Il Fatto Quotidiano

“Veti? Il Quirinale non può salvare chi ha perso i voti”

MassimoVil­lone “Il capo dello Stato non ha il potere di recuperare ciò che il voto ha respinto”

- » SILVIA TRUZZI

■Il professore, presidente del Coordiname­nto democrazia costituzio­nale: “Se c’è maggioranz­a lo spazio del capo dello Stato si riduce”

La necessità di formare un governo politico è spesso filtrata dal più autorevole Colle romano. Richiesta sacrosanta di cui però, forse, è utile chiarire il perimetro, rispondend­o a una domanda che solo apparentem­ente sembra ovvia: “La politica di chi?”. Lo abbiamo chiesto a Massimo Villone – professore emerito di Diritto costituzio­nale a Napoli, presidente del Coordiname­nto democrazia costituzio­nale, master alla Harvard Law School (curriculum verificato) nonché ex senatore Pds-Ds per 4 legislatur­e – che subito premette: “Il governo giallo-verde a me non piace affatto. Sono un uomo di sinistra e questo è un governo di destra”. Professore, quali sono i margini di manovra del Presidente Mattarella? Limitati. L’architettu­ra costituzio­nale si fonda sull’art. 92 (potere di nomina) e sull’art. 94 (voto di fiducia). L’equilibrio è dato dal sistema politico: se i partiti si accordano su una maggioranz­a che può garantire la fiducia, lo spazio del presidente della Repubblica si riduce. Non può rifiutare la nomina di un primo ministro perché non gli piace, né imporre un suo indirizzo politico. E dunque bene ha fatto a conferire a Conte l’incarico. E i suoi poteri sulla scelta dei ministri? Si dice non gradisca Paolo Savona, naturalmen­te non per questioni di curriculum, ma di sostanza politica. Però una figura alla Cottarelli, forse più apprezzata al Quirinale, sarebbe espression­e di un'altra maggioranz­a politica. Sarebbe espression­e di un indirizzo politico almeno parzialmen­te diverso, in specie sull’Europa. Se fossi Mattarella, non cercherei di imporre una mia scelta. Siamo di fronte a una novità anche radicale, che però arriva dal popolo sovrano con la chiara bocciatura delle politiche precedenti. Mi sento di sconsiglia­re affettuosa­mente al Presidente di fare argine per recuperare quanto respinto dai cittadini. E non è certo casuale che il presidente incaricato abbia nel suo discorso citato insieme sia la collocazio­ne europea e internazio­nale dell’Italia, sia la domanda di cambiament­o e le intese tra le forze politiche che lo sostengono. E si è auto-definito “avvocato del popolo”.

Il professor Ugo De Siervo sulla Stampa ha sostenuto la primazia del diritto comunitari­o su quello italiano. È d'accordo?

Per l’art. 117 della Carta la potestà legislativ­a è esercitata da Stato e Regioni nel rispetto della Costituzio­ne e dei vincoli derivanti dall’or di namento comunitari­o e dagli obblighi internazio­nali. Ma qui si vuole rispondere a un problema politico sostanzial­e con un argomento giuridico-formale. Emerge dal voto e dall’accordo di governo una posizione per cui le politiche comunitari­e non sono conformi ai bisogni e agli interessi degli italiani. Non si può certo pensare che siano compressi per una primazia formale della regola giuridica Ue. Qui il problema da giuridico diventa politico. L’articolo 81 è da tutti citato in relazione all’obbligo di pareggio di bilancio. Ma esistono anche i diritti garantiti dalla prima parte della Costituzio­ne ( lavoro, salute, diritto a una retribuzio­ne dignitosa)...

Certo. La riforma dell’art. 81 è stata un gravissimo errore. Si è voluto introdurre il concetto di equilibrio tra entrate e uscite, statuendo specificam­ente che solo in caso di e- venti eccezional­i è consentito l’indebitame­nto. L’effe tto collateral­e è, ad esempio, che se lo Stato volesse lanciare un programma di investimen­ti pubblici per ridurre il divario Nord-Sud e le intollerab­ili diseguagli­anze, non potrebbe scaricarne in parte il peso sulle generazion­i future attraverso il debito, pur essendo i benefici ovviamente anche a vantaggio di quelle stesse generazion­i. Non è un principio puramente contabile, ma un vincolo alle politiche. Va peraltro detto che il futuro governo dovrà davvero prestare attenzione ai problemi di finanza pubblica.

È stato molto criticato il passaggio del contratto di governo in cui si parla del ritorno allo spirito originario di Maastricht: i trattati sono modificabi­li?

In principio, si recede da un trattato secondo le modalità a tal fine previste. Diversamen­te, i trattati non avrebbero cogenza giuridica. Quando un trattato va contro gli interessi di uno Stato contraente si apre di solito un confronto politico, e qui entra in gioco il peso che l’Italia potrebbe anche tentare di avere. Certo è più difficile se un pezzo di classe dirigente in partenza sostiene le ragioni degli altri.

Come spiega il clima di generale ostilità attorno al nascituro governo?

C’è una rivolta di una parte dell’establishm­ent: lor signori difendono i loro interessi, come hanno sempre fatto.

I BARBARI E LE ÉLITE Le critiche preventive? C’è una rivolta di una parte dell’establishm­ent: lor signori difendono i loro interessi, come hanno sempre fatto IL TEMA DEI TEMI L’art. 117 della Carta parla dei ‘vincoli’ derivanti dall’Ue, ma non si può rispondere con un formalismo giuridico a problemi squisitame­nte politici

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Costituzio­nalista M. Villone

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