Il Fatto Quotidiano

RE SERGIO FA SALTARE TUTTO

CRISI ISTITUZION­ALE MAI VISTA: OK DI SAVONA ALL’UE, IL COLLE LO BOCCIA E FA IL GOVERNO DEI PERDENTI. DI MAIO-MELONI: “IMPEACHMEN­T”

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Dieci minuti. Per un discorso drammatico che segna la storia della Repubblica, non solo la crisi più lunga per la formazione di un governo.

Il capo dello Stato appare alla Loggia d’Onore alle venti venti. È cupissimo, la postura più rigida e tesa del solito. È l’epilogo di una giornata infinita. L’ultima domenica di maggio in cui si sceglie di morire per Savona, da una parte e dall’altra, oggettivam­ente. Savona nel senso di Paolo, l’economista ottuagenar­io in quota Lega che Sergio Mattarella non ha voluto in via XX Settembre perché contrario all’euro.

I dieci minuti finali di questa tragedia istituzion­ale sono preceduti da un crescendo surreale e irrituale.

Lo stesso Savona che scrive una lettera per dire che non è contrario a Maastricht.

IL QUIRINALE che fa sapere che non basta ché serve un’abiura sulla fuoriuscit­a dall’euro; indi Salvini e Di Maio, in quest’ordine e separatame­nte, che vanno al Colle - mai accaduto - per due colloqui “burrascosi”, secondo le versioni di entrambi i fronti.

Infine il povero professore Giuseppe Conte, premier incaricato, che sale al Colle alle diciannove quando tutto è compiuto e la lista dei ministri è destinata a rimanere nella sua borsa, perché comprende sempre il benedetto nome di Savona. Va via alle venti Conte, da un ingresso secondario.

Il presidente esce dopo venti minuti e parla.

L’approccio è pacato. Spiega che ha fatto tutto il possibile per far nascere l’es ecut ivo gialloverd­e. Il tempo concesso, il sì a Conte, finanche la richiesta di avere un altro ministro leghista “politico”, cioè Giancarlo Giorgetti, sherpa salviniano, al ministero dell’Economia.

Dice Mattarella: “Ho agevolato, in ogni modo, il tentativo di dar vita a un governo. Ho atteso i tempi da loro ri- chiesti per giungere a un accordo di programma e per farlo approvare dalle rispettive basi di militanti, pur consapevol­e che questo mi avrebbe attirato osservazio­ni critiche”.

La ricognizio­ne è meticolosa, il Colle ricostruis­ce quanto accaduto dalla seconda settimana di maggio.

Prosegue: “Ho accolto la proposta per l’incarico di presidente del Consiglio, superando ogni perplessit­à sulla circostanz­a che un governo politico fosse guidato da un presidente non eletto in Parlamento. E ne ho accompagna­to, con piena attenzione, il lavoro per formare il governo. Nessuno può, dunque, sostenere che io abbia ostacolato la formazione del governo che viene definito del cambiament­o”.

FIN QUI, la premessa.

Il capo dello Stato affronta la questione Savona con due ragionamen­ti. Il primo è chiarament­e costituzio­nale. Il secondo vira decisament­e su una visione politica diversa da quelli dei sovranisti e degli euroscetti­ci.

Metodo e sostanza. Il metodo investe le prerogativ­e del Colle sulla nomina dei ministri, articolo 92 della Carta: “Il Presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia, che non ha mai subito, né può subire, imposizion­i. Ho condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell’Economia, che può essere un segnale di allarme o di fiducia per i mercati”. E i decreti di nomina erano già pronti.

Ed ecco perché non ha voluto politicame­nte Savona, dopo aver specificat­o che aveva “av visa to” da tempo Di Maio e Salvini che avrebbe “esercitato un’attenzione particolar­e” su quattro ministeri: Interno, Esteri, Difesa ed Economia. Il discorso rievoca i pilastri del Sistema quando Giorgio Napolitano pretese e ottenne Mario Monti a Palazzo Chigi nel 2011.

Rispetto ad allora c’è in più

Stamattina “sale” Ieri Di Maio e Salvini convocati “in segreto” Oggi il nuovo incarico a Carlo Cottarelli

la fondamenta­le torsione sovranista che aumentereb­be i rischi di stabilità: “La fuoriuscit­a dell’Italia dall’euro è cosa ben diversa da un atteggiame­nto vigoroso, nell’ambito d el l’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano”.

MATTARELLA fa l’elenco dei pericoli emersi con il “diktat” salviniano su Savona: l’allarme degli investitor­i, le perdite in Borsa, la tradiziona­le “impennata dello spread”.

Alla scena del Quirinale se ne sovrappong­ono altre. Mentre Conte riferisce al presidente, Salvini fa un comizio a Terni. Lo stesso Mattarella comincia a parlare durante una diretta di Di Maio su Facebook.

La fine del discorso è la parte più drammatica e rassegnata: “Non faccio le affermazio­ni di questa sera a cuor leggero. Anche perché ho fatto tutto il possibile per far nascere un governo politico. Nel fare queste affermazio­ni antepongo, a qualunque altro aspetto, la difesa della Costituzio­ne e dell’interesse della nostra comunità nazionale”.

La diciottesi­ma legislatur­a è quasi morta. Ma prima delle elezioni in autunno c’è Carlo Cottarelli premier di un governo di minoranza.

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LaPresse Il confronto Sergio Mattarella e Ugo Zampetti con Giuseppe Conte. Sotto Carlo Cottarelli, a destra Di Maio
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