Real Madrid o Liverpool: la sera giusta per decidere chi è il (reale) campione
A Kiev alle 20:45 il calcio d’inizio della finale continentale. Sono 17 le Coppe vinte dalle due squadre
Questa sera, a Kiev, l’Europa sceglie il suo re. Potrebbe essere il solito, quel Real di Madrid che lo è già stato per ben tre volte nelle ultime quattro edizioni, o potrebbe essere uno che non lo è più dal 2005, da quando, a Istanbul, rimontò il Milan da 0-3 a 3-3 per poi beffarlo ai rigori: il Liverpool.
Dodici Coppe, i bianchi; cinque, i rossi. In mezzo, con sette trofei, solo il grande Milan. La storia è storia. Fu il Real a capire in largo anticipo che il vento stava cambiando. Erano gli anni Cinquanta e a un giornalista francese de L’Equipe venne una pazza idea. Si chiamava Gabriel Hanot e, pur di smontare la boria inglese del Wolverhampton, che si era autoproclamato “campione del mondo” per aver battuto in amichevole Spartak Mo- sca e Honved Budapest, lanciò la Coppa dei Campioni. Traduzione: se siete davvero i più forti, dimostratelo. A Santiago Bernabeu, presidentissimo del Real, non parve vero. Si buttò sulla “culla” come un Erode famelico e divorò, letteralmente, le prime cinque. Per essere franchi (e Franco) era, quello, lo squadrone di Di Stefano, Kopa, Gento, Puskas.
IL LIVERPOOL, in compenso, dominò tra i Settanta e gli Ottanta con quattro successi, uno dei quali – nel 1981, a Parigi – proprio sul Real. Decise la pagliuzza di una rimessa laterale, sfuggita agli sbadiglianti radar degli avversari. Scrivi Liverpool e pensi all’orchestra di Keegan, Dalglish, McDermott, Souness, Rush. Più Beatles che monarchie. Più musica pop che marce militari. Più birra che mirra. E tanto You’ll never walk alone di contorno.
Si parte da una città in stato d’assedio. Giovedì notte, in un ristorante del centro, tifosi del Liverpool sono stati aggrediti da un branco di teppisti. Bi- lancio: alcuni feriti e tre arresti. Si parte da Cristiano Ronaldo e Mohamed Salah, cinque palloni d’oro contro una stagione tutta d’oro e il Ramadan da “governare”. Gli spagnoli hanno eliminato la Juventus, gli inglesi la Roma. In caso di successo, il Real porterebbe a tre le Champions consecutive: una striscia non lontana dalla dittatura con la quale scolpì il secolo scorso.
Il Real non è mai stato rivoluzionario. Ha privilegiato, sempre, i solisti: da Di Stefano a Cristiano. Nessuno ricorda l’allenatore del quinquennio, anche perché furono tre: Villalonga, Carniglia, Munoz. Al Real non si inventa, come fece l’Ajax di Cruijff con il calcio totale o il Barcellona di Guardiola con il tiki taka. Basta sfogliare l’album di famiglia: uno spunto prima o poi salta fuori. Zinedine Zidane, il tecnico che cucinò l’Atletico a San Siro e demolì la Juventus a Cardiff, ne è un raffinato cultore.
JÜRGEN KLOPP, lui, pratica uno straordinario calcio “parziale”, votato all’azione verticale, essenziale. Lungi dal competere con il sinistro di Marcelo o le geometrie di Modric, il suo Liverpool si ciba di momenti, di pugnalate. Mané, Firmino e Salah ne incarnano lo spirito piratesco. Hanno bisogno di lanci, non di ricami; di affilata profondità, non di sofisticati intrecci.
Kiev, ore 20:45: c’è chi può tenere Bale in panchina e chi no. Non è ancora una sentenza, ma già un indizio.