Cucchi, l’accusa ai carabinieri confermata da due colleghi
Il processo In aula Casamassima e la moglie, che hanno fatto riaprire il caso “Sentii il comandante dire: ‘I ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato”’
Nessuna incertezza. Nessuna contraddizione. Hanno confermato le accuse i testimoni chiave del processo bis ai 5 carabinieri imputati, a vario titolo, per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre 2009, a pochi giorni dal suo arresto, la notte tra il 15 e il 16. Il maresciallo dei carabinieri Riccardo Casamassima e l’appuntato Maria Rosati hanno ribadito in aula di aver saputo del ragazzo “massacrato” e del tentativo di insabbiare tutto. A testimoniare per primo è stato il maresciallo. Incerto fino all’ultimo, tanto che la settimana scorsa in un’intervista al Fatto Quotid ia no aveva detto di essere impaurito per le ritorsioni che stava subendo ( diversi procedimenti disciplinari). Ad ascoltarlo c’era Roberto Mandolini, il maresciallo dei carabinieri imputato di calunnia e falso in atto pubblico (per aver falsificato, secondo l’accusa, il verbale sull’arresto e per aver scaricato il pestaggio sulla polizia giudiziaria). Finora non si era mai presentato in aula, così come i carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale.
CASAMASSIMA ripete quanto verbalizzato nel maggio 2015: “Con il maresciallo Mandolini nell’ottobre 2009 ho avuto uno scambio di battute nella caserma di Tor Vergata. Era agitato, si mise le mani sulla fronte e mi disse ‘È successo un casino, i ragazzi hanno menato un arrestato”’. Nel 2015 aveva detto “massacrato”, ha ricordato il pm Giovanni Musarò e Casamassima ha confermato: “M a ss a c r a t o ”. Ha poi aggiunto che vide Mandolini andare verso l’ufficio del comandante, il maresciallo Enrico Mastronardi. Dopo, seppe da Maria Rosati che Bertolini era andato da Mastronardi per parlare di Stefano. “La mia attuale compagna, allora solo una collega, mi dis- se che Mastronardi aveva fatto il nome Cucchi e che le era rimasto impresso perché quando aveva lavorato al Nord (a Ortisei, ndr)“crucchi” era un termine dispregiativo.
Casamassima ha pure confermato di aver incontrato il maresciallo Sabatino Mastronardi, figlio del comandante, dopo la morte di Cucchi. Gli avrebbe detto: “Non ho mai visto una persona messa così male”. Inoltre, ha parlato di un incontro casuale con Mandolini nell’ottobre 2016, dopo a- verlo accusato: “Cercai di aiutarlo, gli consigliai di andare dal pm a dire le cose come andarono anche perché la procura stava avanti (aveva già in mano intercettazioni, ndr )e lui non aveva partecipato al pestaggio. E Mandolini mi rispose: ‘Il pm ce l’ha a morte con me’”. L’avvocato Naso, difensore di Mandolini ha provato a far cadere in contraddizione il teste, senza riuscirci: “Non siamo da Barbara D’Urso, questa è una cosa seria”, si è spazientito il legale e Casamassima: “Avvocato i miei arrestati sono tutti vivi, non morti”.
SUBITO DOPO tocca a Maria Rosati, che fa una premessa: “Sono un carabiniere, confermerò sempre quello che ho detto”. Il giorno dopo l’arresto “in tarda mattinata mi trovavo a fare fotocopie di fronte all’ufficio del maresciallo Mastronardi che, per rispetto, chiamavamo ‘ Il Cavaliere’. Per noi era un guru e io per lui ero come una figlia. Arrivò un uomo in borghese e mi fu presentato dal Cavaliere come il maresciallo Mandolini”. Mastronardi dopo averlo rassicurato che poteva parlare davanti alla Rosati disse, secondo la testimone: “I miei ragazzi hanno massacrato un ragaz- zo che si chiama Cucchi”. E Rosati conferma di ricordare quel cognome per via della storia dei crucchi. Sempre Mandolini, in corridoio, davanti a lei (prima di chiudersi nell’ufficio di Mastronardi) avrebbe aggiunto: “Il ragazzo non se lo vuole prendere nessuno” e Rosati ha dichiarato che si voleva scaricare su altri la responsabilità del pestaggio. Cosa che poi avvenne, tan-
La mia attuale compagna mi disse che il comandante Mastronardi aveva fatto il nome Cucchi e che le era rimasto impresso per l’assonanza con ‘crucchi’ La sorella Ilaria ”Ritengo il maresciallo Roberto Mandolini responsabile di questi anni di non verità”
to che sono stati accusati e poi prosciolti alcuni agenti della polizia penitenziaria. Rappresentati dall’avvocato Fabio Anselmo c’erano in aula i genitori di Stefano Cucchi e la sorella Ilaria, visibilmente commossa: “Ritengo il maresciallo Mandolini – ha dichiarato – il principale responsabile morale di questi anni di attesa della verità” e ricorda che aveva parlato del momento dell’arresto come di “un’allegra serata. Oggi ascolto tutta un’altra storia”.