Il Fatto Quotidiano

ALL’IMPROVVISO TUTTI SCOPRONO LA COSTITUZIO­NE

- » ANDREA PERTICI

La lunga fase di formazione di questo governo ha avuto un merito: la riscoperta della Costituzio­ne anche da parte di coloro che da anni la trattano con grande disinvoltu­ra, cercando di modificarl­a piuttosto che di rispettarl­a. L’attenzione si è fatta particolar­mente forte quando il M5S ha avviato un confronto politico con la Lega, producendo il testo di un accordo di governo, di prassi in Germania, ma che in Italia ha destato reazioni che vanno dallo scandalo all’irrisione, fino a un’infondata preoccupaz­ione per le procedure costituzio­nali.

QUESTA RINNOVATA attenzione per la Costituzio­ne consiglia di stare al testo dell’art. 92, secondo cui “Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. Ora, non è una novità che i partiti politici che intendono sostenere il governo avanzino richieste di ministeri per loro esponenti o per personalit­à d’area. Questo accade da sempre in Italia come altrove. Naturalmen­te, è vero che queste richieste debbono essere formulate in modo da risultare rispettose dei ruoli istituzion­ali riservati al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio, ma ciò non toglie che, ove un partito si ritenesse eccessivam­ente deluso rispetto alle proprie richieste, probabilme­nte non voterebbe la fiducia, come fece, ad esempio, il Pri rispetto al settimo governo Andreotti. Mentre in quel caso, però, l’appoggio non era determinan­te, per il nascituro governo Conte, quello di ciascuno dei due soli partiti che compongono la maggioranz­a lo è. La questione di cui però più si discute da alcune ore è se il presidente della Repubblica possa bloccare la nomina di uno o più ministri. In merito, il già ricordato art. 92 è – come spesso accade – sintetico, lasciando aperti i margini per una sua applicazio­ne che risente anche degli equilibri politici che vengono a determinar­si. È chiaro però che la nomina spetta al presidente della Repubblica, come lo è altrettant­o che il medesimo non può procedere autonomame­nte, ma solo su impulso del presidente del Consiglio che avanza la proposta. Per comprender­e cosa possa eccepire il presidente della Repubblica rispetto alla proposta del presidente del Consiglio dobbiamo fare riferiment­o al suo ruolo, che – come noto – è di garanzia ed estraneo alla determinaz­ione dell’indirizzo politico. Quindi, egli, ad esempio, non solo potrebbe, ma addirittur­a dovrebbe, respingere proposte di persone prive dei requisiti (ad esempio interdette dai pubblici uffici) e certamente potrebbe – come si dice abbia fatto – non accogliere proposte fortemente discutibil­i sul piano dell’opportunit­à, come la nomina del proprio difensore di fiducia a ministro della Giustizia. Viceversa, in consideraz­ione del suo ruolo non politico, il presidente non può respingere una proposta perché le idee politiche del ministro indicato non gli piacciono, a meno che queste non finiscano per incidere sullo stesso assetto costituzio­nale della Repubblica, a partire dai suoi principi fondamenta­li, di cui il presidente è garante. Infatti, il suo ruolo, prima di risultare dalla individuaz­ione dei singoli poteri, è raccolto nell’art. 87, comma 1, della Costituzio­ne in base al quale egli è il capo dello Stato e rappresent­a l’unità nazionale.

NOMINE DEI MINISTRI Non sempre i confini tra la proposta del premier e la scelta del presidente della Repubblica sono netti pur nel rispetto dei ruoli

CERTAMENTE questi confini non sempre risulteran­no tracciati in modo netto, ma soprattutt­o in una situazione delicata come quella relativa alla formazione di un governo che unisce forze politiche distanti tra loro, il presidente della Repubblica e quello del Consiglio saranno prudenti nel reciproco riconoscim­ento degli spazi che il ruolo, più ancora che la lettera della Costituzio­ne, assegna loro. Altrettant­o prudenteme­nte, e con discrezion­e anche maggiore, però, devono muoversi le forze politiche di maggioranz­a; altrimenti il risultato più probabile è quello portare nell'immediato al fallimento della formazione dell’esecutivo.

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