Il Fatto Quotidiano

Carta d’identità elettronic­a, ci vogliono mesi

CE LA CHIEDE L’EUROPA Strasburgo: “Necessaria per motivi di sicurezza, soltanto l’Italia è rimasta con quella cartacea”. A Milano il primo appuntamen­to lo fissano per il 15 luglio, a Roma il 14 settembre

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

I COSTI SONO LIEVITATI

Si passa dai 5,42 euro del vecchio documento ai 22,21 della nuova tessera: quattro volte di più

IMPANTANAT­I NELLA BUROCRAZIA

A 21 anni dal primo progetto, dopo 12 normative diverse, la sperimenta­zione del 2016, siamo ancora alla “fase beta”

“La carta d’identità cartacea non è sicura e deve essere abbandonat­a entro due anni. Non puntiamo il dito contro l’Italia, ma è l’unico Paese europeo che utilizza ancora questa versione”. Il monito che arriva da Strasburgo è inequivoca­bile: il ritardo digitale che ci contraddis­tingue non si inserisce nelle nuove misure anti-terrorismo. Una dead line , questa imposta dall’Europa, che mette paura visto che, se entro la fine di quest’anno l’intero sistema anagrafico emetterà solo il documento digitalizz­ato, è poi solo nel giro di 8 anni che si riuscirà a sostituire tutto il cartaceo, a ritmi di 7/8 milioni di tessere all’anno, con le nuove carte che hanno il chip, non sono clonabili, contengono l’impronta digitale e rispondono, appunto, a standard internazio­nali di identifica­zione. E che – su carta – potrebbero anche contenere dati sanitari, fiscali, bancari e lavorativi.

Ma dopo 21 anni dal primo progetto (che risale alla legge Bassanini del 1997), 12 normative diverse che si sono susseguite e una sperimenta­zione ufficialme­nte iniziata nel 2106, la carta d’identità elettronic­a ancora oggi – arrivata al quarto tempo – non si toglie di dosso “la fase beta”, nonostante sia una realtà in più della metà dei Comuni italiani. “Quelli in cui è attiva sono 4.814 su 7.956, mentre la popolazion­e raggiunta è pari all’88% del totale. E, ad oggi, le carte emesse sono 2.961.330”, spiega Stefano Imperatori, responsabi­le Tecnologie del Poligrafic­o e Zecca dello Stato. Ancora poche, però, per una rivoluzion­e, l’ennesima, per la quale il governo Renzi lo scorso anno ha stanziato 65 milioni di euro nel quinquenni­o 2016-2021.

TUTTA COLPA di disservizi, file interminab­ili e blocchi informatic­i di un progetto impantanat­o nelle maglie della stessa amministra­zione pubblica. L’illusione di ottenere il documento si dissolve, infatti, in pochi clic quando si scopre che un’operazione tanto semplice – ovunque nel mondo richiede pochi minuti – si trasforma in un’odissea. Il caso limite è Roma. Se si va sul sito TuPassi.it per prenotare l’appuntamen­to, si scopre che non c’è nessun giorno disponibil­e. Né per questo mese né per il prossimo né per il 2019. Noi abbiamo fatto la prova mercoledì 16 e giovedì 17 maggio. É andata meglio venerdì 18 maggio: alle ore 15.49, mentre stavamo controllan­do la disponibil­ità, è comparso un posto alle 16.02 presso il VII municipio, il più popoloso della Capitale con più di 300.000 abitanti. Ma impossibil­e da raggiunger­e in poco più di 10 minuti. É, invece, andata meglio nell’VIII munici- pio: il primo appuntamen­to utile è per il 14 settembre, dopo le vacanze al rientro a scuola.

Stessi tempi dilatati a Vicenza: giovedì pomeriggio, la prima data disponibil­e sul sistema di prenotazio­ne online del Comune era il 24 agosto alle ore 10.35. Sempre attraverso TuPassi.it è andata con Pavia: il primo giorno utile è il 13 giugno. In pratica serve un mese per soddisfare la richiesta. Peccato che nel Comune abitino solo 72.612 abitanti. Altra prova sul campo: Milano. Un nostro collega, dopo aver fatto innumerevo­li tentativi telefonici con il Comune, rimanendo sempre attaccato alla cornetta per oltre 15 minuti, ha scoperto che la figlia non può partire per una vacanza studio in Gran Bretagna, perché il primo posto libero che ha trovato è il 25 luglio, cioè dopo la data di partenza. E, scoperta l’amara verità, ha avuto anche un’altra rivelazion­e: non può neanche attivare la procedura d’urgenza che permette di tornare al vecchio caro documento di carta (per farlo basta andare – ironia della sorte – anche senza appuntamen­to, in qualsiasi ufficio dell’anagrafe, presentand­o però i biglietti aerei o la prenotazio­ne della villeggiat­ura), perché il passaporto che ha, ugualmente scaduto, ha la priorità nel rinnovo d’urgenza rispetto alla carta.

E, comunque, bisogna armarsi sempre di tanta pazien- za per non fare la fine di un altro cittadino che, nelle scorse settimane, esasperato dall’ennesimo blackout dei terminali ha innescato una rissa in un ufficio anagrafico di Bari. Ma anche i fortunati che arrivano allo sportello con la prenotazio­ne, la fototesser­a e i moduli rischiano. Mentre l’impiegato trascrive i dati cartacei al computer (è stato calcolato che servono 30 minuti contro i 15 della carta cartacea) bisogna augurarsi che non salti il collegamen­to con il ministero dell’Interno o che il programma si blocchi, altrimenti gli addetti comunali devono contattare i tecnici del Poligrafic­o dello Stato (dove dal 2016, nella sede romana di via Salaria, c’è il cervellone operativo), con il rischio che il rilascio della tessera venga rimandato.

SECONDO gli addetti ai lavori, i problemi non mancano e continuera­nno a non mancare. Le postazioni informatic­he decentrate allestite dal ministero dell’Interno ( pc, stampante multifunzi­one, scanner di impronta, lettore di codice a barre e di smart card) non solo non bastano per riuscire a recepire e gestire tutte le richieste, ma chi le sa far funzionare sono veramente in pochi, non proporzion­ati alle ondate di quotidiane richieste effettive. Tanto che a inizio anno, il Comune di Roma ha ottenuto 25 postazioni in più, che si sono aggiunte alle 100 che già aveva, per soddisfare circa il 70% di richieste, mentre la previsione di carte di identità in scadenza da emettere per il 2018 ammonta a oltre 250.000.

Il costo della Cie? Caro più di quattro volte di quella cartacea: 22,21 euro contro 5,42 euro. Un esborso maggiore che dovrebbe essere compensato dal pensiero che anche gli italiani potranno finalmente diventare cittadini digitali. Peccato che anche qui ci siano dei problemi: ancora troppi Comuni non fanno pagare l’importo con il Pos e pochi utenti si presentano con i soldi contati. Gli altri rischiano di non prendere il resto o di regalare 5 centesimi all’amministra­zione. Tanto che Bologna e Firenze sono arrivate a tagliare i costi di segreteria permettend­o ai cittadini di pagare la carta d’identità elettronic­a solo 22 euro, mentre a Bari i contanti sono aboliti e si può pagare solo col Bancomat.

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Ansa/LaPresse Attese Sopra, la fila agli sportelli di un ufficio dell’anagrafe di Milano Sotto, una tessera elettronic­a
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