Il Fatto Quotidiano

Fuest, Gramsci, Conte e l’eterna (pessima) media cultura italiana

- » MARCO PALOMBI

No, per carità, Giuseppe Conte ha abbellito un suo curriculum del 2013: anche se, va detto, quel testo è assai meno scorretto delle migliaia di pezzi e commenti (eccetto un paio) che gli sono stati dedicati ignorando persino le risposte delle università straniere citate dal quasi premier. Ora mettere un (grande o piccolo) tecnico alla guida di un Paese non è mai una buona idea: troppi amici, troppi conoscenti, troppe parcelle, troppi beni al sole. Ma la reazione della stampa a questo travet che avrebbe potuto esse- re ministro con Monti segnala un inquietant­e cambio di fase dei media mainstream: da cane di compagnia del potere a rabbioso difensore dello status quoconto terzi. Ora questo non è preoccupan­te per Conte, di cui c’importa il giusto, ma per il futuro. Ieri l’influente economista tedesco Clemens Fuest, membro degli esperti Cdu, ha detto questo: “La Bce dovrebbe verificare se sia possibile comprare ancora titoli di Stato italiani”. È una minaccia “greca” che ha anche il pregio di svelare quale ruolo assegnino gli amici di Berlino alla mitica Bce indipenden­te. Ora, quando si passerà dalle minacce ai fatti, avere questo livoroso e antiscient­ifico sistema dei media sarà, oltre che un brutto spettacolo, un grosso problema. Nulla di nuovo, eh, siamo sempre a Gramsci e alle “cattive tradizioni della media cultura italiana”. Queste: “L’improvvisa­zione, il ‘talentismo’, la pigrizia fatalistic­a, il dilettanti­smo scervellat­o, la mancanza di disciplina intellettu­ale, l’irresponsa­bilità, la slealtà morale e intellettu­ale”. Qualcuno riconosce qualcuno?

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