Altro che “tornato”, il Duce non se ne è mai andato
Napoli ha rimediato subito, nel 1944. La “rossa” Bologna non ancora ma ha promesso Alcuni si sono dimenticati, altri continuano a omaggiarlo
l mio obiettivo è di viaggiare per l’Italia e di riconquistarla”. Parola di Benito Mussolini o, per meglio dire, d e ll ’ ultima versione cinematografica del Duce, interpretata da Massimo Popolizio nel film Sono Tornato di Luca Miniero. Ma nel suo giro d’Italia alla ricerca di consensi, il Mussolini/Popolizio forse non sapeva di poter contare su una piacevole sorpresa: a più di settant’anni dalla Liberazione, il Duce è tutt’oggi cittadino onorario di decine di Comuni.
Si tratta di una schiera di roccaforti fasciste? Non proprio, perché se è vero che l’onorificenza è stata mantenuta a Sa lò e in diversi paesi del Pontino (sud del Lazio), fondati proprio durante il ventennio, Mussolini continua a godere degli omaggi di Bologna, Ravenna, Alessandria, Ancona , Piacenzae molte altre insospettabili, che non gli hanno mai revocato la cittadinanza.
S ERV E un passo indietro. Gran parte dei Comuni italiani conferì la benemerenza al Duce tra il 1923 e il 1924, gli anni in cui il Partito nazionale fascista si assicurava una larga maggioranza in Parlamento – complice la legge Acerbo – e faceva piazza pulita delle opposizioni, censurando i giornali e liberandosi con tutti i mezzi degli antagonisti più scomodi, da Piero Gobetti a Giacomo Matteotti e don Giovanni Minzoni.
Un clima di tensione in cui, un po’ per reverenza un po’ per timore, i Comuni fecero a gara a ingraziarsi il Duce, che non disdegnò l’o- nore di grandi città (Napoli, Torino, Firenze) e piccoli centri ( Castelvisconti, 294 abitanti in provincia di Cremona, ma anche Soriano Calabro, 2000 anime a 20 chilometri da Vibo Valentia). La già citata Bologna fece le cose in pompa magna, tanto che il gerarca Dino Grandi, negli stessi giorni in cui Mussolini riceveva la cittadinanza onoraria nel capoluogo emiliano, si adoperò per concedere al Duce anche una laurea honoris causa in legge.
Da allora, soltanto una minima parte dei Comuni che omaggiarono il dittatore ha poi revocato quelle delibere. Napoli, Lucca, Cremona e Matera provvidero già nel 1944, appena dopo l’armistizio, ma nel resto d’Italia si perse perfino memoria delle benemerenze al Duce, rima- ste per lo più inatte per oltre settant’anni prima che, negli ultimi anni, l’Anpi, gli istituti di ricerca storica e alcuni partiti di sinistra sollevassero la quesione.
NON SENZA qualche intoppo, perché anche nei municipi dove sono state rintracciati i documenti della cittadinanza onoraria a Mussolini la revoca non è stata automatica. Tutt’altro: quattro anni fa a Bologna il sindaco Virginio Merola annunciò di voler “rendere giustizia alla città, medaglia d’oro della Resistenza ”, cancellando per sempre l’omaggio fascista, ma la proposta non è mai arrivata al voto. Anche a Ravenna sene discusse nel 2014, ma il gruppo consiliare del Pd si schierò compatto contro la revoca: “Non si può cancellare la storia con una deliberà”, commentò allora il consigliere democratico Andrea Tarroni. A Bergamoun paio d’anni fa si è persino sfiorato l’incidente diplomatico, quando il depu- tato del Pd Emanuele Fiano – padre della legge contro la propaganda fascista – intervenne a gamba tesa sull’amministrazione, sostenendo che fosse “singolare” mantenere “la cittadinanza onoraria per un assassino”.
Peccato che il sindaco Giorgio Gori, altro renziano doc, fosse di tutt’altro avviso: “Lasciamola come monito, proporne la cancellazione è un errore che denuncia una mancanza della necessaria distanza dai fatti della storia”.
Questione di distanza dalla storia, dunque, o talvolta di una ben più prosaica distanza dall’aula del Consiglio comunale. È il caso di Attilio Fontana, oggi governatore della Lombardia e in passato sindaco di Varese , che nel 2013 preferì abbandonare le stanze del Consiglio durante il voto sulla revoca della cittadinanza a Mussolini. “Il giudizio sui dittatori è un conto – commentò il leghista Andrea Porrini – altro è la cittadi- nanza onoraria a Mussolini, il quale aveva deciso per Varese capoluogo e Varese provincia”. Eterna gratitudine e benemerenza confermata. Altre volte, invece, la revoca è arrivata. L’ultimo caso, settimana scorsa, è quello di Rho, in provincia di Milano, mentre negli stessi giorni Marco Buselli, sindaco di Volterra (Firenze), prometteva di portare la questione alla discussione in Consiglio comunale. A inizio anno avevano provveduto anche Mantova, Cremae le toscane Certaldo e Fucecchio, seguendo l’esempio del capoluogo Firenze, di Siena e di Pisa, tutte revocanti tra il 2009 e il 2017.
NON POTEVAfare altrimenti anche Anzola dell’Emilia (Bologna), dove oggi quasi tutte le strade e le piazze portano il nome di partigiani e deportati e che revocò la cittadinanza al Duce nel 2013.
Casi isolati, frutto dell’intraprendenza di associazioni e consiglieri locali, più che di un coordinamento nazionale. Per questo lo scorso anno alcuni esponenti di Sinistra italiana hanno presentato un’interrogazione parlamentare alla Camera chiedendo al ministro dell’Interno Marco Minniti di procedere a un censimento dei Comuni in cui era stata concessa l’onorificenza, di modo che chi ancora non l’avesse revocata – magari perché neanche a conoscenza del conferimento – potesse attivarsi.
Buoni propositi che per il momento, però, non si sono concretizzati. Il Duce e il suo giro d’Italia dei consensi ringraziano.
Obiettivo viaggiare per l’Italia e riconquistarla Votate, votate, ma a che ser ve? Non avete idea di cosa fanno i politici
“SONO TORNATO”