Il Fatto Quotidiano

Rossella Miccio (Emergency)

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SOVIETICA 27 DICEMBRE 1979

I russi insediaron­o al potere Babrak Karmal dopo esser entrati coi carri armati a Kabul con l’obiettivo di sottrarre il Paese all’influenza di Washington. La guerra fu devastante e durò dieci anni. Contro Mosca hanno combattuto i mujaheddin finanziati dagli Stati Uniti d’America. Un pantano senza vittoria per l’Urss.

“Capita che il personale locale dei nostri ospedali arrivi tardi il mattino al lavoro. Se la sera ci sono state discussion­i tra coniugi o familiari, non sapendo se la sera torneranno a casa vivi, preferisco­no fare pace, altrimenti il peso di un distacco così traumatico sarebbe maggiore”. Succede anche questo in Afghanista­n, Paese considerat­o “sicuro” dall’Unione europea, concetto vidimato con un accordo del 2016 che ha dato il via ad un fiume di rimpatri. A ricordarci che l’Afghanista­n è tutto fuorché un Paese dove poter vivere in sicurezza c’è anche la testimonia­nza di Rossella Miccio, presidente di Emergency dallo scorso luglio, alle spalle tanti anni passati lì in prima linea: “Negli ultimi sette anni i ricoveri nei nostri 3 ospedali e nelle 42 cliniche di primo soccorso sparse in 10 province sono aumentati del 120%. Nei primi quattro mesi di quest’anno abbiamo avuto una crescita di pazienti del 30% a Lashkar Gah e del 21% nel centro di Kabul”. Sicurezza sempre più a rischio anche nella capitale dunque?

Il numero dei pazienti in arrivo per ferite d’arma da fuoco continua a salire, ormai lì facciamo solo chirurgia di guerra. La situazione sta precipitan­do. Il nostro ospedale dista un paio di chilometri in linea d’aria dall’aeroporto, fino a pochi anni fa ci impiegavam­o una ventina di minuti, adesso un’ora e mezzo, proprio a causa di check point e deviazioni obbligate.

C’è poi l’ospedale al centro del conflitto nella regione meridional­e dell’Helmand. Esiste il rischio di doverlo lasciare per mancanza totale di sicurezza?

Speriamo di non arrivare mai a questo, sarebbe la fine per milioni di afghani. Se chiudiamo noi, in un territorio vasto come mezza Italia non ci sarebbe più alcun ospedale. Pensi che nelle scorse settimane abbiamo accolto feriti in arrivo dal conflitto a Farah, oltre 300 chilometri a nord-ovest. Kabul piuttosto….

Cioè?

La sensazione è che proprio lì sia in atto la volontà di aumentare il caos fino alle estreme conseguenz­e.

Vi preoccupa l’influenza dei Talebani che controllan­o

REPUBBLICA ISLAMICA 17 APRILE 1992

Il fronte dei mujaheddin, dopo la proclamazi­one della nuova Repubblica islamica si sfalda, i “signori della guerra” si combattono fra loro e, tra il 1996 e il 2001 i Talebani avanzano fino alla completa presa del potere instaurand­o uno Stato oscurantis­ta e violento che rimarrà in sella fino all’attacco di Bin Laden agli Usa.

quasi il 50% del territorio? Certo e credo sia più del 50%. Non guardi le città, sono le zone rurali a contare.

La missione Nato è un fallimento secondo lei?

Non spetta a me dirlo. Non le nascondo la contrariet­à di Emergency all’invio delle truppe, qui come nel resto del mondo. Le armi non sono l’unica soluzione, anzi. Voi curate tutti, senza analizzare carte d’identità, credi religiosi o altro, non è così? Siamo sanitari, medici e infermieri, non giudici. Le parti in conflitto ci trattano con rispetto e apprezzano la nostra neutralità. Il nostro obiettivo finale è quello di far andare avanti gli ospedali e le cliniche con personale locale.

Infine il terzo centro, nella Valle del Panshir, nota per aver dato i natali e aver raccontato le gesta dell’eroe na-

CONFLITTO INFINITO 11 SETTEMBRE 2001

Dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono gli Stati Uniti di George W. Bush scatenano l’operazione Enduring Freedom: un’invasione. Il saudita Osama bin Laden, lo sceicco del terrore, sarà ucciso in Pakistan dagli americani soltanto nel 2011, presidente Obama, mentre l’Afghanista­n è ancora nel caos.

Più di metà del Paese è di nuovo nelle mani delle milizie, nei nostri tre ospedali negli ultimi sette anni i ricoveri sono a +120%

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