Abramovich paga per Putin “Ritorsione per Skripal”
Il Cremlino difende l’oligarca proprietario del Chelsea a cui Londra non ha rinnovato il visto: “Una montatura per il falso caso della spia russa”
Un rigore e il Chelsea ha vinto la sua ottava Coppa d’Inghilterra. Sugli spalti esultavano tutti tranne il proprietario, Roman Abramovich. Per la prima volta da quando ha comprato i Blues nel 2003, era assente. Due calci. Il primo è quello vittorioso di Hazard alla palla, il secondo è quello del governo britannico al magnate russo: il visto di Abramovich non è stato rinnovato. La partita contro il Manchester United a Wembley è finita, ma la guerra a Londongrad è appena cominciata.
Il jet privato del tycoon russo è decollato l’ultima volta dal suolo britannico il 1° aprile. Il suo boeing 767 forse ora è nei cieli nuvolosi di Mosca o in quelli ovattati della Svizzera. Di certo, non più in quelli grigi della City. Con 9,3 miliardi di sterline di patrimonio, Abramovich non può più tornare a casa, una villa da 90 milioni al Kensington Palace Gardens, lungo quello che nella Capitale chiamano il viale dei miliardari.
All’oligarca russo non è stato rinnovato il documento di livello 1, riservato a imprenditori di “eccezionale talento”, cioè con fondi eccezionali. Come lui, dal 2008 al 2015, hanno ricevuto quel documento 700 russi, quasi tutti ricchissimi, a cui il Comitato Affari Esteri di Downing Street ieri ha lanciato il guanto di sfida: un report dal titolo “L’oro di Mosca e la corruzio- ne in Gran Bretagna”.
Per il conservatore Tom Tugendhat la politica “non può più rivolgere il suo occhio cieco ai soldi sporchi di cleptocrati e abusatori dei diritti umani russi”. Per il laburista Chris Bryant il mancato rilascio del visto ad Abramovich testimonia che “gli alleati di Putin sono stati marcati”.
La biografia dell’uomo elegante che assisteva annoiato alle vittorie della sua squadra, è quella di un orfano a Saratov, cresciuto da uno zio ebreo a Mosca e poi dall’esercito sovietico. Diventato, da soldato semplice dell’Armata rossa, prima governatore della remota regione siberiana di Chukotka, poi uno degli uomini più ricchi di Londra. Infine, del mondo.
DURANTE LA PERESTROIKA gorbacioviana, Abramovich monopolizza l’export di petrolio insieme al socio Berezovsky. Fonderanno la Sibneft, che renderà entrambi ricchissimi. Quando sarà tem- po di cederla alla Gazprom nel 2005, Abramovich accetterà la proposta del Cremlino, Berezovky, oppositore di Putin, no. Prima di essere ritrovato impiccato nella sua villa, Berezovsky aveva trascinato Abramovich all’Alta Corte di Londra, dove perse il processo nel 2013. Quasi per lo stesso motivo, accordi mancati sulla cessione di quote aziendali, ora, nello stesso tribunale londinese, attende Abramovich un altro oligarca russo, Oleg Deripaska. Sul piatto c’è il controllo quote della Nornickel, l’azienda produttrice di nickel più grande al mondo.
Deripaska, che ha appena ceduto la Rusal perché finito nello scandalo dell’“intervento russo nelle elezioni americane” per le dichiarazioni dell’escort Rybka, compie la sua prima apparizione pubblica dopo essere finito nell’ultima lista di sanzioni anti-russe del Tesoro Usa. Abramovich invece al processo in tribunale, come alla finale di campionato, non c’è. Londra vuole ripulire Londongrad, ma è la culla delle diatribe legali dei miliardari russi.
Intanto tra le due Capitali è tempesta di dichiarazioni e nessun passo indietro. Per il portavoce di Putin, Dimitry Peskov, il visto non rinnovato ad Abramovich è “atto ostile”, e il report Moscow gold ennesima manifestazione “di inaudita russofobia innescata dal caso Skripal, una messa in scena organizzata dai britannici”.
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