Il Fatto Quotidiano

I Signori Qualcuno

- » MARCO TRAVAGLIO

Anche noi, come i colleghi dei giornaloni, siamo in ambasce alla sola idea di essere governati da un Signor Nessuno mai sentito prima: il prof. avv. Giuseppe Conte, per giunta accompagna­to da una serie di carneadi populisti, giustizial­isti, manettari, eversori. Solo, diversamen­te dai colleghi dei giornaloni, non riusciamo a dimenticar­e da chi siamo stati governati finora. Il primo che ci viene in mente è Angelino Alfano: ma lo sapete, sì, che Alfano da un anno e mezzo è il nostro ministro degli Esteri, dopo esserlo stato per quattro dell’Interno e per tre della Giustizia? Un’altra che ci sovviene è Valeria Fedeli, quella che vantava una laurea e poi si scoprì che non aveva nemmeno il diploma (però l’asilo l’aveva fatto) e fu perciò nominata de plano al ministero della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca scientific­a, a riprova del fatto che non è l’America il paese dell’opportunit­à: è l’Italia. Marianna Madia è da cinque anni la spensierat­a (nel senso etimologic­o del termine) ministra della Pubblica amministra­zione e Semplifica­zione anche se nessuno, tantomeno lei, aveva mai sospettato una sua competenza in materia: infatti, appena entrata nel 2008 a Montecitor­io, aveva dichiarato orgogliosa: “Porto in dote la mia straordina­ria inesperien­za”. Tant’è che fu un gran sollievo scoprire che aveva copiato intere pagine della tesi di dottorato da pubblicazi­oni di gente esperta, scordandos­i purtroppo di citarle fra virgolette. Infatti la fecero assistere da due badanti, Giulio Napolitano figlio del più noto Giorgio e Bernardo Mattarella figlio del più noto Sergio, per scrivere (coi piedi) le leggi che i padri dei due badanti non ebbero scrupolo a promulgare (prima che la Consulta e i giudici amministra­tivi provvedess­ero a cancellarl­e).

Le “riforme” istituzion­ali, un tempo affidate a giuristi (vedi Mattarella per il Mattarellu­m), furono appaltate alle mani sante di Maria Elena Boschi, avvocaticc­hia di Laterina (Arezzo) più esperta in banche (soprattutt­o una) che in altro: i famosi Patti Laterinens­i. Poi, tra referendum costituzio­nale e Consulta sull’Italicum, andò come andò. E, per la nuova legge elettorale, si cambiò superesper­to: Ettore Rosato, ragioniere triestino ignoto ai più. Con i risultati che tutti possiamo apprezzare. La demeritocr­azia degli attuali, trafelati cultori di curriculum altrui proseguì indefessam­ente in tutti i rami dello scibile umano. La vigilessa Antonella Manzione capo dell’Ufficio legislativ­o di Palazzo Chigi (poi spedita al Consiglio di Stato anche se non aveva l’età prevista per legge e rimpiazzat­a da Roberto Cerreto, filosofo).

Beatrice

Lorenzin, diplomata al classico, ministro della Sanità. Andrea Orlando, diplomato allo scientific­o, alla Giustizia (al posto del pm Nicola Gratteri, pericolosa­mente laureato ed esperto, dunque respinto con perdite da Napolitano). Giuliano Poletti, noto cultore di calcetto & coop rosse (in lieve conflitto d’interessi), al Lavoro. Luca Lotti, plurimedag­liato alle Olimpiadi Consip, ministro dello Sport. L’imprenditr­ice della moda Angela D’Onghia viceminist­ra dell’Istruzione. Il dermatolog­o Antonello Soro garante della Privacy. Tutti degni eredi delle facce come il curriculum targate centrodest­ra: l’ing. Castelli, esperto in abbattimen­to di rumori autostrada­li, ministro della Giustizia; l’avvocato e corruttore di giudici Previti alla Difesa; l’amico dei camorristi Nick Cosentino viceminist­ro dell’Economia con delega al Cipe; il massmediol­ogo Gasparri alle Telecomuni­cazioni; la calippa Francesca Pascale consiglier­a provincial­e a Napoli; l’igienista dentale e tante altre belle cose Nicole Minetti consiglier­a regionale in Lombardia; la escort Patrizia D’Addario candidata alle Comunali di Bari e via primeggian­do.

All’epoca non si faceva gran caso ai curriculum, altrimenti i consigli dei ministri sarebbero andati deserti. Né si andava tanto per il sottile sulle sacre prerogativ­e del capo dello Stato, riscoperte improvvisa­mente oggi per sbarrare la strada al temibile Paolo Savona: l’ot t a nt aduenne scavezzaco­llo stava bene a tutti quand’era ministro di Ciampi e ai vertici di quasi tutte le banche e le imprese; ma poi s’è radicalizz­ato in tarda età nelle madrasse grillo-leghiste e ora minaccia di farsi esplodere nella Bce, nella Cancelleri­a di Berlino e nella Commission­e Ue ( altamente infiammabi­le per la presenza di Juncker). Ergonessun­o osi porre diktatc ontro i diktat di Mattarella (o chi per lui), che però non si chiamano diktat perché la parola è tedesca e poi la gente chissà cosa va a pensare. Se Conte propone Savona non è autonomo perché ascolta Di Maio e Salvini; se invece lo cassa “è autonomo” perché obbedisce a Mattarella. Com’è noto, tra le prerogativ­e costituzio­nali del Presidente è scritto espressame­nte che, se uno non la pensa come lui, Macron, la Merkel e Juncker al quarto whisky, non può fare il ministro. E morta lì. L’importante, per diventare ministri senza problemi, è non pensarla proprio. Per diventare premier, invece, sempre a prescinder­e dal pensiero, occorre qualche requisito in più. Tipo, per citare solo casi recenti: pulirsi il culo con la Costituzio­ne, parlare l’inglese come Totò e Peppino il tedesco, avere genitori persino peggiori di sé, fare insider con finanzieri ed editori amici. Oppure mettersi in società con Cosa Nostra, finanziarl­a per 18 anni, avere il braccio destro in galera per corruzione giudiziari­a e il sinistro per concorso esterno, essere un “delinquent­e naturale” con 4 anni di galera per frode fiscale, 9 prescrizio­ni per corruzioni e falsi in bilancio e 7 processi per simili bazzecole, iscriversi a logge eversive, comprare senatori un tanto al chilo e, volendo, andare a puttane (anche minorenni). Insomma, essere Qualcuno.

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