Rai, le grandi manovre per la nomina nel Cda
Uno dei 7 consiglieri sarà eletto dai dipendenti: le cordate politiche sono già in azione
Con il nuovo governo ai nastri di partenza e la scadenza del 31 maggio per presentare i curricula per i candidati al nuovo Cda, iniziano ad animarsi i giochi per il rinnovo dei vertici Rai, uno dei primissimi passaggi che il Parlamento e l’esecutivo dovranno affrontare. I membri del prossimo consiglio di amm in i st r a zi o ne , secondo la nuova legge, saranno 7:
4 votati dal Parlamento ( 2 dalla Camera e 2 dal Senato), altri 2 nominati da Palazzo Chigi tramite il Mef, mentre uno sarà votato tra i dipendenti Rai.
ALCUNI volti noti hanno già avanzato la candidatura per le 4 nomine parlamentari. Come Michele Santoro, Giovanni Minoli, due membri del Cda uscente come Arturo Diaconale e Rita Borioni, ma pure, a quanto si apprende, Marco Mele, giornalista del Sole 24 Ore esperto di comunicazione. “La mia è quasi più una provocazione, spero serva ad aprire il dibattito su come risollevare la Rai”, ha detto Santoro. “Se vale la meritocrazia, io qualche titolo ce l’ho. Voglio fare una Raivoluzione”, sono state le parole di Minoli. In Parlamento, però, ancora non si sa quale organismo dovrà vagliare i curricula per stabilire se i candidati abbiano i requisiti.
Ma se i nomi esterni promettono fuochi d’artificio, ci sarà da divertirsi anche con quello espresso dall’azienda. Da giorni sono in corso trattative per arrivare a un candidato unitario tra le otto sigle sindacali, capeggiate da Usigrai, Cgil, Cisl, Uil e Adrai. La legge stabilisce che ogni candidato può essere espressione di una o più sigle sindacali oppure deve aver raccolto almeno 150 firme tra i dipendenti. I nomi che circolano a Viale Mazzini sono quelli di Roberto Natale, ex presidente della Fnsi, rientrato in azienda dopo essere stato portavoce di Laura Boldrini. Altro nome in circolazione è quello dell’ex direttore del Tg2, Marcello Masi. Infine si parla anche dell’ex direttore di Rai3, Antonio Di Bella. Su un nome unitario l’Usigrai sta cercando di coinvolgere le altre sigle sindacali, tra cui l’Adrai, l’associazione dei dirigenti (circa 300). Arrivare a un accordo sarà difficile. Più probabile che ognuno porti il suo candidato di bandiera, mentre i giochi si faranno dopo la scrematura, prima del voto vero e proprio, a giugno. Tra l’altro da più parti dentro l’azienda si esprimono perplessità sul fatto che in Cda vada un giornalista.
NEGLI ULTIMI GIORNI, intanto, è partita la corsa alla raccolta firme da parte di una decina di personalità interne non appartenenti ai giornalisti (che in Rai sono circa 1.800 su un totale di 13 mila dipendenti), tra cui alcuni dirigenti, ma pure persone appartenenti alla categoria “quadri, impiegati, operai”.
Gli standard richiesti per le candidature sono alti: potrà presentarsi solo chi ha “i requisiti per essere nominato giudice costituzionale” oppure “personalità che si sono distinte in attività economiche, giuridiche e culturali”, settori dove “devono aver ricoperto cariche manageriali”. Difficile che un semplice dipendente passi la selezione, più facile per un dirigente di alta fascia o un giornalista che abbia nel suo carnet almeno una direzione. “Sembra una norma scritta per fare in modo che chi ha i voti non abbia requisiti e chi ha i requisiti non abbia i voti”, commenta il segretario di Adrai, Luigi Meloni. Last but not least, a metà giugno andrà in scena anche il congresso dell’Usigrai per il rinnovo dei vertici. Se la conferma a segretario di Vittorio Di Trapani (terzo mandato) non è in discussione, la novità è la presenza di una lista di giornalisti di centrodestra, “Pluralismo e libertà”, capitanata da Giuseppe Malara, tra i cui ispiratori ci sarebbe un gruppo di vicedirettori – Gennaro Sangiuliano (Tg1), Nicola Rao (Tgr), Susanna Petruni (Rai Parlamento) – che, tramontato lo schema del vecchio centrodestra berlusconiano, ora guardano a Matteo Salvini come nuovo punto di riferimento. Lo stesso leader leghista, del resto, ha messo il cambio dei vertici Rai in cima alla sua agenda. Così a Viale Mazzini ci si muove soprattutto per marcare il territorio. Chi è stato vicino al Pd renziano teme il repulisti, chi ha sempre guardato a destra torna a scalpitare.
Gli interni Tra i nomi che circolano: Roberto Natale, Marcello Masi e Antonio Di Bella