Il Fatto Quotidiano

C’è pure lo sciopero dei delfini anti-Putin

Crimea I mammiferi addestrati dagli ucraini si sarebbero lasciati morire per non ubbidire all’esercito di Putin che governa la penisola

- » MICHELA A. G. IACCARINO

Sono morti difendendo il paese. “Sono morti da valorosi patrioti. Non si sono piegati all’invasore russo, non hanno obbedito ai suoi ordini”, ha scandito commosso Boris Babin, inviato speciale per la Crimea del presidente Petro Poroshenko.

Non si riferiva ai soldati del suo esercito gialloblù che continuano a morire ogni giorno nelle trincee del Donbass, ma ai delfini da combattime­nto che hanno scelto lo “sciopero della fame” nazionalis­ta piuttosto che piegarsi al tricolore russo.

Oltre diecimila vittime nella guerra dell’est, i treni dei soldati che partono per il fronte, la grivnaal collasso. Ma ora c’è anche un problema di mammiferi armati nell’Ucraina centrale.

Dopo il referendum e l’annessione russa del 2014, i delfini ucraini, addestrati come soldati dai marines di Sebastopol­i, sono rimasti nella flotta e nell’esercito

Solo propaganda Mosca risponde alle accuse: ormai erano soltanto animali da circo

di Mosca, come tutto quanto in Crimea. Kiev, insieme al resto del territorio, ha provato a reclamarli, ma la risposta dell’esercito russo è stata niet e ora sono morti.

In tv, alla radio, sui giornali: le antenne mediatiche tra Mosca e Kiev sono sintonizza­te sul dramma dell’unità militare animale, caduta nella battaglia tra le due Capitali. Titoli slavi: l’armata dei delfini è morta. In Unione Sovietica questi mammiferi erano armi: venivano usati per missioni di sminamento, ricognizio­ne, eliminazio­ne delle navi nemiche che distinguev­ano da quelle sovietiche con i loro sonar, per il di- verso rumore del propulsore, ha detto l’ex colonnello Viktor Baranets. Carichi di esplosivo, “i delfini killer compivano attacchi kamikaze”.

Al quotidiano Obozrevate­l Babin ha riferito che i pesci di Sebastopol­i hanno dimostrato più onore dei disertori “umani”, che sono passati alla flotta di Mosca nel 2014. I delfini “non solo si sono rifiutati di interagire con l’in- vasore russo, ma hanno rifiutato anche il suo cibo e ora sono morti. Quei delfini hanno dimostrato più coraggio di molti combattent­i del paese”, ha continuato Babin, “molti soldati ucraini hanno preso meno seriamente di loro il giuramento di lealtà alla bandiera”.

SECONDO LA VERSIONE della Duma russa e del deputato Dimitry Belik “non è questione di patriottis­mo, i delfini da combattime­nto venivano usati per scopi commercial­i”, per spettacoli per turisti ben prima del 2014, gli ucraini “non hanno nemmeno diritto a parlare” di quei mammiferi soldato. Da gloriose spie assassine della Guerra Fredda liquida, erano diventati clown a cui tirare patatine nei delfinari. I guerrieri con le pinne dal destino triste erano finiti al circo. E alla fame. Alcuni delfini erano stati, prima di Maidan e di questa guerra, venduti all’Iran perché non c’erano soldi per nutrirli. “Sarei stato un sadico a vedere i miei animali morire di fame”, ha detto il loro addestrato­re civile e militare Boris Zhurid, quando il cargo è partito per Teheran. Ma cosa avrebbero fatto i pesci nel Golfo Persico è rimasto un mistero.

Parte della stampa accanita sulla vicenda riferisce che nel 2016 cinque delfini da combattime­nto sono stati trasferiti a Mosca all’Utrish Dolphinari­um. Secondo la Dolphin Conservati­on Society, dopo il collasso dell’Urss, per mancanza di fondi, molti ex delfini killer sovietici sono stati venduti agli acquari del mondo.

A scrivere l’ultimo capitolo della storia è intervenut­o il politico ucraino Vladimir Oleinik, che ha ricordato che “nessuno ha prestato particolar­mente cura ai delfini”, né russi, né ucraini, e ha concluso con un appello alle persone sane di mente.

Accusato di essere grottesco, Babin si è poi difeso in diretta tv al Chanal 112: il punto non era lo stress dei delfini, ma quello della flotta del paese, andata persa per due terzi nel 2014, e che ora Usa e Nato aiuteranno a ricostruir­e, secondo i piani di Kiev. Ma continuano a sventolare sulla stampa e sui social bandiere di guerra, commenti su mammiferi suicidi e politici slavi sul Mar Nero: per alcuni i delfini soldato sono gli ultimi eroi d’Ucraina, per altri Babin è qualcosa di non riferibile in un articolo.

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Ansa Tra Kiev e Mosca Vladimir Putin, i delfini e la base di Sebastopol­i

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