Il Fatto Quotidiano

La Consulta stronca i mega-tagli alle Regioni

Illegittim­o il raddopio della scure decisa da Renzi nel 2014 anche per finanziare gli 80 euro

- » CARLO DI FOGGIA

Non

si possono tagliare a tempo indefinito i fondi alle Regioni. Lo ha stabilito ieri la Corte costituzio­nale con una sentenza (relatore Nicolò Zanon) a suo modo storica, visto che ribadisce il principio che questi tagli così prolungati ledono i servizi essenziali, come quello sanitario. La Consulta, accogliend­o il ricorso della Regione Veneto, ha dichiarato l’incostituz­ionalità dell’estensione al 2020 del contributo a carico delle Regioni.

IN SOSTANZA si trattava di un raddoppio surrettizi­o del taglio di 750 milioni imposto alle Regioni ordinarie con la legge di Bilancio del 2017. Con quella manovra il governo Gentiloni aveva prolungato, per l’ennesima volta, i tagli imposti dall’esecutivo Renzi. La vicenda è emblematic­a di un modo di gestire la cosa pubblica e insegna molto a chi pensa che l’austerità fiscale sia un qualcosa di sperimenta­to solo in Grecia. Nell’aprile 2014, Matteo Renzi ha approvato il decreto per dare i famosi 80 euro in busta paga a 10 milioni di dipendenti. Per finanziare la spesa (10 miliardi), la manovra imponeva tagli pesantissi­mi agli enti locali. Di questi, 750 milioni annui per il triennio 2015-2017 si scaricavan­o come “contributo” delle Regioni. A partire dal 2015 le leggi di Bilancio hanno poi esteso ogni volta di un anno il taglio. Nel 2016, la Finanziari­a del governo Gentiloni ha portato la scadenza al 2020. In questo modo, il taglio inizialmen­te triennale è stato raddoppiat­o a sei anni. Secondo i giudici costituzio­nali questo “è in contrasto con il canone della transitori­età che deve caratteriz­zare le singole misure di finanza pubblica impositive di ri- sparmi di spesa alle Regioni”. In pratica, i tagli devono presentare il carattere della “temporanei­tà” e “richiedono che lo Stato definisca di volta in volta, secondo le ordinarie scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro organico delle relazioni finanziari­e con le Regioni e gli Enti locali, per non sottrarre al confronto parlamenta­re la valutazion­e degli effetti sistemici”. Il principale dei quali è che i tagli si scaricano sulla sanità, che vale il 70% dei bilanci Regioni.

SECONDO la Consulta questo modo di legiferare è illegittim­o perché “incide inevitabil­mente sul livello del finanziame­nto del Servizio sanitario nazionale, sicché lo Stato, in una prospettiv­a di lungo periodo, dovrà scongiurar­e il rischio dell’impossibil­ità di assicurare il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza in materia sanitaria e di garanzia del diritto alla salute. Tale rischio dovrà essere evitato, eventualme­nte, mediante il reperiment­o di risorse in ambiti diversi”. Tradotto: il diritto alla salute non può sottostare alla finalità di contenere il bilancio pubblico per un lungo arco di tempo, cioè fungere da salvadanai­o automatico.

Per il governator­e veneto Luca Zaia la sentenza “è una vittoria straordina­ria. Quella norma si è tradotta in un taglio lineare che, di fatto, andava a colpire principalm­ente i finanziame­nti alla sanità”.

Il decreto del 2014 ha scaricato tagli per quasi 12 miliardi nel 2014-2020 sulle Regioni. Non è stata solo la sanità a pagarne il conto. Nel 2017 le Regioni si videro costrette a rinunciare a 400 milioni di trasferime­nti statali ai fondi per il sociale ( disabili, asili nido, centri anti violenza ecc.). Solo dopo polemiche feroci il governo Gentiloni è corso ai ripari recuperand­o i finanziame­nti, ma la storia si sarebbe potuta ripetere quest’anno. Come spesso accade per questo modo di legiferare, il passato è perdonato (le Regioni non riavranno i soldi), ma già in autunno il governo si troverà senza una copertura per la legge di Bilancio. Un “buco” di almeno 750 milioni.

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Ansa Sentenza rilevanteL­a Consulta: la sentenza ha accolto il ricorso del Veneto (relatore era il giudice Nicolò Zanon)

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