Il Fatto Quotidiano

Ma lo spread è come un anno fa

- » MARCO PALOMBI

Si pensava che gli eventi del 2011 e 2012 avessero vaccinato media e opinione pubblica sul vitello d’oro dello spread, invece no. Occorre, dunque, rimettere in fila fatti e ragioni. Intanto cos’è lo spread: quello di cui parlano tutti è il differenzi­ale di rendimento ( gli interessi che si pagano in più) tra i Btp italiani a dieci anni e gli omologhi Bund tedeschi: 100 punti rappresent­ano un 1% di interessi. Ma lo spread, lo diciamo in modo brutale, è anche uno strumento politico, un grimaldell­o lasciato a bella posta nelle mani dei famigerati mercati – in sostanza la grande finanza internazio­nale – per disciplina­re i governi “cattivi” via spesa per interessi: oggi viene lasciato salire per mandare un segnale al costituend­o esecutivo italiano, anche se per ora a un livello gestibile senza patemi.

IN TEORIA. In teoria in una unione monetaria non dovrebbe esserci spread, ma nell’Ue non funziona così: la Bce, infatti, non garantisce i singoli Stati. All’inizio, in realtà, tutti l’avevano dato per scontato e infatti lo spread quasi non esisteva: col sistema sotto stress per la crisi dei subprime, però, Sarkozy e Merkel sulla spiaggia di Deauville chiarirono a tutti che la Grecia poteva fallire. Da allora gli investitor­i prezzano la possibile dissoluzio­ne dell’Eurozona: i Trattati Ue, d’altra parte, non prevedono un ruolo di garanzia per la Banca centrale e, anzi, sono scritti per evitarlo.

IN PRATICA. Cosa successe nel 2011 e 2012? Il nervosismo sui mercati rispetto ai debiti dei Paesi dell’euro crebbe: l’Italia finì nel mirino. Lo spread Btp-Bund salì enormement­e, aiutato anche dalle vendite di importanti banche tedesche, fino a toccare quota 574 il 9 novembre 2011: tre giorni dopo Silvio Berlusconi rassegnava le dimissioni, una settimana dopo giurava il governo Monti che approvava in tutta fretta una pesante manovra di finanza pubblica (la seconda quell’anno) che mandò l’Italia in recessione per due anni. Lo spread iniziò a scendere all’inizio del 2012 e solo dopo le prime due aste Ltro con cui la Bce “regala” soldi alle banche europee. Troppo tardi e troppo poco: il differenzi­ale coi bund tedeschi risalì oltre quota 500 in estate nonostante riforma delle pensioni, tagli di spesa, liberalizz­azioni, privatizza­zioni e il resto dell’armamentar­io ideologico della famosa lettera della Bce. Il 26 luglio 2012 allora Mario Draghi dice: farò “whatever it takes”( tutto quel che serve) per salvare l’Eurozona. Da queste parole nasce un secondo programma per le banche e poi, nel 2015, il Quantitati­ve easing (acquisto di titoli sul mercato) che ha portato i rendimenti al minimo storico nonostante nel frattempo il debito pubblico italiano sia aumentato. Nessun privato, infatti, può speculare contro la Banca centrale di un’economia forte (Ue o Italia che sia).

L’A LTRO IE R I. Lo spread tra Btp e Bund, in ogni caso, non è mai più tornato al livello zero, neanche col Quantitati­ve easing: all’inizio del 2015 si aggirava a quota 100, ma poi è sempre stato più alto e, per le prime tre settimane di aprile 2017, premier Gentiloni e ministro Padoan, è stato sopra i 200 punti; anche nel giugno scorso superò i 200 punti senza apprezzabi­li allarmi sui giornali. In questi giorni, peraltro, lo spread coi Bund sale in tutta Europa: ieri quello dei Btp ha chiuso a 205.

OGGI. Non sappiamo, ovviamente, fino a quanto o a quando la Bce lascerà aumentare lo spread italiano. È bene ricordare, però, che l’eventuale aumento dei rendimenti riguarda solo i nuovi titoli emessi: secondo una stima a spanne, o- gni punto percentual­e di crescita degli interessi costa circa 2 miliardi l’anno (per poi salire un po’ nel tempo). Il debito italiano, peraltro, oggi ha durata media più lunga rispetto al 2011 e questo consente di gestire meglio le aste. Lo spread Btp-Bund, va ricordato, non influenza direttamen­te il mutuo dei cittadini, che è basato sul tasso Euribor.

DOMANI. Il premier uscente Paolo Gentiloni, come altri del suo partito, l’ha buttata in politichet­ta: “Risalire una china per cinque lunghi anni come ha fatto l’Italia non è semplice: ad andare fuori strada servono pochi mesi, a volte poche settimane”. L’agenzia Ansa giovedì ha fatto questo titolo: “Governo, il muro di Salvini su Savona porta tensione sullo spread”. Solo che collegare l ’ a nd amento dello spread a questo o quel governo, a questa o a quella d i c h i a r a- zione, a questa o quella riforma ( vedi il grafico) non ha alcun senso: lo spread è, insieme, un difetto di fabbrica dell’Eurozona a livello tecnico e il volto della sua natura antisolida­le a livello politico. Se davvero la fine del Qearriverà, come previsto, entro l’anno e la Bce tornerà inerte, avremo forti tensioni già dal 2019. Va anche detto - per le trattative, anche dure, che verranno - che non bisogna drammatizz­are: nessun creditore ha interesse a veder fallire il debitore. Stupisce, al contrario, che un dirigente politico di lungo corso come Gentiloni ritenga normale che le scelte di un Paese siano sottoposte a qualunque desiderio dei mercati, come se la finanza onnipossen­te fosse uno stato di natura.

IL GRAFICO SU UN DECENNIO DICE TUTTO Non è stato Monti a domare “il mostro”, ma Draghi Differenzi­ale oltre 200 punti due volte anche nel 2017

FINORA COSTI BASSI Se la Bce vuole, può far scendere i rendimenti italiani già oggi: l’1% di interessi in più vale circa 2 miliardi l’anno

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Ansa Il grafico L’andamento dello spread tra Btp e Bund dal 1° luglio 2007 a ieri con alcune date rilevanti. In basso, Paolo Gentiloni
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