Il Fatto Quotidiano

“Adesso Hamas è non-violenta, ma Israele no”

- » COSIMO CARIDI

“Hamas ha abbracciat­o la nostra strategia non-violenta”. Mustafa Barghouti è conosciuto come il leader della “terza via” né Fatah, né Hamas. Il suo viaggio nella politica parte da lontano. Studia medicina nell’ex Unione Sovietica, sono gli anni ’70. Torna in Palestina e inizia la sua attività di volontaria­to. Ma è solo in piena seconda Intifada, nel 2002, che fonda il suo partito: Iniziativa nazionale palestines­e. In quegli anni il Barghouti famoso è Marwan, suo cugino. Era alla guida di Tazim, l’unità speciale delle Brigate dei Martiri di al Aqsa, il braccio armato di Fatah. Attentati, arresti, assassinii, uno dei momenti più sanguinosi del conflitto israelo-palestines­e. Marwan perse la sua lotta, Israele lo ha incarcerat­o e nel 2004 condannato a cinque ergastoli. Moustafa da allora, senza fare sconti a Israele, si batte per cambiare le modalità di resistenza palestines­e. Dopo la vittoria di Hamas a Gaza nel 2006, e la guerra civile per il controllo della Striscia, Barghouti è diventato uno dei negoziator­i più ascoltati per la riunificaz­ione nazionale tra Fatah e “Hamas, che ha abbandonat­o la lotta armata e con gli altri partiti palestines­i ha aperto una nuova fase della resistenza”.

Qual è il bilancio di questa ultima ondata di protese?

Sono morti più di cento palestines­i, 10mila sono feriti. Almeno 5mila persone sono state colpite dai proiettili dei cecchini. Nessun israeliano ferito. La nostra è una resistenza non- violenta. I militari israeliani hanno aperto il fuoco contro manifestan­ti pacifici. Il governo di Tel Aviv dice che i morti erano tutti militanti di Hamas, non è vero. E anche se lo fossero chi gli ha dato il permesso di sparargli. Tra i morti ci sono giornalist­i e personale medico. È contro ogni legge internazio­nale.

Ma quasi tutti i media hanno parlato di “scontri”.

Quelli che hanno sparato sono militari molto addestrati, la cui sicurezza non era minacciata in alcun modo. Hanno colpito a grande distanza uomini e donne disarmati. Quella di Gaza era una marcia non-violenta? Con pietre e molotov? Assolutame­nte sì. Sono oltre 15 anni che usiamo tecniche non-violente in tutta la Cisgiordan­ia. Le manifestaz­ioni settimanal­i contro il muro sono l’esempio più evidente. Abbiamo anche vinto molte battaglie giuridiche: facendo spostare il muro e ottenendo lotti di terra sottratti dai coloni ai contadini palestines­i. Da anni ho iniziato un dialogo con Hamas, perché adottasser­o metodi di lotta non- violenta anche nella Striscia. Lo hanno fatto. Le manifestaz­ioni di queste settimane, a cui hanno aderito tutte le forze politiche nazionali, sono ispirate alle marce di Martin Luter King.

È stato un momento molto violento della storia statuniten­se. Arresti, pestaggi e King è stato assassinat­o. Israele sta facendo lo stesso con i palestines­i e non solo a Gaza. Per anni questa violenza è stata a bassa intensità, la settimana scorsa è sfociata in un massacro. Ma le modalità sono sempre le stesse. Nel 1996, durante una manifestaz­ione pacifica, sono stato colpito da un cecchino. Due proiettili. I frammenti di quelle pallottole sono ancora nella mia schiena.

Negli USA l’obbiettivo dei suprematis­ti bianchi era il mantenimen­to dello status quo. Il primo ministro Benjamin Netanyahu vuole che le cose restino invariate? Netanyahu vuole distrugger­e completame­nte la nostra società, il suo obbiettivo è la pulizia etnica della Palestina. Vuole uccidere lo Stato palestines­e. Per farlo sta creando un sistema di bantustan, dividendo i palestines­i, rendendo impossibil­e spostarsi da Ramallah a Gerusalemm­e o Gaza. Ha costruito muri e check - point . Vuole l’ap a rtheid. E tutto questo facendo sembrare Israele come la vittima e non il carnefice. Come è cambiata la politica israeliana con la nuova amministra­zione degli Usa? Donald Trump tratta Israele come una questione di politica interna. Come si trattasse del 51° Stato americano. La lobby israeliana non è mai stata così potente. Importanti finanziato­ri della campagna elettorale sono investitor­i nelle colonie in Cisgiordan­ia. A Washington stanno nascendo nuove alleanze tra le parti più conservatr­ici del paese e le lobby sioniste. Il vicepresid­ente Mike Pence fa parte del movimento conservato­re evangelico che vuole dettare il futuro del Mediorient­e: spingono Trump a intervenir­e sempre di più nella politica israeliana. Gli evangelici vogliono portare tutti gli ebrei in Palestina. Credono che questo sia un passaggio forzato per l’armagedoon, la fine del mondo. Sono il vero motore dello spostament­o dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemm­e.

Cosa cambia nello scacchiere mediorient­ale?

Primo obiettivo di Israele è l’Iran. Netanyahu sta tentando di provocare una reazione di Trump contro Teheran. Che sia Hezbollah o l’Ir an non importa, Israele vuole mostrare la propria forza militare e facendolo si trascinera­nno dietro gli Usa.

Israele non considera più i palestines­i come minaccia?

Netanyahu ritiene di avere un controllo totale e definitivo sui Territori palestines­i. Ora vuole espandere le zone d’influenza: il Golan siriano è il suo primo passo, per poi allargarsi ad altre aree della Siria. Per appoggiare questa fame di potere l’amministra­zione statuniten­se sta tentando di normalizza­re i rapporti tra i paesi arabi e Israele, lasciando irrisolta la questione palestines­e.

Biografia

MUSTAFA BARGHOUTI

64 anni, a differenza del cugino detenuto Marwan (ex capo di Tazim, unità speciale delle Brigate di al Aqsa), ha scelto la resistenza non-violenta: per anni impegnato nel dialogo tra Fatah, il partito di Arafat, e la fazione integralis­ta Hamas

PIÙ DI CENTO MORTI A GAZA

“I cortei del giorno del ritorno erano pacifici, ci hanno sparato addosso: vittime anche giornalist­i e medici”

Il governo dello Stato ebraico cerca solo pretesti per mostrare la sua forza contro l’Iran e Hezbollah tirandosi dietro la destra americana

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Ansa Striscia di sangue Le proteste palestines­i represse da Israele a Gaza: oltre cento vittime da una parte sola
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