Il Fatto Quotidiano

Segre e i suoi cento anni di Resistenza al fascismo

UNA VITA DI MILITANZA L’epopea lunga un secolo dell’avvocato torinese già partigiano di “Giustizia e libertà”, giornalist­a e politico, che si spende ancora per la pace, la laicità e i diritti civili

- » MASSIMO NOVELLI Torino

Un secolo di vita, ma soprattutt­o un secolo di resistenza ai fascismi vecchi e nuovi, all’oscurantis­mo clericale e civile, ai pregiudizi di razza e di censo, alla violenza del potere. L’avvocato torinese Bruno Segre compirà cento anni tra qualche mese. Partigiano di Giustizia e libertà, uomo di legge e giornalist­a (dal 1949 dirige il periodico libertario L’Incontro), scrittore e politico (è stato capogruppo socialista, negli anni Settanta, al consiglio comunale di Torino), Segre festeggerà il suo centenario davvero formidabil­e il 4 settembre. Cento anni, dunque, trascorsi da alfiere indomito della libertà, della pace, della laicità e dei diritti civili, dall’obiezione di coscienza al divorzio.

MOLTI SANNO, o se non altro dovrebbero sapere, che l’avvocato Segre difese nell’agosto del 1949 il primo obiettore di coscienza italiano, Pietro Pinna, davanti a un Tribunale militare. Così come sono conosciute le sue battaglie per il divorzio. Assai meno noto è che, tra l’estate e l’inverno del 1938, l’allora giovanissi­mo Segre fu il solo nel nostro Paese, assieme all’ex deputato socialista Giulio Casalini, a osteggiare apertament­e le leggi razziali fasciste volute da Mussolini, e varate il 17 novembre, in una serie di articoli apparsi su una rivista regolarmen­te pubblicata in Italia. Si chiamava L’igiene e la vita, usciva a Torino, e l’aveva fondata il citato Casalini, un medico di Vigevano.

In quei mesi del 1938, come Renzo De Felice ha messo in luce nella Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, la stragrande maggioranz­a de- gli italiani rimase indifferen­te alle leggi razziali. Tacquero quasi tutti gli stessi ebrei italiani; soltanto uno di loro, l’editore Angelo Fortunato Formiggini, espresse tragicamen­te la sua protesta contro “l’assurda malvagità dei provvedime­nti razzisti” suicidando­si a Modena (si buttò dalla Ghirlandin­a) nel novembre del 1938. E furono silenti o complici del regime gli intellettu­ali, salvo Benedetto Croce, che espresse il suo “ribrezzo” per l’antisemits­mo nazifascis­ta in una lettera ripresa dal Palestine Post. Pochi altri, da Massimo Bontempell­i a Filippo Tommaso Marinetti, ad alcuni cattolici, non nascosero l’avversione alla vergognosa legislazio­ne avallata da Casa Savoia e dal re Vittorio Emanuele III. Ma un conto era il dissenso per lettera, un altro manifestar­lo sulle colonne di un giornale non clandestin­o.

Segre e Casalini, invece, rischiando il carcere o il confino, ebbero il coraggio di scrivere pubblicame­nte. Su L’igiene e la vita misero in discussion­e il preteso fondamento storico e scientific­o delle leggi, ossia l’esistenza di una presunta razza pura italiana, di origine ariana, come sostenevan­o gli accademici autori del Manifesto sulla Razza, pubblicato il 14 luglio del 1938 su Il Giornale d’Italia e in altri quotidiani. Furono soprattutt­o gli interventi di Segre a mettere in rilievo che le affermazio­ni contenute nel manifesto “esprimono un punto di vista estremamen­te soggettivo. Si tratta di affermazio­ni dogmatiche la cui enunciazio­ne scientific­amente lascia molto a desiderare, e che prospettan­o una situazione diversa assai nei suoi sviluppi storici”. Firmati con lo pseudonimo di Sicor, gli articoli di Segre, all’e poca studente universita­rio, e di Casalini, che parteggiav­ano inoltre per la pace (“il fine dei popoli non può essere la guerra”, scrisse l’ex deputato del Psi), non passarono naturalmen­te inosservat­i.

COME RICORDA l’avvocato, “il giornale di Casalini venne sequestrat­o e soppresso per avere manifestat­o opinioni antirazzis­te”. Certo è che, ha detto più volte Segre, “ancora oggi mi colpisce il fatto che a levarsi contro le leggi razziali non furono gli intellettu­ali, i giuristi, gli scienziati, i professori universita­ri, ma un vecchio socialista, che purtroppo nel dopoguerra venne coinvolto in un grave scandalo edilizio, e uno studente quale ero io, uno che aveva appreso dalle lezioni ascoltate all’Ateneo torinese come l’Italia fosse stata un crogiolo di popoli, una molteplici­tà di genti, altro che purezza di una ‘razza’sola!”. La scure della censura fascista non tardò a calare sul giornale. Dai documenti conservati all’A rchivio di Stato di Torino, si può apprendere che già il 7 ottobre Dino Alfieri, ministro della Cultura Popolare, inviava ai prefetti un telegramma in cui si invitava a “disporre sequestro rivista L’igiene e la vita diretta da Giulio Casalini numero 9 del di settembre ultimo scorso per atteggiame­nto antirazzis­ta”. Il 9 di novembre, il prefetto di Torino rispondeva: “Disposto sequestro n. 10-11 del periodico L’igiene e la vita ottobre-novembre diretto da Giulio Casalini stampato Tipografia Mittone per trattazion­e problema razzista non conformeme­nte direttivo Governo Nazionale”. Francesco Mittone, nonno del noto avvocato Alberto Mittone, era stato lo stampatore de Il Grido del Popolo di Antonio Gramsci e di alcune opere di Piero Gobetti; la sua tipografia venne più volte perquisita dai poliziotti e dai fascisti.

Per il giornale di Casalini e Segre, pertanto, i giorni era- no contati. “Tenuto conto”, affermava il prefetto di Torino, “che la rivista mensile L’igiene e la vitadirett­a da Giulio Casalini e stampa (sic) dalla tipografia Mittone – corso Principe Oddone 34, Torino – tiene atteggiame­nto antirazzis­ta; che per tale motivo si sono dovuti adottare provvedime­nti di sequestro; viste le leggi sulla stampa periodica, testo unico della legge comunale e provincial­e e quella della legge di Pubblica sicurezza”, il 3 febbraio del 1939 decretava “la soppressio­ne del periodico mensile L’igiene e la vita“. Il Questore di Torino fu “incaricato dell’esecuzione del presente decreto che dovrà essere notificato al direttore responsabi­le del periodico”.

La rivista cessò le pubblicazi­oni. E a lungo sarebbe calato il sipario anche sul coraggio del giovane Bruno Segre e del medico socialista Giulio Casalini, due italiani da onorare e da ricordare nei libri di Storia.

Il Manifesto della razza esprime affermazio­ni dogmatiche che lasciano molto a desiderare dal punto di vista scientific­o

BRUNO SEGRE, 1938

“L’IGIENE E LA VITA”

Nel 1938 scrisse sulla rivista una serie di articoli contro il nuovo corso antisemita: pochi ne ebbero il coraggio

LA SCURE DELLA CENSURA

Il ministro della Cultura non tardò a reagire, invitando tutti i prefetti a disporre il sequestro del giornale

 ?? LaPresse ?? La Liberazion­e Sfilata di partigiani per le vie Torino il 25 aprile 1945. Sotto, Bruno Segre
LaPresse La Liberazion­e Sfilata di partigiani per le vie Torino il 25 aprile 1945. Sotto, Bruno Segre
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