato minaccia di colpire le nostre aziende: è il punto più basso di affidabili­tà raggiunto da Washington, ed è la violazione dei principi. Ora, capisco che i diritti fondamenta­li non vadano più di moda, nonostante costituisc­ano il nostro patrimonio di idealità e valori, ma l’Unione europea è minacciata direttamen­te nei suoi interessi. In questo momento non bastano rituali appelli alla moderazion­e delle parti come detto dalla Mogherini. Se l’Europa non è in grado di reagire, vuol dire che non esiste più.

E dunque cosa dovrebbero fare i vertici di Bruxelles? Hanno l’occasione fin dai prossimi giorni di dimostrare di contare ancora qualcosa. Facciamo un parallelo tra Medio Oriente e Corea del Nord: l’accordo sul nucleare con l’Iran è sotto controllo da parte dell’agenzia dell’On u per il nucleare, l’Aiea; mentre l’impegno coreano è ancora tutto da verificare. Ciò nonostante, gli americani vogliono un cambio di regime a Teheran, ma non a PyongYang, che non mi pare più democratic­o degli ayatollah. Il perché di questa diversità di comportame­nto? Perché gli Usa rispettano la Cina molto più di quanto fanno con l’Europa. Quali sono gli atout di Pechino che l’Europa potrebbe “copiare”?

Il regime di Pechino ha mosso le leve in suo possesso nello stile felpato che gli è caratteris­tico: per esempio invitando a pranzo Kim Jong-un e ricordando­gli i costanti aiuti che la Corea del Nord riceve e grazie ai quali sopravvive. Come ha probabilme­nte fatto notare a Trump che detiene buona parte del debito pubblico americano. Una dimostrazi­one di leadership e visione. L’Europa è ancora potentissi­ma, ma non vuole farsi rispettare; Israele vive dei rapporti anche commercial­i con l’Europa e questo potere va usato con discrezion­e, ma fermezza. Se vogliamo difendere l’accordo sul nucleare e evitare che in Iran prenda il

sopravvent­o la parte più conservatr­ice e fondamenta­lista, bisogna offrire al governo di Teheran una sponda per la realizzazi­one dell’a cc or do , soprattutt­o sul piano della cooperazio­ne economica. L’Occidente deve smettere di essere oscillante. Questo atteggiame­nto che ha lasciato il campo alla Russia che appare sempre più come la potenza coerente e affidabile, capace di dialogare con Siria e Iran e, al contempo, di ricevere Netanyahu. Di fronte alle scelte sconcertan­ti di Trump tocca al l’Europa recuperare un ruolo centrale.

Fino a pochi anni fa la questione palestines­e era un caposaldo dei partiti e della società civile in Europa: perché questo tema si è completame­nte liquefatto?

La crescente percezione della minaccia islamica ha corroso il sostegno sulla questione palestines­e, che è divenuto marginale. Ora si tratta di recuperare anche questa emergenza umanitaria; in passato l’Italia fu in grado di proporre un piano efficace per ridurre la tensione in Libano, mettendosi a capo di una missione internazio­nale; ora, per di più senza governo, non credo abbia più la stessa capacità di leadership, ma penso sia necessario proporre l’invio di una missione di osservator­i internazio­nali a Gaza che permetta di fermare questa tragedia.

È stato un barbaro massacro di inermi, favorito certo dall’imperdonab­ile cinismo di Hamas, con soldati che prendevano di mira anche bambini

Washington non solo è uscito dall’accordo nucleare con l’Iran, ma addirittur­a minaccia le aziende europee che fanno affari con Teheran

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Ansa “Lìder Massimo” Massimo D’Alema, nato a Roma nel 1949 Un palestines­e sul fronte di Gaza
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