Feste e pallottole, Bibi ride ma perde la sfida mediatica
The day after La strage dei palestinesi al confine ha conseguenze diplomatiche per Tel Aviv, espulsioni di ambasciatori con la Turchia
Si piangono i morti nelle strade di Gaza e si spara ancora lungo la Barriera di confine. In qualche migliaio sono tornati ieri a sfidare i cecchini israeliani appostati lungo tutta la frontiera, certamente non era la folla di lunedì. Due palestinesi sono stati uccisi lungo il confine, 250 feriti.
La strage dei manifestanti - 60 morti ieri, fra loro sette minorenni e una ragazzina di otto mesi soffocata dai gas lacrimogeni - ha lasciato scioccati anche gli abitanti di Gaza, che pure negli ultimi dieci anni hanno conosciuto quattro guerre. Non tutti erano civili inermi – accusa Israele – 24 morti erano miliziani delle Brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas.
NEL GIORNO della Nakba, sono scesi in piazza anche i palestinesi della Cisgiordania, freddi nelle settimane passate nei confronti delle proteste a Gaza. Manifestazioni e scontri ci sono stati a macchia d’olio, a Betlemme, a Ramallah, Hebron, Nablus e Jenin. Nella Striscia è anche il momento dell’emergenza per gli ospedali. I 2.700 feriti di ieri hanno svuotato le farmacie degli ospedali, mancano 75 tipi di medicinali e 190 tipi di dispositivi monouso per assistere i feriti.
La mattanza di Gaza e l’uso sproporzionato della forza contro i manifestanti hanno provocato anche una tempesta diplomatica. Quando un esercito moderno, sofisticato e ben armato come l’Idf affronta masse di civili disarmate con aquiloni e pietre la débâcle mediatica e diplomatica è certa. Turchia e Sudafrica hanno ritirato ieri il loro ambasciatore – e quello israeliano nei due Paesi è stato invitato a partire – l’Irlanda e il Belgio hanno convocato i diplomatici dello Stato ebraico per chiarimenti. L’Italia, sollecitata da 40 Ong che operano nei Territori palestinesi a condannare l’accaduto, non è ancora pervenuta. Parole dure sono state e- spresse invece da Gran Bretagna e Francia, persino dalla Germania che è il miglior alleato di Israele in Europa. La battaglia, dalle sabbie della Striscia di Gaza, si è allargata anche ai corridoi del Palazzo di Vetro a New York, dove ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha rispettato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime palestinesi. L'inviato di pace dell'Onu per il Medio Oriente, Nikolay Mladenov, riferendo sugli scontri ai 15 membri del Consi- glio, ha affermato che “non ci sono giustificazioni” per le violenze che si sono consumate. “La comunità internazionale deve interve- nire e prevenire una guerra”, ha aggiunto definendo la situazione nella Striscia “disperata”. Il Kuwait – membro non permanente del Consiglio di Sicurezza – sta redigendo una risoluzione per “fornire protezione internazionale ai civili palestinesi” che dovrebbe andare in votazione oggi.
SARÀ CERTAMENTE bloccata dal veto degli Usa, che ieri per voce dell’ambasciatrice Nikki Haley hanno sostenuto che “lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme è un riconoscimento dello stato di fatto” e che “Israele ha usato moderazione nel difendersi dalle masse palestinesi”.
Sia che si accetti la narrativa palestinese di masse affamate che dimostrano per dignità, sia la versione israeliana di un cinico sfruttamento di Hamas di vite umane come copertura per intenti omicidi, non c'è dubbio che il numero dei morti abbia rovinato la festa a Benjamin Netanyahu e Donald Trump. Più le vittime a Gaza salivano, più gli ospiti alla festa della nuova ambasciata americana a Gerusalemme sembravano arroganti, distaccati e privi di compassione. Tutto questo probabilmente non disturba affatto Netanyahu. Il primo ministro israeliano sta cavalcando un'ondata di sostegno pubblico senza precedenti per quello che è visto come un inarrestabile flusso di successi, dalla decisione di Trump di abbandonare l'accordo nucleare iraniano fino alla vittoria della cantante Netta Barzilai nella gara dell 'Eurovisiondi sabato scorso.
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