Un Paese tradito dalla libertà: non nominate “diritti” invano
BOOK BOOKS Il titolo inquieta chi è stato vicino alle battaglie di Pannella
Con la raccolta di vari scritti sul tema del diritto come reclamo e come pretesa, Alessandro Barbano vuole persuaderci che quel reclamo (esigo il mio diritto) colpisce la libertà alla nuca, abbatte la forza ma anche l’autorità delle istituzioni. E crea uno stato non solo di incertezza ma anche di guerra fra bande, la bande dei diversi e spesso contrapposti reclami di diritti: Troppi diritti. Un’Italia tradita dalla libertà di Alessandro Barbano, Mondadori.
Confesso che per uno vissuto da compagno di strada di una Italia che va da Pannunzio a Pannella, con tante tappe tutte segnate dalla denuncia dei diritti negati e dall’impegno continuo a garantire ciò che sembrava impossibile (da cui le battaglie che cominciano con la parità delle donne e il divorzio, diventano svolta con la libertà del diritto di non procreare, con il diritto di matrimonio uguale per i gay), e restano ancora impossibili (come dimostra il processo a Marco Cappato) per ottenere la libertà di uscita dalla vita, leggere che l’Italia è affetta da problema del “dirittismo” è una sorpresa.
Mi pare di ricordare che in tutte le classifiche mondiali dell’Onu e di ogni altra organizzazione dei diritti umani e civili, l’Italia appare sempre agli ultimi posti, dall’informazione alla tutela dei de- boli. Leggendo il testo di Barbano però si capisce che c’è un problema di lost in translation , di uso disorientante della parola “diritto” in un libro che non è né infondato né privo di ragioni e di argomentazioni che importa conoscere. La parola “diritto” non è ambigua , ma nella vita pubblica italiana ha tre diversi significati: nel mondo giuridico, dove i codici elencano che cosa è o non è un diritto; nel mondo politico-sindacale (e nelle varie imitazioni di esso) dove si definiscono “diritti” le richieste di una disputa, anche se si tratta del legittimo ma non sacro de- siderio di prevalere e di ottenere. E nell’ambito dei diritti umani e civili che continuano a mancare o a essere accantonati in un Paese che ha avuto, nella sua storia, molta autorità e poca democrazia. L’autore di Troppi diritti si riferisce al gioco non sempre limpido di trasformare in diritto sia un punto di vista, sia un interesse di gruppo, e alla mancanza di scrupoli e di precauzioni nell’usare la parola “diritto” come talismano quando si vuole indebolire o eliminare una negazione. Barbano svolge dunque un’utile funzione pedagogica (non nominate “diritto” invano) ma offre un titolo che inquieta chi è stato vicino alla grande battaglia per i diritti civili di Pannella e Bonino.