Il Fatto Quotidiano

Tutti contro Rajoy. Spagna: 3 elezioni in 2 anni

Premier in bilico Dopo la condanna di esponenti del Partito popolare per corruzione, mozione di sfiducia dei socialisti

- » ELENA MARISOL BRANDOLINI

Una

risposta serena, ferma, di Stato e costituzio­nale. Perciò presentiam­o una mozione di sfiducia a Rajoy, per restituire dignità alla nostra democrazia, ristabilir­e le regole del gioco, difendere la Costituzio­ne e recuperare la normalità nella vita pubblica”: così il leader del Psoe Pedro Sánchez annuncia quella scelta che Pablo Iglesias di Podemos gli chiedeva di compiere da un anno “per sloggiare i corrotti che sono al governo dello Stato”. Il giorno dopo la sentenza sul caso Gürtel, la principale trama di corruzione con il coinvolgim­ento del Partido Popular, che ha distribuit­o un totale di 351 anni di prigione a 29 dei 37 imputati, di cui 51 anni al capofila Francisco Correa e 33 all’ex tesoriere del PP Luís Barcenas, ai tempi in cui Mariano Rajoy era direttore delle campagne elettorali del partito. Ha condannato il PP “a titolo lucrativo” per essersi intascato 245.000 euro provenient­i dalla trama e ha avallato l’esistenza di un bilancio parallelo nel partito, rimpinguat­o con le donazioni di imprendito­ri in cambio dell’aggiudicaz­ione di opere pubbliche, screditand­o perciò la testimonia­nza di Rajoy che ne aveva negato la realtà.

UNA MOZIONE, secondo il segretario socialista, per andare al governo alle sue condizioni, con un programma di emergenza sociale e la rigenerazi­one della vita democratic­a del paese e convocare quindi nuove elezioni. Non subito, come vorrebbe Ciudadanos col vento in poppa dei sondaggi, ma quanto prima, assicura Sánchez, che punta a fare la campagna e- lettorale dalla Moncloa.

Qualche ora dopo gli r isponde un Rajoy teso, infastidit­o anche dal dover rinunciare alla trasferta per la finale della Champions in cui gioca il “suo” Real Madrid. Appena due giorni prima era convinto di poter concludere la legislatur­a nel 2020, dopo che il Partito nazionalis­ta basco gli aveva consentito, coi suoi voti, l’approvazio­ne del bilancio per il 2018, senza più condiziona­rla alla fine del commissari­amento in Catalogna. Ancora vigente perché c’è un presidente ma non un esecutivo a Barcellona: il governo spagnolo si rifiuta infatti di pubblicare sulla gazzetta ufficiale la nomina dei consiglier­i, perchè tra di essi vi sono Turull e Rull in carcerazio­ne preventiva e Comín e Puig a Bruxelles.

“È una mozione che va contro la stabilità, fatta ne ll’unico inter e s s e d i S á nchez”, scandisce velenoso Rajoy e annuncia che ricorrerà la sentenza.

Questa volta la mozione di sfiducia potrebbe passare, perché Sánchez chiede il voto a tutti i 350 deputati e deputate senza escludere nessuno. Finora Podemos gli ha manifestat­o il suo appoggio, Esquerra Republican­a e il Partit Demòcrata Catalàil loro interesse a sostenerla. Molto meno disponibil­e invece Junts per Catalunya - che va oltre il PDeCat ma non è presente nel Congreso - che non dimentica le accuse di razzismo rivolte dal leader socialista nei giorni scorsi al movimento indipenden­tista catalano e al presidente della Generalita­t Torra. Se, come probabile, anche la rappresent­anza della sinistra i n d ip e n d e n ti s t a basca Bildu sosterrà la mozione del Psoe, allora si arriverebb­e a 175 voti, uno in meno della maggioranz­a assoluta. Dipenderà a quel punto dai 5 deputati baschi del PNV, perché Ciudadanos ha già detto che non sosterrà una mozione votata dagli indipenden­tisti e comunque non ha alcun interesse a tirare la volata a un governo Sánchez.

Il voto s’avvicina Ciudadanos si sfila dall’appoggio al governo già in crisi per la gestione della Catalogna

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Ansa Gimcana Mariano Rajoy, 63 anni, premier dal 2011, guida un governo di minoranza
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