Venerdì della rabbia Leila non fu uccisa dagli israeliani
Gaza, i familiari denunciarono che la bimba aveva respirato i lacrimogeni: in realtà aveva un difetto cardiaco
Leila
al-Ghandour aveva appena otto mesi il 14 maggio, giorno in cui Hamas ha organizzato una delle “marce del ritorno” al confine fra Gaza e Israele, che è stata la più sanguinosa in termini di vittime e scontri. Leila, dissero i familiari, morì per colpa dell'esercito israeliano, avendo respirato i gas lacrimogeni.
Da ieri il suo nome è stato rimosso dalla lista del ministero della Salute di Gaza. Nonostante la versione della famiglia avallata proprio dal ministero, Leila è morta per cause naturali: alla verità si è giunti grazie anche al
New York Times che - citando parenti della bambina - ha riportato che soffriva di un difetto cardiaco congenito. Copie di referti dell’ospedale in cui è stata assistita la bambina, ottenute dal Guardian , parlano di “difetti cardiaci sin dalla nascita”, che hanno provocato un “grave arresto della circolazione del sangue e respiratorio”. Hamas non desiste: anche ieri ci sono stati scontri al confine per il nono “venerdì della rabbia”.
I NUMERI sono forniti da fonti palestinesi, fra cui l'agenzia Maan, che parla di 41 feriti, colpiti o dai militari israeliani o intossicati dai lacrimogeni. Il portavoce dell'Idf (l'esercito di Tel Aviv) ha riferito di un ordigno scagliato dai dimostranti contro soldati dislocati sul confine, i militari sono rimasti indenni, inoltre, a più riprese squadre di palestinesi hanno cercato di sabotare infrastrutture sul confine. La tensione non si placa: Yahya al-Sinwar, leader di Hamas a Gaza, ha fatto appello a nuove proteste in occasione del 5 giugno, anniversario della Guerra dei Sei Giorni, combattuta nel 1967 quando Egitto, Siria e Giordania cercarono di cancellare lo stato ebraico. La guerra si concluse per gli stati arabi con una sconfitta, Israele conquistò la Cisgiordania e Gerusalemme Est strappandole alla Giordania, la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all'Egitto, e le alture del Golan, a cui dovette rinunciare la Siria.