L’imbarazzo dei figli di gay? Qualcuno dovrà cominciare
Cara Selvaggia, ho letto la lettera delle due donne che chiedevano di essere riconosciute entrambe all’anagrafe come mamme del bambino che una delle due partorirà presto. Ho letto anche la risposta del comune di Milano che si dice favorevole al riconoscimento e che annuncia il proposito di andare avanti così. Premetto che rispetto le due signore e non ho nessun desiderio di rovinare loro la festa, mi permetto solo di fare qualche osservazione. Sono sicure, le due, che questo paese sia così aperto e libero da non far pagare questa scelta di essere due madri al loro amato figlio? Perché io non dubito del fatto che sa- ranno due ottimi genitori, dubito della grazia e della gentilezza dell’umanità in generale. Ricordo che a scuola ero considerato diverso e sfortunato perché i miei divorziarono nel ’78 quando i divorzi ancora erano pochi e ancora si vivevano come un evento eccezionale o qualcosa di cui vergognarsi. Ricordo che quando spiegai in classe che i miei non vivevano più insieme e non erano più sposati, un paio di compagni utilizzarono questa storia per deridermi e canzonarmi più volte. Ricordo che se potevo, nascondevo sempre questa cosa fuori dalla scuola e che con la prima fidanzatina mentii a lungo sul fatto che i miei fossero divorziati. Lei lo seppe da un’amica comune e io trovai molto umiliante il fatto di doverlo ammettere. Sono ricordi lontani e la società è cambiata, ma io mi chiedo se quel bambino, tra qualche anno, quando troverà le due mamme fuori dall’asilo, non si sentirà troppo diverso. E soprattutto se non dovrà rendere conto a qualcuno di una scelta che non è stata la sua.
Lucio, qualche anno fa anche io ero scettica. Poi mi sono detta che qualcuno deve cominciare. Tu nel 1978 hai dato qualche spiegazione in più, hai avuto qualche imbarazzo in più rispetto ai figli dei divorziati nel 2018. Probabilmente qualche imbarazzo in più toccherà anche a questo bambino, ma sarà grazie a lui e alle mamme come Corinna e Francesca che un domani questa sarà la normalità. Dobbiamo loro affetto e gratitudine, perché tracciano un solco, con amore e molto coraggio.