Il “periodo d’oro” di Picasso Oltre il danno, anche la febbre
REVIVAL Vendite record per le opere (rovinate) del pittore di Malaga che diventa icona dell’arte che “rende”. Complice il bell’Antonio (Banderas) e i “nuovi” studi sui capolavori
Potremmo definirlo il “periodo d’oro” di Pablo Picasso. Niente a che vedere con la sua produzione, ovviamente. Qui non è l’arte che interessa. Ma il prodotto, o meglio, il fine. Che, proverbialmente, giustifica i mezzi o – come in questo caso – le parti mancanti. Pittura rovinata, opera intaccata. La febbre per il pittore malagueño è tale che se nella previewdi una delle aste milionarie, un quadro viene danneggiato, non importa, il direttore di Christie’s sospira un “capita” e mette a tacere lo scandalo.
Che poi non di scandalo si tratta. O, meglio, non di questo. E neanche di uno scandalo economico: il dipinto Il marinaio , intaccato o no, è stato battuto per 60 milioni di euro, verrà magari rivenduto al doppio tra qualche decennio.
CERTO IL GENIO spagnolo non ritornerà a lamentarsene, a disconoscerlo, né potrà dipingere altri marinai. Si spera almeno che i futuri proprietari non siano soltanto colpiti dalla “febbre dei dalmata” (quella post Carica dei 101, quando tutti i bambini vollero un cane bianco e nero per poi abbandonarli l’anno dopo sulle strade di tutto il mondo) e che si avvicinino – se eguagliarlo sarebbe troppo – agli ex proprietari, Peggy e David Rockfeller, dalla cui collezione provengono i quadri battuti (è proprio il caso di dirlo) a New York. Il marinaio, infatti, non è l’unico dipinto di Pablo Picasso venduto da Christie’s. Anzi, a segnare il record qualche giorno prima del ritiro di quest’ultimo era stato Fillette à la corbeille fleurievalutato 100 milioni di dollari e aggiudicato per 115. Soldi a parte, il revival del padre de la Guernica ha riportato in auge anche studi e teorie più o meno verosimili circa la composizione e il significato “recondito” di una delle opere più famose al mondo. Quasi mancassero testimonianze dirette dell’autore. Dai bozzetti preparatori alle interviste. Niente. Ultimo, il professore José María Juarranz de la Fuente, docente in pensione di Storia e Geografia che un mese fa ha riunito la stampa in un famoso hotel di Madrid. Ordine del giorno: “Gu ernic a. Opera maestra sconosciuta”. Appunto.
Dopo 14 anni di studio, infatti, de la Fuente ha le idee chiare: “Il quadro non ha niente a che vedere con il bombardamento di Guernica, ma sintetizza tre momenti chiave della vita di Picasso. Il terremoto di Malaga del 1884, quando l’autore aveva tre anni; la morte di Casagemas e il suo conflitto personale degli anni 30 dopo il divorzio dalla sua prima moglie”. Quest’ultima, la ballerina russa Olga Khokhlova, nel dipinto sarebbe la testa di cavallo. Febbre da cavallo, più che altro, che continua ad alzarsi, tanto più ora che a interpretare Picasso sul piccolo/ grande schermo è il bravissimo Antonio Banderas. Sempre più bello che bravo e forse anche per questo, sempre più simile a un’icona che al pittore suo concittadino in carne e ossa. Il cui fascino nessuno metterebbe in discussione (a meno che non voglia farlo il professore de la Fuente), ma sulla cui prestanza fisica in molti – critici – avrebbero da ridire. Ma il cui motto continua ad inverarsi: “Datemi un museo e ve lo riempirò”.