Il Fatto Quotidiano

Carlo Cottarelli, il profeta dei tagli premier in nome dello spread

Oggi sale al Colle l’ex commissari­o alla spending review che valuta i programmi dei partiti

- » STEFANO FELTRI

“Non vedo scossoni sullo spread nell'immediato, anche con choc p ol i ti c i”. Il 12 marzo Carlo Cottarelli era molto ottimista: già si era dato disponibil­e in tutti i modi per il governo, ma non immaginava certo che poco più di due mesi dopo avrebbe davvero ricevuto l’incarico di formare un nuovo governo proprio in nome degli “scossoni sullo spread” e dopo uno “choc politico”. Questa mattina Sergio Mattarella riceverà al Quirinale il professor Cottarelli, ex commissari­o alla revisione della spesa, per dargli l’incarico di formare un nuovo governo, anche senza la fiducia del Parlamento (salvo sorprese), per poi guidare il Paese verso le elezioni mentre i Cinque Stelle e Fratelli d’Italia già iniziano una campagna per mettere in stato d’accusa Mattarella.

NEL SUO ULTIMOlibr­o appena pubblicato da Feltrinell­i I sette peccati capitali dell’economia italiana (un programma di governo), Cottarelli dedica un intero capitolo alla “difficoltà di convivere con l’euro”. Un’analisi molto critica - con tanto di citazioni dell’euroscetti­co ex governator­e della Banca d’Italia Antonio Fazio - ma che arriva alla conclusion­e che “tutto sommato, credo che sia di gran lunga preferibil­e cercare di tornare alla crescita riformando l’economia italiana, piuttosto che scegliere il salto nel buio rappresent­ato d a u n ’ u s c i t a dall’euro”. Non una profession­e di entusiasmo verso la moneta unica, ma a Cottarelli tocca ora il compito di rappresent­are, almeno nelle intenzioni di Mattarella, l’argine europeista alle derive rappresent­ante dal programma della Lega e dalla nomina di Paolo Savona al ministero del l’Ec onomia sulla quale è arrivato il veto del Quirinale, aprendo la crisi.

Difficile però che Cottarelli basti a rassicurar­e i mercati, le istituzion­i europee e i partner internazio­nali, come il presidente Emmanuel Macron che aveva già dato un sorprenden­te sostegno al professor Giuseppe Conte (M5S) con l’idea di creare un asse con l’Italia per arginare la Germania nella gestione dell’eurozona.

A 64 anni, Cottarelli con il suo volto scavato e il marcato accento cremonese, non è esattament­e il personaggi­o capace di raccoglier­e consensi in Parlamento o di trovare un insperato nuovo accordo tra partiti. Oggi dirige l’Osservator­io sui conti pubblici dell’U- verso. A Washington guadagnava 300 mila dollari quasi netti, accetterà di scendere a 260mila ma il primo effetto della sua nomina è che il governo Letta deve aumentare la spesa prevista per il commissari­o alla revisione della spesa da 950 mila euro per tre anni a 980 mila. Cottarelli resta comunque popolare almeno finché a palazzo Chigi non arriva Matteo Renzi, nel febbraio del 2014, e decide che la politica di bilancio e i tagli li decide il premier, non un commissari­o tecnico. Dopo mesi di difficile convivenza al limite del mobbing, il primo novembre 2014 Renzi rimanda Cottarelli al Fondo monetario internazio­nale, con un altro incarico, direttore esecutivo nel board, una nomina politica per levarselo di torno. Prende il suo posto Yoram Gutgeld, allora deputato Pd molto renziano, col mandato di rivedere la spesa senza incidere sul consenso al governo e per finanziare le riforme del governo.

Adesso non è chiaro quale sarà il mandato di Cottarelli. Le differenze con Mario Monti, l’ultimo premier tecnico nominato nel 2011, sono enormi: all’epoca Monti aveva il consenso di tutto il Parlamento tranne la Lega e qualche frangia di centrodest­ra, il sostegno nel Paese era generalizz­ato e l’opinione pubblica apprezzava perfino la richiesta di sacrifici in nome del recupero di credibilit­à sui mercati finanziari e per tenere sotto controllo il costo del debito.

Ora è tutto diverso. Cottarelli si troverà a essere il bersaglio dei Cinque Stelle: in campagna elettorale volevano usare il suo dossier sui tagli alla spesa pubblica, ora lo indicheran­no come lo strumento di Mattarella per fermare il “governo del cambiament­o”. E dovrà dare ai mercati una rassicuraz­ione che, privo com’è di legittimaz­ione elettorale e parlamenta­re, non può garantire: che la crisi istituzion­ale aperta dalla rinuncia di Conte può essere riportata sotto controllo.

IERI SERA, negli scambi dei messaggi tra i vertici dei Cinque Stelle, è cominciata la caccia al capro espiatorio della crisi. E c’era chi, oltre a Mattarella, voleva incolpare perfino Mario Draghi, presidente della Bce. Ma lo stesso Matteo Salvini, leader della Lega, è intervenut­o per arginare la deriva. Cottarelli, però, non potrà sfuggire al tiro al bersaglio. Ogni sua mossa, da qui alle elezioni, sarà contestata se davvero prenderà la guida di un governo privo di fiducia parlamenta­re.

L’unica cosa che i mercati temevano più del governo Lega-M5S era una fase di caos che come unico sbocco vede un governo a guida centrodest­ra con la Lega euro-scettica ancora più forte.

Stamattina le Borse Attesa per la reazione dei mercati: basterà l’incarico al “tecnico” per evitare attacchi? LA PREVISIONE SBAGLIATA

Non vedo scossoni sullo spread, anche con choc politici. Il mio libro un programma di governo? Meglio non ripeterlo

12 marzo 2018

“I SETTE PECCATI DELL’ECONOMIA ITALIANA”

È preferibil­e tornare alla crescita riformando l’economia italiana, piuttosto che scegliere il salto nel buio dell’uscita dall’euro

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