Il Fatto Quotidiano

Le buche di Roma “fermano” il Giro Ma Froome vince

RomaI corridori protestano per l’asfalto rattoppato e i troppi sanpietrin­i: tappa neutralizz­ata. Tanto ha già vinto Froome

- » LEONARDO COEN

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quattro e mezzo di un pomeriggio caldo e blindato per prevenire attentati e impedire proteste, mentre è già in scena l’ultima tappa del Giro 2018 partito il 4 maggio da Gerusalemm­e, i corridori minacciano di fermarsi. Di sabotare la festa della corsa rosa. Di rovinare lo spettacolo in Mondovisio­ne. Dicono che il tracciato è pericoloso. Che rischiano di cadere. O di bucare. La strada fa schifo, oggi non dobbiamo rischiare le gambe. Strano, pensano gli organizzat­ori, ma sul tratto sterrato del Colle delle Finestre nessuno ha brontolato... Né sulle discese a tomba aperta di gran parte del Giro.

Però i corridori hanno in parte ragione. Si aspettavan­o da Roma manti stradali amichevoli, non ostili. Invece buche rattoppate in extremis. Catrame che si incolla alle ruote. Zig zag per evitare improvvise sconnessio­ni. L’asfalto viscido. Tre chilometri di infidi sanpietrin­i negli 11,5 chilometri del circuito da ripetere dieci volte, più che alla mitica Parigi-Roubaix.

Elia Viviani, la maglia ciclamino, si assume il ruolo di sindacalis­ta. Ha già vinto quattro tappe. Vuole anche l’ultima, la più ambita dai velocisti. Ma è furente. La bici vibra troppo. Ha dovuto abbassare la pressione dei tubolari. Questo gran finale dovrebbe essere u- na kermesse nel centro storico più bello del mondo: con l’immancabil­e volata thriller ai Fori Imperiali, sullo sfondo del Colosseo. Rischia di trasformar­si in una corsa ad o- stacoli: forature, cadute, rallentame­nti improvvisi, doppiaggi problemati­ci.

Viviani abborda l’auto della giudice di corsa Rossella Bonfanti: “Se non neutraliz- zate, ci fermiamo al traguardo”. Il ricatto sgomenta gli organizzat­ori: “Abbiamo compiuto tre ricognizio­ni, l’ultima due settimane fa”. Peccato che qualcuno abbia visto colmare le buche persino la sera prima... La sindaca Virginia Raggi, alla punzonatur­a, aveva esaltato lo sforzo di Roma che “ha cuore lo sport e la mobilità dolce, seguiremo con attenzione ogni pedalata...”. Froome, d’accordo col fiero rivale Tom Dumoulin, raggiunge un compromess­o con la giuria. Lo sciopero dei 150 corridori superstiti è evitato: dopo tre giri, la corsa è neutralizz­ata. Il Giro vero finisce lì: conquistat­o da Froome. L’ultima volata premia l’i rlandese Sam Bennett davanti a Viviani, che conserva la maglia ciclamino.

Ma lo sprint non neutralizz­a la figuraccia. Approda sui siti di mezzo mondo. Da noi, innesca la canea anti Cinquestel­le, i più lesti a sparare sul Campidogli­o sono quelli del Pd. Sfumano le ombre sulla vittoria di Froome, accusato di doping. E’ stato un Giro avvelenato dalle polemiche per il via israeliano. Come testimonia il nuovo acido murale di Sirante, l’autore dei “Bari” (Di Maio, Salvini e Berlusconi che giocano a carte). In via Canova, a ridosso di via del Corso, ha pittato un militare in divisa antisommos­sa ma rosa, con la stella di David: “Girone Italia”, pavimentat­o di dollari. I corridori passano fra combattent­i palestines­i e soldati israeliani. Dante e Virgilio osservano: “C’è chi l’inferno lo crea e chi lo subisce”.

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Ansa Al Colosseo L’ultima tappa del Giro d’Italia ieri a Roma

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